di Rosa Ana De Santis

Pochi giorni fa, nelle Isole Canarie, di fronte alle coste di Lanzarote, è caduto a picco un barcone di migranti. Gli abitanti del posto hanno lanciato corde e salvagenti, qualche surfista più esperto si è spinto in mare alto per prestare soccorsi. Ventotto tra uomini, piccoli e donne gridavano aiuto. Ventiquattro sono morti, 14 di loro erano bambini. Tutti nordafricani. La notizia di questi morti nel mare – a guardare bene - non procura un terribile shock, solo una pietosa tristezza. Sono morti che la coscienza collettiva ha imparato a digerire. Come le pance malariche dell’Africa Nera. Non è un inciampo nel viaggio, un cataclisma lungo il percorso. Solo un banale effetto collaterale già contabilizzato da tutti. Messo in bilancio lungo il tragitto dei migranti. Chi parte dopo aver dato i suoi ultimi risparmi, chi sale sulle zattere marce di mare, chi s’incolla addosso il fagotto di un figlio sa bene che va verso l’inferno. Eppure va.

di Mariavittoria Orsolato

Lui non ci pensa. “La condanna dell’avvocato Mills è stata presa con disinteresse da Berlusconi, perché tra la vittoria elettorale in Sardegna, l'incontro con Napolitano e le dimissioni di Veltroni, questo processo in fondo è una cosa marginale”. Niccolò Ghedini ci rassicura, dalle colonne de La Stampa, sullo stato emotivo del nostro caro premier che – non stentiamo a crederlo – ha reagito con plateale altezzosità alla notizia dei 4 anni e 6 mesi di reclusione comminati al suo ex consulente d’oltremanica dal Tribunale di Milano, per corruzione in atti giudiziari. Lo scudo Alfano è stato interamente applicato e quindi ce l’hanno fatta ancora, in uno dei rarissimi casi in cui i giudici e i magistrati hanno in mano una prova schiacciante del reato commesso: la confessione diretta dell’imputato.

di Fabrizio Casari

E’ finita ieri l’avventura di Veltroni alla guida del PD. L’uomo che sogna l’America, vorrebbe vivere in Africa e fa politica in Italia, ha rimesso il suo mandato ad un partito che non è partito mai. Le dimissioni sono state presentate adducendo la volontà di non prestarsi al gioco al massacro delle componenti interne, unico sport nel quale il PD primeggia, ma certo è che il bilancio dei mesi di segreteria Veltroni ha rappresentato un record assoluto di sconfittismo politico nella storia repubblicana. L’ex segretario ha collezionato alcune perle che difficilmente saranno eguagliate da chiunque decidesse di lanciarsi nell’agone politico: dapprima ha contribuito a disarcionare Prodi, indicando un radicale cambio di rotta nei rapporti tra i partiti che sostenevano il governo del professore; quindi, per correre verso la segreteria del PD si è dimesso da sindaco di Roma, che è stata consegnata ad Alemanno. Poi ha cancellato la sinistra dal Parlamento italiano, consegnato il governo alla destra più reazionaria d’Europa e perso anche le amministrative. Poteva bastare? No che non bastava.

di Mariavittoria Orsolato

Nonostante i sondaggi lo avessero già incornato re di Sardegna, il sardissimo Renato Soru ha dovuto chinare il capo di fronte all’evanescente rivale Ugo Cappellacci, ora nuovo governatore della Sardegna con tanti ringraziamenti al presidente del consiglio prezzemolino. Con il 51,90% il figlio del commercialista del Berlusconi anni ’80, ha sbaragliato la coalizione messa in piedi (a fatica) dal Pd e, forte di 457.676 voti, ha inaugurato la sua carica precisando subito che “senza la possibilità di creare un ponte con il Governo, Cappellacci non ce l'avrebbe fatta, ma anche la Sardegna non ce l'avrebbe fatta e questo i sardi lo hanno capito bene”. Il merito di questa vittoria è infatti da attribuire alla serratissima campagna che “padron Silvio” ha condotto in vece del giovane Cappellacci, un esempio su tutti il logo elettorale della coalizione di centro-destra: nel cerchio azzurro-tricolore campeggiava infatti la scritta usata per le scorse politiche, ovvero “Berlusconi presidente”. Al povero Ugo neanche la soddisfazione di vedere scritto il nome, figurarsi se è riuscito ad ottenere un comizio!

di Mario Braconi

E’ la peculiarità italiana, forse, a giustificare l’incredibile battage attorno al caso di Eluana Englaro, il cui elemento peculiare è stato il disconoscimento della volontà della persona quando essa risulti non conforme ai diktat del potere politico o clericale (che poi è la stessa cosa). Vale la pena notare che è proprio questo atteggiamento irrispettoso nei confronti dell’autodeterminazione dell’individuo, il catalizzatore di una delle peggiori battute di Berlusconi, quella secondo cui Eluana avrebbe anche potuto avere un figlio. Odioso ed incomprensibile flatus vocis, eppure illuminante, in quanto consente di far luce sui perversi automatismi mentali del premier: la volontà di una donna deve essere ignorata quando silenziosamente implora la sua liberazione da un’inutile ed assurda sofferenza. In fondo, il suo corpo, anche da quasi morto, non cessa di essere niente più che rivestimento esterno di un utero, involucro procreativo, macchina per fare figli.


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