di Rosa Ana De Santis

Il Pd riparte a poca distanza dal guado delle elezioni europee, il 6 e il 7 giugno prossimi e Franceschini invita a lavorare a “testa bassa” e si prodiga a mostrare i segni di un cambiamento radicale del partito rispetto al battesimo veltroniano. Su tutto l’attenzione costante a superare quel metodo, rivelatosi fallimentare, di fredda fusione piovuta dai vertici alla base con cui è nato il progetto del partito democratico. Nozze forzate e frettolose per storie politiche lontane, separate per natura. La consapevolezza generale è che se le europee dovessero confermare la sequela di sconfitte finora consegnate dall’elettorato, il progetto naufragherà. Per implosione, per mancanza d’identità politica e culturale, per conseguente rammendo in emergenza di fronti mai uniti e in assetto di continua belligeranza intestina e, non da ultimo, per l’assenza di un leader. O, per meglio dire, la guerra carbonara dei vari candidati ad esserlo. Quello che il Pdl per assetti proprietari e limiti di libertà da non invidiare non può permettersi. L’inizio della stagione del popolare Dario non è semplice. Si parte anzi dalla questione spinosa del testamento biologico e dalla tesi della mediazione impossibile con il governo, sostenuta dalla Finocchiaro che, con orgoglio, rivendica la posizione prevalente del PD contro il testo di legge della maggioranza. Un po’ ingenuo forse ridurre la polemica infuocata di questi giorni sulle posizioni di Rutelli, Teodem, Bianchi e il loro seguito a strumentalizzazioni mediatiche, quando - solo per ricordare l’ultimo episodio - la sostituzione di Ignazio Marino, legittima sul piano delle forme, aveva investito il partito, Veltroni in testa, della responsabilità di un perverso e pavido dietro-front.

E se per Franceschini è stato possibile con un colpo di mano e in totale autonomia, azzerare la segreteria, il governo ombra e far entrare il territorio ai vertici del partito, la lacuna più grave vantata finora dal PD, non gli sarà altrettanto facile mediare le fronde interne e i capricci di chi confonde la legittimità del proprio parere personale con il compito istituzionale assegnatogli. Un’ambiguità degna di Rutelli e di una politica incolore e banale.

Si può sperare che sia stato superato il “ma anche” della sinistra annacquata di Veltroni, quella strategia da Obama de’ noantri che ha portato alla sconfitta su tutti i fronti e che ha consegnato un partito nazionale in ostaggio di una manipolo di fanatici. Perché ancora una volta la debolezza del PD è sulla bioetica, non nell’aritmetica. Ha ragione la Finocchiaro quando ricorda i numeri della mozione sul caso Englaro, affidata tra l’altro a Daniele Bosone medico cattolico: 2 dissensi su 119 senatori. Ma l’unità del partito è sempre tutta qui.

Non riuscire a far rientrare il seguito dei teodem nelle linee del partito significa dover riconoscere che proprio il significato sacro della laicità delle istituzioni nel partito democratico non è valore condiviso e fondante. Quello che Rutelli lamenta, negando l’insinuazione di caldeggiare la scissione e sostenendo il suo pieno diritto di esprimersi secondo coscienza, è il segnale imbarazzante di chi non capisce che siede al Senato e non nel tinello di casa, e che sarà proprio il suo emendamento che vieterà ai cittadini di poter onorare la propria coscienza. Un non senso che rivela o una conversione sulla via di Damasco di Rutelli o un favore o una tiepida capacità politica.

Casini non ha lesinato complimenti al “coraggio” di Rutelli il quale, sempre troppo attento a non prendere posizioni definitive, ha raggiunto con il proprio emendamento un risultato infelice e caotico sul piano procedurale, credendo forse di salvare un po’ le posizioni di tutti. L’ha dichiarato, in modo più spassionato di altri, Silvana Mura, deputata di Idv e membro della commissione Affari sociali. Si parte dal riconoscere alimentazione e idratazione come “sostegno vitale” e non come cure, cercando con questo stratagemma linguistico, di superare l’antitesi con l’art. 32 della Costituzione che prevede la libertà di cura. Quel che è certo è che non si fa entrare la nutrizione artificiale come oggetto di DAT (Dichiarazione anticipata di trattamento ndr) e che viene affidata a presunti casi eccezionali la possibilità di scegliere opzioni di interruzioni con scelte di concerto tra medico e fiduciario del paziente. Verrebbe da dire che tutti i casi fine vita rientrano nella casistica di questa eccezionalità misteriosa. Seguono numerosissimi altri emendamenti nel PD, come quello di Claudio Gustavano, che ricalca quasi in toto quello di Rutelli, più altri due a firma dello stesso Rutelli sulla regolamentazione del DAT e numerosissimi altri.

Pensare che queste posizioni - che sopprimono il senso pieno dell’Habeas Corpus, fondamento primo della nostra cultura democratica - non gettino un’ombra di preoccupazione sui lavori della Commissione Sanità del PD, sarebbe un atto incauto di leggerezza. Nella sua laicità, il prof. Marino, cattolico, ha ben spiegato come sia una menzogna sostenere che il sondino naso-gastrico, messo chirurgicamente nel corpo di una persona, non sia una forma di accanimento. E’ sembrato eccessivo che un medico, non offuscato da ideologie e dogmi di fede, potesse raccontare come stanno le cose.

Il PD dice “no” compatto alla legge rivendicata in aula dal Ministro Sacconi nel suo impianto di base, ma si divide poi sul resto. Non su cavilli, ma su questioni così tanto ingombranti da non poter prendere posizione, al punto di poter tollerare l’astensione di Dorina Bianchi che, da capogruppo commissione PD al Senato, non ha firmato l'emendamento del Pd relativo al comma 6 dell'articolo 5 del disegno di legge di maggioranza, che vuole fare idratazione e nutrizione oggetto di DAT.

A leggere i fatti senza ipocrisia, la fotografia del Pd sul testamento biologico è quella di un mosaico scomposto, senza ordine e senza visione, anche solo semplicemente perchè non porta la firma che ci sarebbe stata se Marino fosse rimasto al suo posto. Anche solo per il sottofondo molesto della Binetti che, isterizzata, denuncia la presenza nel PD della legittimazione del suicidio assistito, anticamera dell’eutanasia. Altro che strumentalizzazione giornalistica.

Avrà anche il PDL le sue voci fuori dal coro. Non da ultimo Pisanu, che ritiene che la politica debba essere rispettosamente distante dalle questioni etiche legate al fine vita, da affidare invece all’insindacabile giudizio di ognuno. Eppure le voci del PDL fanno meno rumore. Possiamo addebitarlo all’arte della diffamazione mediatica ai danni della sinistra. Ma la sensazione è che gli elettori non ci credano e non ci crederanno più. E che se pure fosse vero, rimane una sconfitta senza appello quella di aver messo l’aspirante partito social democratico del nostro paese nelle mani di reazionari cattolici o di accorti mediatori d’occasione.

Chissà se i cittadini dovranno continuare a pensare da soli alle loro Eluane, come hanno sempre fatto finora, oppure il PD saprà non mandare sprecata la storia esemplare di Beppino Englaro. Un testamento, quello di sua figlia, che è ben più di quello biologico. Al di là del presunto vento di novità portato da Franceschini, è importante sapere che non si parte da zero, soprattutto ora e così. Il Pd voleva essere il sogno di un progetto democratico, ma è diventato una balena arenata alla deriva. Deludente nei contenuti e molto concentrato nell’oculata rendicontazione della propria sopravvivenza.

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