di Rosa Ana De Santis

Scuole di partito pluriennali, studio dei classici della filosofia o dell’economia, impegno nelle sezioni, scuola e lotte studentesche, nottate al ciclostile e picchetti, associazioni civili e petizioni, cos’erano? Qualunque cosa fossero, ormai sono parte di un corredo al curriculum che non serve più. Le regole per debuttare nella politica, al pari di una prima di varietà da sabato sera, sono altre e le stabilisce il Presidente del Consiglio. E’ sufficiente un corso intensivo nella sede del PDL, già Forza Italia, con due maestri d’eccellenza: Frattini, Ministro degli Esteri (noto anche per averci aggiornato con regolare puntualità sulle vicissitudini sentimentali che l’hanno legato alla bella dermatologa) e Mario Mauro, vicepresidente dell’Europarlamento. Qualche grafico, una breve storia del partito unico, tabelle sull’audience e la propaganda azzurra, kit della candidata e via.

di Eugenio Roscini Vitali

L’8 aprile le Commissioni Difesa di Camera e Senato hanno espresso il loro parere favorevole sull'acquisto ed assemblaggio del cacciabombardiere supersonico F35 Lightning II, una produzione a guida americana che in Europa vede impegnate l’Italia, il Regno Unito, l’Olanda, la Danimarca, la Norvegia e la Turchia. Progettato e costruito dalla Lockheed Martin, con la quale collaborano la Northrop Grumman, la Bae Systems, la Rolls-Royce, e l’italiana Alenia Aeronautica, l’F35 nasce dall’esigenza del Pentagono di rinnovare le flotte dell’Air Force, della Navy e dei Marines e di munirle di un aereo comune, un Joint Strike Fighter (JSF), utilizzabile nelle missioni di attacco al suolo e in profondità e di supporto alle operazioni di terra. Oltre agli Stati Uniti e ai sei paesi NATO già citati, il Lighting II entrerà a far parte della flotta di Australia e Canada, anche loro partner del programma, e di altre nazioni che con Washington hanno già aperto trattative bilaterali: Singapore, Giappone e Israele.

di Giovanni Gnazzi

Il cavaliere e i cavalli, più o meno di razza. Consoli, proconsoli, addetti alle lacrime in favore di telecamera e censori in servizio permanente effettivo. Sullo sfondo, buoni al massimo per rispondere a domande idiote di reporter comodi, persone senza più cose. Questo lo spettacolo abruzzese nell’era terza del cavalierato, quella che ha definitivamente sancito la vittoria unica del pensiero unico per il successo del partito unico. Eppure qualcuno ci ha provato, timidamente, con i modi delicati, quasi a volersi scusare di chieder conto. Di chiedere i "perché" e i "come" necessari, procedura obbligatoria per chiarire ogni fatto, ogni accadimento che - voluto o non voluto - determina effetti drammatici sulla vita vissuta, anche quando non va in onda. Perché le domande possono fare molte cose, tra le quali suscitare risposte e ottenere spiegazioni, ma in Abruzzo no, l’Abruzzo a questo non è stato destinato. Lì, il terremoto ha sancito una verità universale: non è vero quello che succede se non è in televisione. Dunque inutile, ozioso, provocatorio e odioso chiedere del “prima”; quel che conta, ciò che è vero, è il "dopo", a telecamere accese.

di Rosa Ana De Santis

Il Presidente del Consiglio, dalla notte del terremoto, è in continuo, frenetico viaggio tra Roma e l’Aquila. Lascia il Palazzo per raggiungere le scene del dramma. Si divide tra gli edifici sbriciolati e le storie di chi è rimasto in agonia tra quelle rovine. Acclamato, ancora atteso dalle poche anime sopravvissute di Onna, diviso tra le telefonate dei leader stranieri e le richieste di chi ancora si toglie di dosso l’odore del cemento in frammenti. Chi ha dormito in una macchina, chi è in fila per un thè bollente in plastica, lo aspetta con il terrore che si spengano le sigle dei TG sul sisma e piombi tutto il silenzio che conosciamo. Duecentosessanta persone sono morte lì sotto. Per loro saranno funerali di Stato. Loro sono anziani e giovanissimi. Loro erano 16 bambini. E poi il dramma della ricostruzione. Decine di migliaia di sfollati che temono lo sperpero di denaro e gli scandali del caso Irpinia. Che stanno a guardare sgomenti la casa di una vita frullata dalle scosse.

di Mariavittoria Orsolato

C’è voluto un lustro, ma alla fine la famigerata legge 40 sulla procreazione assistita - quella contro cui anche Sabrina Ferilli ci invitava a votare, nel referendum del 2005 - è stata bocciata dalla Corte Costituzionale. I giudici della Consulta, su segnalazione del Tar del Lazio e del Tribunale di Firenze, hanno preso in esame la legittimità della legge mettendo in discussione soprattutto l’articolo 14, commi 2 e 3. Secondo la sentenza, che dichiara parzialmente illegittima la legge prodotta dall’esecutivo Berlusconi II, nei punti in cui prevede “un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre embrioni” e vieta la crio-conservazione al di fuori di strutture specificatamente deputate, il testo va in contrasto con i principi di tutela della persona e del diritto alla salute espressi nella Costituzione. La legge 40 darebbe infatti adito ad una marcata disparità di trattamento tra le donne che si trovano in particolari condizioni fisiche e necessitano specifiche tecniche d’impianto per la buona riuscita dell’operazione: nel caso di insuccesso del primo impianto, la donna sarebbe infatti costretta a sottoporsi a un successivo trattamento ovarico, ad “alto tasso di pericolosità per la salute fisica e psichica”.


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