Sahra Wagenknecht: «Ue troppo centralista, l’Ucraina non può vincere. È vero che molti elettori della vecchia sinistra sono andati a destra, non perché razzisti o nazionalisti, bensì perché insoddisfatti»

BERLINO — Sahra Wagenknecht è di sinistra, conservatrice di sinistra, dice lei. Ha fondato un partito che porta il suo nome, perché – sostiene – il principale problema dei progressisti europei è che «la loro clientela oggi è fatta di privilegiati». I detrattori la accusano di essere populista, ma il partito cresce e in alcune regioni dell’Est è la seconda o terza forza. Abbastanza da poter rompere gli equilibri della politica tedesca.

L’attenzione di politica e media si è concentrata negli ultimi giorni sulle elezioni presidenziali russe (il cui esito era scontato) e al dibattito circa l’impegno diretto di truppe europee al fianco di quelle ucraine e l’invio di maggiori e più potenti armamenti a Kiev.

Un dibattito aperto dalle dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron circa il possibile invio di truppe francesi in Ucraina, ravvivato dall’invito del Papa a Kiev a negoziare la pace con la Russia ora che la situazione per le truppe ucraine si fa sempre più precaria, il tutto in un contesto un po’ isterico di continui proclami di sostegno all’Ucraina “fino alla vittoria” e di moniti all’opinione pubblica in Europa affinché si prepari alla guerra contro la Russia.

L’Africa è un continente complesso e nei cui interessi politica e media occidentali manifestano una forma particolare di strabismo. Negli scorsi anni il continente, soprattutto nella zona del Sahel, è stato attraversato da un’ondata di violenze e colpi di Stato che hanno avuto proporzioni epidemiche in Stati come Mali, Niger, Guinea e Burkina Faso colpendo al cuore, soprattutto, la posizione della Francia, ex colonizzatrice e tradizionale riferimento di questi Stati. Ebbene, Parigi si è sempre detta preoccupata e chiamata a seguire in prima persona quanto successo con l’ascesa delle giunte militari nell’Africa occidentale. Ma sorprende, al contempo, lo scottante silenzio con cui il governo di Emmanuel Macron ha accolto le recenti violenze in Ciad.

Mentre la brutale aggressione israeliana a Gaza si intensifica, continuano a circolare voci di un possibile grande accordo con al centro l’Egitto: l’assorbimento da parte di quest’ultimo paese di un numero consistente di profughi palestinesi della striscia in cambio dell’alleggerimento del massiccio debito del Cairo, che ammonta a una cifra superiore ai 160 miliardi di dollari.

Dopo due anni la guerra in Ucraina sembra destinata a continuare e benché sul campo di battaglia siano i russi ad avere l’iniziativa e a guadagnare terreno tutti i giorni e su tutti i fronti le dichiarazioni che giungono da Kiev e dai governi occidentali sembrano impermeabili a ogni considerazione basata sulla concretezza dei fatti.

I progressi russi avvengono al prezzo di altissime perdite, recita il “mantra” della propaganda ucraina recepita “senza se e senza ma” dalle cancellerie di Europa e Stati Uniti anche se l’assenza di osservatori neutrali impedisce di fare la tara ai numeri forniti dai due belligeranti sulle perdite inflitte al nemico.


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