di Rosa Ana De Santis

Il Pd riparte a poca distanza dal guado delle elezioni europee, il 6 e il 7 giugno prossimi e Franceschini invita a lavorare a “testa bassa” e si prodiga a mostrare i segni di un cambiamento radicale del partito rispetto al battesimo veltroniano. Su tutto l’attenzione costante a superare quel metodo, rivelatosi fallimentare, di fredda fusione piovuta dai vertici alla base con cui è nato il progetto del partito democratico. Nozze forzate e frettolose per storie politiche lontane, separate per natura. La consapevolezza generale è che se le europee dovessero confermare la sequela di sconfitte finora consegnate dall’elettorato, il progetto naufragherà. Per implosione, per mancanza d’identità politica e culturale, per conseguente rammendo in emergenza di fronti mai uniti e in assetto di continua belligeranza intestina e, non da ultimo, per l’assenza di un leader. O, per meglio dire, la guerra carbonara dei vari candidati ad esserlo. Quello che il Pdl per assetti proprietari e limiti di libertà da non invidiare non può permettersi.

di Mariavittoria Orsolato

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano fa un altro passo e, dopo il “no” alla legge express sul caso Englaro, si cimenta in un secondo sgambetto all’esecutivo della libertà. Nel discorso tenuto ieri a Perugia, in occasione delle celebrazioni per i 700 anni dell’Università, il capo dello Stato ha rimesso il dito nella piaga dei tagli all’istruzione pubblica, invitando il governo a rivedere i piani di spesa oramai approvati della riforma Gelmini-Tremonti. Sottolineando il contesto nazionale, che è “di straordinaria difficoltà per via della crisi e dei pesi che l'Italia si porta, tra cui l'ingente debito pubblico”, Napolitano ha espresso l’esigenza di salvaguardare il nostro capitale umano evitando “la dispersione di talenti e risultati del nostro sistema scolastico e universitario, che troppo spesso non sono tradotti in occasioni di lavoro e di sviluppo”.

di Matteo Selva

La scena è questa: dopo il disastro delle elezioni in Sardegna, Veltroni, assumendosene tutta la responsabilità, lascia la guida del Partito Democratico per dedicarsi alla famiglia. Il coordinamento del partito, anche per l’imminenza di due importanti appuntamenti elettorali, si trova nella condizione di dover decidere se eleggere immediatamente un segretario e fare le primarie ad ottobre, oppure fare le primarie subito. Naturalmente, un partito coeso, di prodiana creazione, sa come affrontare la questione, anche se, come è giusto che sia, al suo interno risulta ancora qualche divergenza: i dalemiani, i rutelliani, i popolari, i bindiani, i lettiani e la parte più a sinistra del Pd vogliono eleggere un segretario subito. Veltroniani, i parisiani e buona parte della base, invece, vogliono fare subito le primarie. “Certo che un partito chiamato a decidere il leader tra Franceschini e Parisi rasenta il ridicolo”, dice Massimo Cacciari, sintetizzando la decisione che l’Assemblea costituente del Pd avrebbe dovuto prendere per il futuro del Partito Democratico. Ma Cacciari, si sa, lo ascoltano in pochi ormai. Alla fine, la votazione dei delegati non sembra proprio una scelta tra i due leader.

di Rosa Ana De Santis

Pochi giorni fa, nelle Isole Canarie, di fronte alle coste di Lanzarote, è caduto a picco un barcone di migranti. Gli abitanti del posto hanno lanciato corde e salvagenti, qualche surfista più esperto si è spinto in mare alto per prestare soccorsi. Ventotto tra uomini, piccoli e donne gridavano aiuto. Ventiquattro sono morti, 14 di loro erano bambini. Tutti nordafricani. La notizia di questi morti nel mare – a guardare bene - non procura un terribile shock, solo una pietosa tristezza. Sono morti che la coscienza collettiva ha imparato a digerire. Come le pance malariche dell’Africa Nera. Non è un inciampo nel viaggio, un cataclisma lungo il percorso. Solo un banale effetto collaterale già contabilizzato da tutti. Messo in bilancio lungo il tragitto dei migranti. Chi parte dopo aver dato i suoi ultimi risparmi, chi sale sulle zattere marce di mare, chi s’incolla addosso il fagotto di un figlio sa bene che va verso l’inferno. Eppure va.

di Mariavittoria Orsolato

Lui non ci pensa. “La condanna dell’avvocato Mills è stata presa con disinteresse da Berlusconi, perché tra la vittoria elettorale in Sardegna, l'incontro con Napolitano e le dimissioni di Veltroni, questo processo in fondo è una cosa marginale”. Niccolò Ghedini ci rassicura, dalle colonne de La Stampa, sullo stato emotivo del nostro caro premier che – non stentiamo a crederlo – ha reagito con plateale altezzosità alla notizia dei 4 anni e 6 mesi di reclusione comminati al suo ex consulente d’oltremanica dal Tribunale di Milano, per corruzione in atti giudiziari. Lo scudo Alfano è stato interamente applicato e quindi ce l’hanno fatta ancora, in uno dei rarissimi casi in cui i giudici e i magistrati hanno in mano una prova schiacciante del reato commesso: la confessione diretta dell’imputato.


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