di Rosa Ana De Santis

Pochi giorni fa, nelle Isole Canarie, di fronte alle coste di Lanzarote, è caduto a picco un barcone di migranti. Gli abitanti del posto hanno lanciato corde e salvagenti, qualche surfista più esperto si è spinto in mare alto per prestare soccorsi. Ventotto tra uomini, piccoli e donne gridavano aiuto. Ventiquattro sono morti, 14 di loro erano bambini. Tutti nordafricani. La notizia di questi morti nel mare – a guardare bene - non procura un terribile shock, solo una pietosa tristezza. Sono morti che la coscienza collettiva ha imparato a digerire. Come le pance malariche dell’Africa Nera. Non è un inciampo nel viaggio, un cataclisma lungo il percorso. Solo un banale effetto collaterale già contabilizzato da tutti. Messo in bilancio lungo il tragitto dei migranti. Chi parte dopo aver dato i suoi ultimi risparmi, chi sale sulle zattere marce di mare, chi s’incolla addosso il fagotto di un figlio sa bene che va verso l’inferno. Eppure va. Quei corpi rimangono sepolti sul fondale. Marciscono tra salsedine e pesci. Sopra, risalendo la costa, sulla terra di casa nostra, entriamo in un parco e c’è un’altra storia da raccontare, l'altra faccia della medaglia. I corpi in questo caso, uno dei troppi ormai, sono due, paralizzati dalla paura e dal dolore. Lei un grissino di bambina, ha le gambe ferite, racconta la sua soccorritrice, ed è stata violentata. In un posto tranquillo dove si va in bicicletta o a fare jogging. Sono le 18.30 quando al parco della Caffarella viene stuprata da due bruti, romeni, e il suo giovane ragazzo viene picchiato. Sono due giovanissimi. Non è notte fonda, siamo in un quartiere tranquillo della Capitale, la gente è in giro, negozi aperti. Ma nessuno sente le voci di aiuto dei due piccoli trascinati a forza in una gabbia di lamiere e baracche. Nel puzzo della sporcizia e dell’abbandono.

La sequenzialità di stupri impedisce di parlare di casi isolati e sporadici. L’allarme esiste, il pericolo permanente anche. L’angoscia e lo sconforto é dover lasciare la soluzione politica di una ferita sociale così grave al furore e all’esaltazione degli xenofobi al governo. I fanatici della Lega - insediati al Viminale per errore o da miracolati, non sappiamo - non vedevano l’ora di utilizzare i fatti per cavalcare campagne e provvedimenti persecutori dimenticando, con sfacciata disinvoltura, l’altra faccia della clandestinità. I sopravvissuti dell’Odissea. Quelli che Itaca l’hanno perduta per un pugno di speranza e che a casa non torneranno forse più.

Quelli che restano irregolari, spesso in attesa di raggiungere altri Paesi d’Europa. Che lavorano come domestiche nelle nostre case e che preferiamo alle italiane per risparmio nelle quote a ore. O quei maschi senza casco arrampicati come ragni sui muri, candidati a morti bianche che non avranno processo, nei cantieri dei nostri palazzi. O quelle bambine messe in vetrina per i mariti italiani che disturbano la visuale della mamme sconvolte dai loro vestiti succinti. Quegli 800mila cui il Carroccio dichiara guerra, senza fare i conti con i buchi economici che conterebbero nella fertile padania.

Maroni va in tv e declama i provvedimenti con cui anticiperà parte del ddl sulla sicurezza. Niente domiciliari per gli stupratori, patrocinio gratuito per le vittime. La Carfagna propone la banca dati del DNA per i violentatori. Alemanno non sa come rimediare all’insicurezza e alla violenza che dilaga nonostante la sua vittoria elettorale. Sembrava che d’un colpo, dopo il terribile caso Reggiani, tutto dovesse cambiare. Il vento della destra sociale non permetteva di tollerare oltre "l’indolenza veltroniana che aveva consegnato Roma ai clandestini che vivono di espedienti, ebbri fin dalla mattina, violenti e raminghi in accattonaggio”.

Ma la cronaca conta altre vittime di violenza carnale e non perdona la pubblicità elettorale. Quella che investe subito i Rom, compresi per torto d’ignoranza nel vilipendio agli stranieri. Rom che, come gli anarchici, rimangono capri espiatori ideali per qualsiasi caccia alle streghe. Si dice che quello che è rimasto dell’orrore nelle nostre città è strascico dei governi di sinistra. E la propaganda che scantona ogni nodo di responsabilità, continua. Ma vince. Stravince dappertutto.

Le baraccopoli di Castelfusano ora sono state smantellate, o quasi. Era stato detto che Veltroni, in odore di ecumenismo, avesse sempre lesinato sulla linea dura nei riguardi di queste frange d’invisibili e fuori controllo, quelli che nelle carceri romene avrebbero castighi ben peggiori che non dalle nostre parti e per molto meno. E adesso allora? Dov'é la sicurezza invocata dal sindaco nostalgico che di tutto si occupa meno che della città? E' questa è la piaga storica di una certa tradizione nostrana. La rimozione dei problemi sull’immigrazione hanno portato a una disfatta della sinistra prima e a una politica di destra sbagliata poi. Meritata la prima, pericolosa e buia la seconda.

Ma se a sinistra hanno scoperto le baraccopoli tardi e per caso dopo la morte violenta di una giovane donna, a destra il governo, in beffa all’assunzione dei propri doveri, rimette ai privati cittadini la difesa delle loro donne. Le ronde piacciono a tanta parte del PDL, soprattutto al Ministro degli Interni. Lo conferma il sottosegretario Alfredo Mantovano a Radio24. Disarmati e in giro per autorizzazione del Prefetto non si capisce a fare che. Se davvero disarmati a non fare paura a nessuno, se armati di nascosto – com’é facile immaginare - a trasformare ogni angolo di civiltà in far west. Reagisce la sinistra per voce di D’Alema che ravvisa in questo orientamento la strada maestra per imbarbarire il Paese.

Così leggi e certezza della pena sono temi ribaditi che però perdono di vigore e credibilità, mentre piano piano sale in prima pagina l’urgenza e l’efficacia delle ronde. Nessuno quasi se ne accorge. Il Governo pensa bene di riempire la pancia dei cittadini che, esasperati, non leggono in questa opzione l’ennesimo abbandono istituzionale. Ben costruito, fatto ad arte, televisivo e vincente. Predisposto per rispondere con vigore al bisogno di legittima difesa, togliendo ogni disturbo alla politica e ai suoi protagonisti messi in ozio dalle iniziative private. E’ in questo modo che accanto al danno storico e culturale di una politica del terrore che perde una delle sue sfide più grandi, quella dell’integrazione, si consuma la beffa ai danni della gente.

Un governo che dispensa se stesso con tanta convinzione da un compito così delicato, è un non-governo. Che addirittura ricorre a sponsorizzare le pulsioni più sbagliate per travestire da sceriffi i cittadini, mettendoli accanto al carabiniere di quartiere, ai militari da dittatura sudamericana, e alle gazzelle parcheggiate nelle rimesse senza fondi della polizia ci consegna uno spettacoloso caricaturale e irriverente. Un governo che dice, anche quando non dice, che la cittadinanza in questo Paese è italianità di sangue. Che gli altri sono indistintamente stranieri.

Non si sa chi sia rimasto a ricordare l’urgenza di fare politica su questo fronte. Dopo il conclamato tonfo della Bossi-Fini, che non faceva altro che rendere impossibile ogni regolarizzazione, per volerli tutti clandestini, il PD è concentrato a mettere in fila i trofei dei propri insuccessi elettorali e i fuoriusciti massimalisti stanno li a dividersi i martelli e le falci. La politica sull’immigrazione con una manovra di prestigio è diventata il problema degli immigrati. Un grazioso spot elettorale – frutto di uno slittamento ad arte - che ha fatto comodo ai paladini dell’accoglienza e a quelli della cacciata violenta. Che finora ha dispensato il potere dal rispondere dei propri reiterati fallimenti e che ha permesso che il tema della sicurezza diventasse un tema di parte e di coalizioni, di destra e non di sinistra. Che ha fatto perdere tutti in cambio del feticcio finale, barbaro e ingiusto, di poter sfogare il malumore sul primo disgraziato di passaggio.

Così tra quei morti in mezzo alle onde e i violentatori presunti romeni non c’è patrocinio comune di bene o di male. E’ proprio questa piccola figlia italiana di 15 anni a dirlo. Lei che ripete di non volere generalizzazioni, ma giustizia. Immigrati gli uni, immigrati gli altri. Entrati come fantasmi da Valona a Bari o lungo le Alpi, messi sulle strade, a domicilio. Lavoratori o delinquenti. In case o baracche. Sempre fantasmi. Morti affogati o invisibili al di qua del confine. In questo modo comodi per tutti e comodi il più possibile. Più clandatini non sarà mai sintomo di più sicurezza, semmai l'opposto. E negargli le cure non guarirà le nostre ferite. Sulla pelle degli immigrati come su quella delle vittime della violenza contro le donne, straniera o italiana che sia, c’è la mappa documentata di una politica che è già cadavere. Che non vuole esami per sé e che convince i cittadini a difendersi da soli. Spacciando una disfatta per una soluzione.

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