Queer, nuovo lavoro di Luca Guadagnino, parte da una frase che  il grande scrittore William Burroughs scrive nel suo diario personale, prima di morire: "How can a man who sees and feels be other than sad?" ("Come può un uomo che vede e sente non essere triste?").

È il 1950. William Lee è un americano sulla soglia dei cinquanta espatriato a Città del Messico. Passa le sue giornate quasi del tutto da solo, se si escludono le poche relazioni con gli altri membri della piccola comunità americana. L'incontro con Eugene Allerton, un giovane studente appena arrivato in città, lo illude per la prima volta della possibilità di stabilire finalmente una connessione intima con qualcuno.

Testa o croce, nuovo lavoro dei registi italo-americani Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis,  affronta il mito del sogno americano e lo fa in modo originale e con uno sguardo nuovo. Agli inizi del '900, il Wild West Show di Buffalo Bill arriva a Roma per vendere agli italiani il mito della frontiera, a colpi di fucili a salve e spettacoli di cowboy.

Qui, nella cornice di una gara di doma divenuta leggenda tra cowboys e butteri italiani, Rosa, giovane moglie del signorotto locale, si innamora di Santino, il buttero che vince la sfida. In seguito all'omicidio del marito, Rosa e Santino fuggono insieme, ma la giustizia, come sempre, è venduta al miglior offerente e sulla testa di Santino viene messa una grossa taglia. Con Buffalo Bill sulle loro tracce, Rosa sogna l’America, quella vera, non quella dei manifesti pubblicitari con i bisonti, ma il suo sogno dovrà fare i conti con la realtà. Perché, come in ogni ballata western che si rispetti, il destino lancia la moneta. E spesso, la verità resta sepolta sottoterra.

Ron Howard ha sempre amato cambiare genere, dirigendo film su astronauti, giornali, menti geniali, sirene e persino il Grinch. Ma con Eden, presentato al Festival di Toronto, si è spinto in territori completamente nuovi — e purtroppo, inadatti. Il film, ambientato nel 1929 su un’isola delle Galápagos, vorrebbe essere un thriller filosofico, ma si perde in un delirio misantropico senza centro emotivo.

Una storia d’amore come quelle che scoppiano improvvisamente a una festa di scuola, di pomeriggio, a casa di sconosciuti, dove ti innamori senza un motivo reale e ti accorgi che la vita da quel giorno non sarà più la stessa. Parte da qui Valerio Mastandrea, per spiegare il suo film Nonostante, dal 27 marzo nei cinema italiani.

Il Caso Belle Steiner è un thriller psicologico che esplora il tema della colpa sociale e del sospetto ingiustificato. Pierre (Guillaume Canet), un insegnante di matematica, vive con sua moglie Cléa (Charlotte Gainsbourg) in una cittadina francese tranquilla e ordinaria. La loro vita viene sconvolta quando ospitano Belle, la giovane figlia di un’amica di Cléa, che viene trovata morta nella loro casa. Pierre, l’unico presente al momento del delitto, diventa subito il principale sospettato e l’intera comunità inizia a voltargli le spalle. Le voci corrono velocemente, le autorità sembrano già aver deciso la sua colpevolezza, e la sua vita, una volta stabile, si trasforma in un incubo.


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