di Ilvio Pannullo

Lo chiamavano “Il Moralizzatore”. Sarebbe sicuramente un buon titolo per qualche biografia non autorizzata del nostro Ministro dell’economia, Giulio Tremonti, noto ai più per la sua celebre coerenza. Al Meeting di Rimini il buon Giulio si è esibito nuovamente in uno dei suoi show più collaudati: il professore di diritto tributario che, con la sua matita rossa, sferza - non a torto - gli economisti di mezzo mondo chiedendo un anno o due di silenzio. Ci va giù duro il ministro, che oramai sembra intenzionato a crearsi un format preciso, un’immagine da poter mettere sul piatto quando arriveranno i conti della crisi. Conti che qualcuno dovrà pur pagare. Cita Mandrake, Harry Potter, e una lunga fila di esempi “fino al mago Otelma” per dire che “le riunioni degli economisti sono proprio così e quello che colpisce di più è che nessuno di questi ha mai chiesto scusa, nessuno ha mai detto di aver sbagliato. Sbagliano sempre gli altri”. Tutto giustissimo, peccato solo che quando si decide di vestire i panni del Savonarola si deve dimostrare - appunto - una certa coerenza. Diversamente si scade nel ridicolo, con il rischio che siano banalizzate tutte le questioni morali o tecniche - di per sé sacrosante ed auspicabili - sollevate durante i ripetuti comizi.

di Mariavittoria Orsolato

Sarà solo una visita di cortesia quella che il presidente Berlusconi farà al leader libico Gheddafi il prossimo 30 agosto. Domenica cade infatti il primo anniversario del trattato di amicizia firmato a Bengasi dal nostro premier e dal fautore della Jamahiriya, per instaurare istituzionalmente un rapporto di partenariato e cooperazione in cui il nostro paese si è oltretutto impegnato a versare 200 milioni di dollari l’anno per 25 anni. La causa di tanta generosità è stata ufficialmente individuata nel senso di colpa per il disastroso passato coloniale nostrano, ma il fatto di essere scesi a patti con un leader considerato dai più come un dittatore, non ha giovato alla nostra già deprecabile immagine internazionale.

di Rosa Ana De Santis

La serrata polemica tra Calderoli e i vescovi arriva a toccare il fondamento storico del rapporto tra Italia e Vaticano: il Concordato. Un’impasse difficile da sciogliere anche per un abile prestigiatore come il premier. La Lega ci ripensa subito e arriva in tempo utile la nota ufficiale: il Concordato non si tocca e rimane tutto così com’è. Nei giorni scorsi lo scambio di battute tra Calderoli e i vescovi si era inasprito sui tema dell’immigrazione e la politica dei respingimenti. Nel suo manifesto antimusulmano, il ministro della semplificazione normativa ha ribadito che se l’approccio della Chiesa deve comprensibilmente ispirarsi all’amore cristiano, il governo deve agire secondo le logiche dell’efficacia e della concretezza. Rispondono Avvenire e Famiglia Cristiana con editoriali durissimi che definiscono “grottesca” la politica del Carroccio.

di Cinzia Frassi

Sono “spese inutili”, a sentire il Carroccio, quelle che andrebbero messe sul tavolo per la celebrazione dei 150 anni della Repubblica Italiana, opere ed eventi che interesseranno tutto il 2011. Negli ultimi tempi i fazzoletti verdi non hanno mancato un'occasione per entrare nelle prime pagine di quotidiani e telegiornali con i soliti toni. L'importante è che di loro se ne parli. Così dopo le polemiche attorno all'Inno di Mameli, le bandiere regionali, i dialetti e le ronde, ecco che l'insistenza della Lega tocca l'anniversario più importante della storia della Repubblica: l'Unità d'Italia. "Il modo migliore per dare un senso di svolta e di significato politico a quest’anniversario è quello di valorizzare tutto ciò che riguarda il patrimonio storico, con provvedimenti che possono essere presi senza spendere praticamente un Euro". Questi i chiarimenti di Mario Borghezio, l’europarlamentare leghista dai trascorsi in Ordine Nuovo, in una recente intervista al quotidiano on line Affaritaliani.it. Senza spendere un Euro? Troppo tardi.

di Mariavittoria Orsolato

Con i canonici sei mesi d’anticipo previsti dal contratto, lo scorso febbraio la Rai ha dato la sua disdetta a Sky per l’uso del criptaggio Nds, il che in parole povere significa che dal 1 agosto la piattaforma satellitare del magnate australiano Murdoch, non trasmette più il bouquet di canali Rai. Non è certo una notizia per cui strapparsi i capelli, ma il fatto che l’azienda di Stato compia una mossa del genere proprio nel momento cruciale di transizione al digitale, colora certamente di più l’argomento. A tutti quelli che pensano che dietro questo divorzio ci sia lo zampino del premier e del suo digitale terreste, il direttore generale di viale Mazzini, Mauro Masi ha preventivamente risposto: “Se avessimo accettato le loro pretese (quelle di Sky ndr), la Rai avrebbe fornito gratuitamente alla piattaforma satellitare a pagamento la “chiave” per accedere a tutta la nostra offerta ed utilizzarla come traino per le proprie attività commerciali connesse alla ricerca di nuovi abbonati. Proprio nel momento in cui, con le fasi di switch over e di switch off per la transizione al digitare terrestre, il pubblico televisivo diventa più contendibile”.


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