di Mario Braconi

E’ la peculiarità italiana, forse, a giustificare l’incredibile battage attorno al caso di Eluana Englaro, il cui elemento peculiare è stato il disconoscimento della volontà della persona quando essa risulti non conforme ai diktat del potere politico o clericale (che poi è la stessa cosa). Vale la pena notare che è proprio questo atteggiamento irrispettoso nei confronti dell’autodeterminazione dell’individuo, il catalizzatore di una delle peggiori battute di Berlusconi, quella secondo cui Eluana avrebbe anche potuto avere un figlio. Odioso ed incomprensibile flatus vocis, eppure illuminante, in quanto consente di far luce sui perversi automatismi mentali del premier: la volontà di una donna deve essere ignorata quando silenziosamente implora la sua liberazione da un’inutile ed assurda sofferenza. In fondo, il suo corpo, anche da quasi morto, non cessa di essere niente più che rivestimento esterno di un utero, involucro procreativo, macchina per fare figli. L’alimentazione forzosa di una persona (in casi come quello di Eluana, una forma di accanimento terapeutico) in nessun caso deve essere interrotta: su questo i politici (non solo di destra) manifestano certezza granitica ed atteggiamento ossessivo. Dopo il fallimento del decreto legislativo, privo dei requisiti di necessità e urgenza, e dopo l’interruzione del tour de force per approvare una leggina ad hoc, il governo adesso si sta concentrando su una legge di più ampio respiro che disciplini quello che, con insopportabile eufemismo, viene definito il “fine-vita”. All’art. 5, l’incredibile disegno di legge della maggioranza firmato del senatore Raffaele Calabrò (PDL), sancisce l’impossibilità assoluta di interrompere l’alimentazione del paziente.

A ribadire il carattere illiberale del provvedimento messo a punto dalla maggioranza, l’art. 2, che vieta di attivare o disattivare trattamenti che possano produrre la morte del paziente: con questa prescrizione, lo Stato inchioda tutti i Welby italiani alle loro macchine per la ventilazione, obbligandoli a sopravvivere a sé stessi contro la loro esplicita volontà: ecco come l’obbedienza cieca e acritica ai diktat vaticani trasforma in torturatore uno stato debole. In compenso, il disegno di legge Calabrò è un vero e proprio inno alla burocrazia: la cosiddetta DAT (dichiarazione anticipata di trattamento) dovrebbe essere presentata presso un notaio alla presenza di un medico. Basti pensare che, come ha rilevato Ignazio Marino del PD, questa disposizione obbligherebbe un medico di famiglia a recarsi presso i notai dei suoi pazienti cinquecento volte l’anno.

Il vero tocco di classe della disegno di legge Calabrò è il fatto che la DAT non è vincolante per il medico. Insomma, dato che è vietata l’eutanasia, illegale il suicidio assistito, impossibile perfino la sospensione dei trattamenti che in altri Paesi possono arrivare a configurarsi come accanimento terapeutico (ventilazione ed alimentazione forzata), non si capisce bene a che cosa serva la DAT, senza contare che, qualsiasi cosa si riesca a disporre in questo slalom, il medico che ci assiste può tranquillamente ignorarla.

Così com’é, il testo è quasi certamente anticostituzionale: se infatti l’art 32 della Carta prevede che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, resta sempre il fatto che “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.” E non occorre essere fini giuristi per capire che l’imposizione di trattamenti inutili contro la volontà del paziente è una condotta irrispettosa della dignità umana.

Eppure anche in materia di temi etici tanto delicati, all’estero sembrano del tutto sconosciuti gli eccessi di cautela ed i contorsionismi del legislatore italiano. Ad esempio negli Stati Uniti, già dal 1991, una legge disciplina il testamento biologico: nutrizione ed idratazione sono considerati trattamenti terapeutici e il paziente in stato di coscienza può liberamente rifiutarli; in caso di incapacità sopravvenuta, i trattamenti possono essere sospesi se risulti una determinazione in tal senso del paziente, ovviamente presa in stato di coscienza. Qualora il paziente non abbia espresso una specifica volontà, la decisione spetta ad un fiduciario (solitamente un parente). In Germania, pur in assenza di una legge, la volontà del paziente (scritta) ha carattere vincolante; in Gran Bretagna ed in Francia, in mancanza di un’esplicita volontà del malato, sono i medici a scegliere per il paziente, avendo sempre come obiettivo “il suo miglior interesse”. In Olanda ed in Belgio l’eutanasia è legale, ed il testamento biologico dettagliatamente disciplinato.

Comunque non sono solo le destre ad assecondare l’oppressione vaticana. Prova ne sia che solo 89 senatori del PD su 118 avevano firmato il ddl Marino: evidentemente, per un quarto dei senatori del principale partito di opposizione, un testo che considera terapie l’alimentazione e l’idratazione, emanava uno sgradevole odore sulfureo, che ne rendeva impossibile l’approvazione… Un altro pessimo segnale è la sostituzione del capogruppo PD alla Commissione Sanità al Senato: il senatore Marino, autore del ddl meno clericale, è stato sostituito da Dorina Bianchi. Benché lo stesso Marino si sgoli a ribadire che “non cambierà la linea del PD sul provvedimento che porta la mia firma”, è lecito avere qualche dubbio in materia.

La signora Bianchi, infatti, viene dalla file dell’UDC, è stata relatrice della legge 40, ha militato nell’ala più oltranzista dei clericali del PD (i cosiddetti “teodem”), ed ha candidamente dichiarato di condividere (a parte qualche dettaglio) il ddl Calabrò. La Bianchi non più tardi di tre giorni fa ha votato contro il ddl Marino, cioè contro il testo che almeno ufficialmente esprime la linea politica del suo partito in materia di testamento biologico. A prima vista non pare proprio un baluardo laico contro i provvedimenti clericali del PDL. Presto o tardi il PD scoprirà che non si vota in Vaticano…

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