L’ambizione di Netanyahu di trasformare la regione attraverso la guerra, che risale a quasi tre decenni fa, si sta concretizzando davanti ai nostri occhi.
Nelle celebri parole di Tacito, storico romano: “Devastano, massacrano, usurpano sotto falsi titoli e lo chiamano impero; dove fanno un deserto, lo chiamano pace.”
Nella nostra epoca, sono Israele e gli Stati Uniti a fare un deserto e a chiamarlo pace.
La storia è semplice. In palese violazione del diritto internazionale, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e i suoi ministri rivendicano il diritto di governare 7 milioni di arabi palestinesi.

Il crollo improvviso del governo di Damasco ha innescato un vivace dibattito sulle cause profonde dell’instabilità che da anni affligge la Siria.

Mentre alcuni attribuiscono questa situazione più che precaria a pressioni esterne, come le sanzioni occidentali e la natura autoritaria del governo, un fattore critico rimane sottovalutato: le politiche neoliberiste implementate durante la presidenza di Bashar al-Assad. Queste riforme incentrate sulla liberalizzazione del mercato, presentate come strumenti di crescita e modernizzazione, hanno invece alimentato un diffuso malcontento tra i siriani, indebolito le strutture sociali e spianato la strada all’ascesa di gruppi estremisti.

Il contesto delle politiche neoliberiste

Per comprendere l’impatto di queste politiche, è essenziale esaminare il contesto in cui sono state introdotte. Durante la presidenza di Hafez al-Assad, iniziata nel 1971, il Partito Ba’ath costruì uno stato sociale completo, focalizzato sulla produzione nazionale e sui servizi pubblici. Nonostante il carattere autoritario del governo, questo approccio generò benefici tangibili, come l’assistenza sanitaria gratuita e l’istruzione garantita fino all’università.

Dall’inizio di ottobre il possibile invio di truppe nordcoreane in Russia e poi in Ucraina per combattere al fianco delle forze di Mosca, probabilmente nel settore di Kursk, tiene banco come tema prioritario nelle cancellerie e sui media occidentali.

La notizia non dovrebbe scandalizzare né rappresentare una novità considerando i combattenti di tante nazionalità che in oltre due anni di guerra hanno affiancato gli eserciti ucraino e russo, anche se l’eventuale discesa in campo delle truppe di Kim Jong-un potrebbe rappresentare il primo caso in questo conflitto di una nazione alleata che diventa belligerante al fianco di uno dei due contendenti. Ipotesi peraltro tutta da verificare dal momento che i militari nordcoreani vengono segnalati in Russia con uniformi ed equipaggiamenti forniti da Mosca, un impegno simile a quello adottato dai combattenti occidentali che operano al fianco degli ucraini.

I Big Tech o Gafam (Google, Apple, Meta, Amazon e Microsoft) hanno introiti più ingenti del Pil di Stati come Svezia o Israele. Ma pagano poche tasse e nel 40% dei casi in paradisi fiscali. Ora però la partita passa dai malleabili G20 e Ocse alle Nazioni Unite.

Il tema della tassazione digitale ha conquistato la agenda politica internazionale da quando l’OCSE, nel maggio 2019, ha annunciato la approvazione di una roadmap per risolvere le sfide fiscali della transizione alla economia digitale. Già nel 2018 l’Unione Europea aveva messo a punto un set di regole per equilibrare una asimmetria fiscale dagli impatti economici assai negativi fra le aziende digitali, che pagavano una media del 9,5% di tasse, ed il business tradizionale, soggetto ad una tassazione del 23,2%. La questione è tornata in auge di recente con il negoziato sul cosiddetto Patto del Futuro concluso a settembre alla Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il Patto, carico di ambiziose aspirazioni, include anche la definizione di un Global Digital Compact 1che non elude il tema della tassazione.

Esce per Fazi l’edizione italiana del volume La sconfitta dell’Occidente di Emmanuel Todd, pubblicato in Francia da Gallimard. Il libro ha scatenato un vespaio di critiche verso l’antropologo francese, accusato da un decennio di tenere posizioni filo-putiniane.

Professor Todd, in Francia è stato scritto che lei vuole «far passare i suoi sogni per realtà» e che ciò che afferma non ha basi scientifiche. Che cosa risponde?


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