di Mariavittoria Orsolato

Nonostante i sondaggi lo avessero già incornato re di Sardegna, il sardissimo Renato Soru ha dovuto chinare il capo di fronte all’evanescente rivale Ugo Cappellacci, ora nuovo governatore della Sardegna con tanti ringraziamenti al presidente del consiglio prezzemolino. Con il 51,90% il figlio del commercialista del Berlusconi anni ’80, ha sbaragliato la coalizione messa in piedi (a fatica) dal Pd e, forte di 457.676 voti, ha inaugurato la sua carica precisando subito che “senza la possibilità di creare un ponte con il Governo, Cappellacci non ce l'avrebbe fatta, ma anche la Sardegna non ce l'avrebbe fatta e questo i sardi lo hanno capito bene”. Il merito di questa vittoria è infatti da attribuire alla serratissima campagna che “padron Silvio” ha condotto in vece del giovane Cappellacci, un esempio su tutti il logo elettorale della coalizione di centro-destra: nel cerchio azzurro-tricolore campeggiava infatti la scritta usata per le scorse politiche, ovvero “Berlusconi presidente”. Al povero Ugo neanche la soddisfazione di vedere scritto il nome, figurarsi se è riuscito ad ottenere un comizio! Che Cappellacci fosse l’ennesima bambolina vodoo della politica di Governo era chiaro a tutti ed è proprio la nettezza di questo risultato che stupisce. Soru e la sua lista “La Sardegna che cambia” sono riusciti a racimolare solo il 42, 89%, nove punti in meno dell’avversario; e la coalizione eterogenea di Pd. Idv, Prc, comunisti, Rosso Mori e Sinistra per la Sardegna ha raggiunto un misero 38,62%, misero se paragonato al quasi plebiscitario 56,71% che la coalizione formata dai partiti del centro destra - e da un’ UDC rediviva e voltagabbana - è riuscita a scavallare.

C’è da dire che lo spoglio è stato al solito decisamente rocambolesco. L’afflusso dei dati elettorali nel centro elaborazione dati della Regione Autonoma è andato molto più a rilento al previsto a causa di contestazioni nelle sezioni elettorali dovute al voto disgiunto. Sono cioè emersi dubbi interpretativi sulla lettura dei dati, nonostante la Regione abbia distribuito in tutti i seggi un apposito vademecum con le varie ipotesi di voto: il caso più discusso è sicuramente quello in cui vi è un voto di preferenza per un candidato in una circoscrizione provinciale e un voto diverso per il presidente, cioè non allo stesso candidato governatore a cui è collegata la lista.

La “legge porcata” lo prevede ampiamente; quello che non poteva però preveder nemmeno il capolavoro Calderoli è stata l’ascesa di un nuovo fenomeno, che in molti non hanno esitato a definire “partito delle schede nulle”. I dati aggiornati parlano di 15.000 schede non valide, a cui si vanno ad aggiungere le schede annullate volontariamente dall'elettore - circa 3300 - e quelle bianche (che superano le 5000), per un totale di ben 23.300 schede inutili. Un dato poco confortante che va a sommarsi con l’ennesimo calo nell’affluenza alle urne: in totale ha votato il 67,58% degli aventi diritto contro il 71,2% che votò per le regionali del 2004.

La vera notizia di queste elezioni risiede però a Roma dove, nel famigerato loft, si è consumata la disfatta del Partito Democratico, con un Veltroni dimissionario - "per molti sono un problema e io sono pronto ad andarmene per il bene del partito” - e un direttivo praticamente allo sbaraglio. Dalla fondazione del Pd, un anno e mezzo fa, la leadership dell’ex sindaco di Roma è stata messa costantemente in dubbio dalle faide fratricide interne ai tre correntoni (veltroniani, dalemiani, rutelliani) e soprattutto dalle indicazioni di voto. Se Trento era sembrata una rivincita sulla sconfitta alle politiche, la Sardegna e prima ancora l’Abruzzo, sono state il colpo di grazia definitivo ad una leadership che, pur giocando sempre al limite tra fair play e ingenuità, è stata sottoposta ad un continuo ed incessante stillicidio politico che l’ha di fatto resa assolutamente vacua.

E Renato Soru? Già nella notte si cospargeva il capo di cenere e, con un gesto da vero sir anglosassone, ha telefonato immediatamente allo sfidante per congratularsi e per augurargli buon lavoro, ma sul futuro suo e del partito non si sbilancia: “Cosa farò domani? Verrò qui in sede e ci penserò”. A chi invece gli chiedeva della campagna elettorale infuocata portata avanti a suon di insulti - alla faccia dell’Istituzione - dal presidente del Consiglio, Soru pacato risponde: “Questo, però, è il gioco. Siamo al giorno dopo - ha sostenuto - sono state elezioni che si sono svolte democraticamente e questo è il risultato. In futuro sarebbe meglio avere elezioni condotte diversamente, con qualche punta di eccessiva ostilità in meno. Sarebbe bello avere competizioni dove valgono le regole e non l'unica regola di vincere ad ogni costo”. Evidentemente l’isola non è poi così diversa dallo stivale.

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