Dopo due anni la guerra in Ucraina sembra destinata a continuare e benché sul campo di battaglia siano i russi ad avere l’iniziativa e a guadagnare terreno tutti i giorni e su tutti i fronti le dichiarazioni che giungono da Kiev e dai governi occidentali sembrano impermeabili a ogni considerazione basata sulla concretezza dei fatti.

I progressi russi avvengono al prezzo di altissime perdite, recita il “mantra” della propaganda ucraina recepita “senza se e senza ma” dalle cancellerie di Europa e Stati Uniti anche se l’assenza di osservatori neutrali impedisce di fare la tara ai numeri forniti dai due belligeranti sulle perdite inflitte al nemico.

È una vergogna che ci siano voluti 30.000 morti palestinesi, ma alcuni segnali indicano che i leader europei stanno pensando a ciò che fino a poco tempo fa sembrava impensabile: mettere Israele di fronte alle proprie responsabilità.

Tra un paio di settimane, la crisi a Gaza entrerà nel suo quinto mese. In questa fase della brutale aggressione israeliana, è opportuno chiedersi se l'Unione Europea e altri attori importanti stiano passando attraverso un cambiamento della loro posizione sul conflitto.

L'ambasciatore Marco Carnelos parla delle sfide globali per il 2024 in un mondo costellato da guerre e dinamiche competitive.

Il 2022 e il 2023 sono stati due anni di caos sul fronte delle crisi internazionali e dei rapporti tra le potenze, con la guerra in Ucraina e il conflitto a Gaza epicentri di una crisi geopolitica globale. Il 2024 si preannuncia destinato ad essere un anno delicato e non meno complesso. Per capire i trend geopolitici del 2024 True-News dialoga con un grande esperto degli scenari internazionali, l’ambasciatore Marco Carnelos.

C’è un atroce parallelo tra la coraggiosa resistenza degli ebrei nel ghetto di Varsavia e quella dei palestinesi a Gaza. Ciò che cambia è solo il nome del signore della morte: Hitler allora, Netanyahu oggi.

L'umanità sta affrontando una delle sue notti più buie, dove gli incubi illuminano con deboli bagliori di luce la coscienza tormentata dei vivi. Non tutti soffriamo di questo disturbo, ma oserei dire che colpisce la maggior parte di noi. Nelle ultime due settimane siamo tornati agli orrori del genocidio. È vero che, in un sistema imperialista come quello in cui viviamo, si tratta di una pratica ricorrente. Ma molto raramente avviene su vasta scala come quella a cui stiamo assistendo in questi giorni, con il bombardamento di Gaza, la terza città del pianeta con la più alta densità di popolazione per chilometro quadrato, dietro Singapore e Hong Kong.

Gli “Accordi di Abramo” del 2020 sono stati una bomba a orologeria scoppiata con l’assalto di Hamas della scorsa settimana.
Sabato mattina, il gruppo jihadista Hamas ha deciso di attaccare Israele su una scala senza precedenti, bombardando con missili e lanciando un’invasione di terra. Ne sono seguite carneficine, morte e distruzione, con centinaia di vittime e migliaia di feriti da entrambe le parti, civili compresi, mentre Israele ha risposto con una dichiarazione di guerra su vasta scala e un incessante bombardamento della Striscia di Gaza.

Il conflitto tra Israele e Palestina è comune quanto il sorgere del sole da Oriente, ma questa volta sembra essere differente, non solo per lo spaventoso numero di vittime da entrambe le parti in pochi giorni, ma perché i precedenti conflitti, all’indomani di quello del 1973, non sono mai state guerre formali e il territorio legalmente riconosciuto di Israele non è stato invaso da un nemico dal 1948. La posta in gioco è enorme, ma ci si potrebbe chiedere: come si è arrivati esattamente a questo? Perchè sta accadendo ora? E come si collega al contesto più ampio non solo del Medio Oriente, ma dell’intero pianeta?


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