di Rosa Ana De Santis

È una scena amara quella che si vede passando davanti all’Istituto Nazionale dei Migranti, sul Lungotevere di Roma. Cartelli, a caratteri colorati e in grassetto, che ricordano alle donne in fila per le visite che nessun medico dell’Ospedale le denuncerà. Proprio le donne sono quelle che fanno più domande, le più spaventate. Sono agitate le mediatrici culturali. Il loro lavoro, che è opera di conoscenza e integrazione, viene affievolito a poco a poco dalla paventata assimilazione progressiva dei nosocomi in questure, dei camici bianchi in doppia divisa da poliziotti. E’stato chiaro il Prof. Aldo Morrone: in quell’ospedale nessuno denuncerà. E non è il solo. Non c'é solo il giuramento d'Ippocrate, c'é la frequentazione del dolore di tutti i giorni che impedisce di accodarsi alle belve vestite da politici.

di Mario Braconi

La cronaca politica di questi ultimi giorni ci costringe ad osservare l’approvazione di una serie di provvedimenti che possono solo essere definiti persecutori nei confronti degli immigrati. Cade il tabù, la foglia di fico, è ufficiale: l’Italia è ostaggio di una minoranza di razzisti. Per tentare di placare in qualche modo le voglie dell’alleato nordista, che insegue in modo delirante la “normalizzazione” di ogni forma di “diversità”, Berlusconi benedice un Decreto Legislativo che è un’orgia di norme violente e demenziali. Oltre che pericolose. Che la Lega sia naturalmente incline ad assecondare i sentimenti più bassi dei suoi elettori meno istruiti è cosa nota. In questo caso, però, i suoi uomini sono riusciti a superare in estremismo anche i fan più sfegatati.

di Giovanni Gnazzi

Da ormai quarantotto ore, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è tornato ad occupare la purtroppo misera scena politica italiana. Non per presentare provvedimenti in grado di fronteggiare la crisi, ci mancherebbe. Eluana Englaro, il suo magnifico padre Bepppino, l’ordinamento della Repubblica e la Carta Costituzionale sono stati uno dopo l’altro il bersaglio delle sue esternazioni. Il premier, parso assai provato, con evidenti segni di cedimento del lifting e chiari segnali di cesarismo patologico, ha snocciolato davanti alle televisioni protese a rimboccare gli angoli del tappeto offertogli, parole e atti che evidenziano, molto aldilà del merito delle questioni trattate, il piano di un uomo ormai deciso a tentare il tutto per tutto per sopravvivere ad una vicenda politica troppo più grande di lui.

di Mariavittoria Orsolato

Con un liberatorio sospiro di sollievo possiamo dire che finalmente è finita. E’ finito cioè quell’inglorioso spettacolino di cui la politica nostrana ci ha fatto sfoggio dallo scorso maggio, quando la poltrona maxima della Commissione parlamentare di vigilanza Rai è rimasta vacante. La nomina dell’ottuagenario (alla faccia del rinnovamento) Sergio Zavoli, già presidente Rai nonché stimato giornalista, ha messo d’accordo in modo quasi bipartisan, ponendo fine agli indecorosi giochetti e battibecchi che avevano portato al ben noto affare Villari, (detto Vinavillari, perché è così che viene scherzosamente appellato l’ex senatore Pd eletto grazie ai voti - e alle spinte - del Pdl). Su 39 commissari presenti, Zavoli ha avuto ben 34 placet, solo 4 astensioni e una scheda nulla pro Villari: un miracolo di concertazione che però era già scritto da almeno un paio di mesi e che era slittato solo ed esclusivamente a causa dell’indefesso attaccamento al dovere del precedente presidente di Commissione.

di Mariavittoria Orsolato

Squillano nuovamente le trombette di Palazzo Piacentini. Dopo l’annuncio dell’informatizzazione degli archivi delle procure, il giovane Angelino assesta un nuovo colpo basso alla dea Themis nella versione riveduta e corretta del disegno di legge sulle intercettazioni: tetti di spesa per le procure, tempi ridotti per l’ascolto - non più di 45 giorni, prorogabili di altri 15, eccezion fatta per i reati di mafia e terrorismo - e (il gran finale) intercettazioni solo per “gravi indizi di colpevolezza”. Ciò significa che se prima le intercettazioni venivano fatte anche solo per indizi di reato - ovvero si ascoltava chiunque potesse essere connesso in qualsiasi modo al reato - ora si potranno seguire le conversazioni solo di chi si sospetta abbia realmente commesso il reato: ma se il controllo delle utenze serve principalmente a dipanare i dubbi sulla colpevolezza, come si può ascoltare il sospettato senza ascoltare il suo interlocutore, che magari sospettato non è (o non lo era fino a quel momento)? Misteri di casa nostra, che però non smentiscono l’idea che questo cambiamento nel codice sia ben più e ben altro rispetto a una semplice modifica di forma.


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