di Mariavittoria Orsolato

Benché la politica sia ormai diventata, nei contenuti e soprattutto nelle forme, un surrogato delle riviste scandalistiche da ombrellone, la questione della travagliata successione alla segreteria del Partito Democratico non pare interessare più di tanto l’opinione pubblica italiana in vacanza o, almeno, non tanto quanto sta a cuore agli analisti politici, che dal quadro attuale non riescono a ricavare altro che irrisolvibili rebus. Se nel 2007 la segreteria aveva il volto di Walter Veltroni ancora prima che il partito effettivamente nascesse, ora, a distanza di due anni in cui parecchia acqua è scorsa sotto i ponti della dirigenza, la partita tra i candidati attuali - Franceschini, Bersani, Marino, Adinolfi e addirittura Beppe Grillo - somiglia più a un avvincente Risiko che a un noioso Gioco dell’oca.

di Rosa Ana De Santis

Il dibattito sulla legge che andrà a normare la fine della vita recupera i toni e i metodi di sempre. Torna in auge il proclama di Sacconi e il suo diktat. La squadra al governo si muove in tutta fretta. Palumbo, presidente delle Commissione Affari Sociali alla Camera, non può rimandare oltre. “A costo di lavorare tutta la notte”. E così in una sera bisogna accelerare, prima in agenda c’è il voto sul disegno di legge per le cure palliative, per poi iniziare subito con la legge sulla fine della vita. A colpi di maggioranza. Le cure palliative e il diritto all’assistenza dei malati cronici e irreversibili dovrebbero stare molto a cuore a chi ha impugnato le bandiere della vita e del rispetto della persona. Il lavoro del governo sulle terapie del dolore era invece fermo da mesi in Commissione.

di Mariavittoria Orsolato

Mentre a L’Aquila le scosse sembrano aver dato una tregua ai grandi otto, per il movimento che li contesta i giorni scorsi sono stati un vero e proprio terremoto: ventuno arresti tra Bologna, Padova, Napoli e Torino hanno fatto tremare l’onda studentesca, giusto in tempo per il grande summit internazionale. L’operazione, condotta dalla Digos piemontese e coordinata dalla direzione centrale dell’inquietante Polizia di Prevenzione, è scattata in seguito agli scontri tra studenti e forze dell’ordine che si sono consumati lo scorso 19 maggio in occasione del G8 Univesity Summit, proprio sotto la Mole. I ragazzi, tutti universitari tra i 19 e 30 anni - eccezion fatta per il trentaseienne Max Gallob del Pedro di Padova - sono stati perquisiti e prelevati dalle loro abitazioni all’alba del 6 luglio su sollecitazione del Procuratore Capo di Torino (lo storico giudice antiterrorismo e antimafia, Gian Carlo Caselli) dopo la visione di chilometri di nastro registrati proprio durante i tafferugli in cui sarebbero rimasti feriti 21 agenti.

di mazzetta


Sembra impossibile, ma come d'incanto nel nostro paese le guerre non interessano più, nemmeno quelle nelle quali il nostro paese è coinvolto. Se la situazione in Afghanistan è tragica come non mai, nel nostro paese non c'è traccia di dibattito e Silvio Berlusconi ha potuto offrire all'alleato americano altri cinquecento uomini da mandare in zona di guerra senza che dal Parlamento, nemmeno dall'opposizione, si levasse una voce e senza alcun dibattito sui media. C'è da capirlo, Berlusconi, quando sacrifica i nostri militari per ottenere in cambio una foto con Obama che per mesi non l’ha ricevuto, ma è molto meno comprensibile che nel resto del paese l'Afghanistan sia caduto nell'oblio. Stessa sorte per il Pakistan, dove ormai è guerra. Una guerra che ha già fatto più di duemila vittime tra i talebani e ha provocato la fuga di tre milioni di pakistani dalla valle dello Swat; profughi che non hanno ricevuto assistenza e si sono arrangiati grazie alla generosa ospitalità dei compatrioti, non hanno ricevuto assistenza dalle organizzazioni internazionali e nemmeno dal governo pakistano, che pure ha battuto cassa presso il Fondo Monetario Internazionale e a Washington, per pagarsi la guerra e spostare la scadenza dei debiti che rischiavano di trascinare il paese nel default.

di Mariavittoria Orsolato

L’anno scolastico 2008/2009 rimarrà sicuramente negli annali della pubblica istruzione e nella memoria degli studenti come un anno denso. Cominciato a settembre con gli annunci su grembiulini e cinque in condotta, è sfociato nell’autunno caldo di proteste e scioperi contro i pesanti tagli previsti dalla riforma, per poi trascinarsi fino alle vacanze estive in un misto di frustrazione e rassegnazione, condiviso molto ecumenicamente sia dai docenti che dagli studenti. Se infatti il prossimo anno saranno molti gli insegnanti che vedranno perdere il posto, saranno almeno il quadruplo gli studenti che vedranno perdere l’anno. I dati li ha forniti direttamente il Ministero dell’Istruzione, anticipando la chiusura definitiva degli scrutini: i bocciati nelle scuole italiane saranno quasi 500.000. Di questi, oltre 372.000 nelle sole scuole superiori, ben 70.000 tra la prima e la terza media e addirittura 28.000 non ammessi alla maturità, un dato mai registrato nella storia della pubblica istruzione. Un’ecatombe insomma, soprattutto se si calcola che per le sole scuole secondarie il dato rappresenta il 15,4 % del totale e il 6% dei maturandi.


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