di Mariavittoria Orsolato


Doveva essere il provvedimento che avrebbe rimesso in moto l’esangue economia nostrana, “Un giro di affari da 50-60 miliardi di euro” garantiva il nostro presidente palazzinaro, ma il famigerato Piano Casa pare non s’abbia da fare, almeno così com’è. Il pacchetto di leggi sull’edilizia nasceva già in circostanze ambigue, emanato con una circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri il 10 marzo, è stato da subito additato come incostituzionale per le sue ben poco velate pretese di cementificazione selvaggia: si prevedevano possibilità di ampliamenti del 20% sulle abitazioni private mono o bifamiliari e del 30% nel caso in cui l’immobile fosse abbattuto e ricostruito, il tutto con la sola approvazione del progettista.

di Ilvio Pannullo


Quando un sistema di produzione e di consumo entra in crisi – come è accaduto e come presto si potrà comprendere ancor più pienamente – le classi dirigenti di un paese dovrebbero interrogarsi sulle cause del disastro, analizzarle e proporre nuove soluzioni che indichino una strada sostanzialmente diversa, affinché la situazione non si riproduca in seguito. In un momento di crisi globale come quello che stiamo attraversando, se da una parte è logico aspettarsi la richiesta popolare di una direzione chiara verso cui muovere con decisione, dall’altra, purtroppo, siamo costretti ad osservare impotenti come simili decisioni vengano prese da quegli stessi soggetti che ci hanno trascinato nel baratro in cui ci ritroviamo. Aspettando un piano energetico nazionale ispirato da una nuova visione dell’economia, dell’ambiente e delle esigenze umane, dove il concetto di sostenibilità non sia più un inutile corollario ma piuttosto il cardine stesso del nuovo sistema, riscopriamo, ancora una volta, la vergogna che si prova ad essere governati da una massa informe di incompetenti lobbisti.

di Mariavittoria Orsolato


Certo non è più lo tsunami che a novembre ha paralizzato la capitale ma l’Onda studentesca c’è ancora, e imperterrita si ostina a sfilare, gridando il suo “no” ai piani di ristrutturazione promossi dalla riforma Gelmini. Mercoledì la Cgil ha indetto una manifestazione per ribadire la propria contrarietà agli ingenti tagli previsti dalla manovra del governo e subito sono fioccate le adesioni dalle scuole di tutta Italia: da Roma a Milano, da Firenze a Macerata, Torino, Bologna, Genova, tutti i cortei del sindacato sono stati dilatati dalla presenza degli studenti medi e universitari e anche da qualche genitore che proprio non si vuole rassegnare alla perdita del tempo pieno. Le cifre non sono certo quelle dell’ormai sbollito autunno caldo, ma la mobilitazione c’è e si fa sentire: “Chiediamo più diritto allo studio, più investimenti e provvedimenti seri per dare alla scuola e a tutti i settori della conoscenza un ruolo fondamentale per uscire dalla crisi. Chiediamo il coinvolgimento pieno e reale di chi nella scuola vive e lavora”, si legge in una nota diffusa in precedenza dalla Rete degli studenti medi, mentre il sindacato rivendica contratti perlomeno decenti e soprattutto il ritiro del disegno di legge Sacconi che di fatto limita pesantemente il diritto di sciopero.

di Luca Mazzucato

PRINCETON, NEW JERSEY. Il nucleare civile e militare è da sempre argomento scottante di politica internazionale. Eppure, pochissimi sono gli esperti che negli Stati Uniti se ne occupano con cognizione di causa, nonostante ogni politico abbia un'opinione in proposito e se ne parli ogni giorno in televisione: le centrifughe di Natanz e la corsa al nucleare in Medioriente, l'energia nucleare pulita e lo stoccaggio delle scorie letali, il disarmo delle superpotenze, l'accordo Berlusconi-Sarkozy per il nucleare italiano. Per districarsi tra le forze titaniche della propaganda e delle lobby, abbiamo chiesto una mano a Scott Kemp, ricercatore di Scienza e Sicurezza Globale dell'Università di Princeton. Astrofisico di formazione, Kemp lavora da anni al problema del controllo delle centrifughe per l'arricchimento dell'uranio, portando in dote la sua conoscenza scientifica alla passione per la politica. “Stiamo entrando in un'epoca in cui l'arricchimento dell'uranio è ormai economico e alla portata di tutti: dobbiamo capire come affrontare questa sfida a livello globale.”

di Mariavittoria Orsolato

La notizia è datata 29 settembre 2008, ma grazie alla nostra cosiddetta informazione lo veniamo a sapere solo ora. Il protagonista è Gianni Chiodi, neopresidente della Regione Abruzzo, in quota Pdl. Lo scenario è Poggio Cono, brulla località di Teramo, dove il 17 febbraio del 2006 la discarica comunale “La Torre” è rovinosamente franata su stessa, rovesciando nel sottostante fiume Vomano tonnellate di rifiuti non trattati ed inquinando così la falda acquifera irrimediabilmente. Già da tempo le associazioni ambientaliste avevano denunciato le irregolarità che si perpetravano nel sito di raccolta rifiuti, una su tutte l’instabilità dell’area scelta per la discarica: secondo il “Piano stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico” ordinato dalla Regione Abruzzo, il luogo deputato all’insediamento era etichettato come P3, ovvero a pericolosità molto elevata e già nel 2004 la capienza limite del sito era stata superata.


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