di Rosa Ana De Santis

Un milione di persone in piazza, le firme da porgere al Presidente della Repubblica. Il silenzio è illegale. Queste le richieste di Giorgio Sandri, il padre di Gabriele. Ucciso su un’autostrada e deriso in un tribunale, Gabriele deve vivere almeno per le strade, a smuovere e scalfire coscienze e indifferenze. Non si può e non si deve abbassare la guardia. In attesa dell’appello, c’è il richiamo agli occhi: aperti, per vedere bene anche nella notte del diritto. Quel diritto umiliato da una sentenza arrivata dopo ore di Camera di Consiglio. Ad ascoltare quella sentenza, che ha derubricato il reato da omicidio volontario a colposo il difensore di Spaccarotella festeggiava esultando il suo successo in primo grado: 6 anni. Tanto vale la vita di un innocente. L’imputato che è rimasto a casa, intimorito dall’aula, piange di gioia. L’agente Spaccarotella, che ora vuole tornare in servizio, ha chiesto perdono. Atto dovuto o strategia di difesa conta poco. Perdono. Nulla di più. E ora che la sentenza ha confermato la tradizione nostrana all’immunità de facto delle divise di Stato, nulla è cambiato da quell’11 novembre 2007. Il gelo sul piazzale dove Gabriele è stato raggiunto da un proiettile, i rilievi, i testimoni impalliditi e il fratello Cristiano che urlava a tutti, ai giornalisti accorsi, di trovare il coraggio di dire la verità. Tutto è rimasto in quell’ordine composto d’ingiustizia. Pochi in realtà nutrivano speranze sul processo.

L’Italia vanta un record da protezione sfacciata per le divise di Stato che ci ha già ampiamente abituati a sentenze sconvolgenti. Un dato lungo quanto è lunga la storia della Repubblica. Gli ultimi quarant’anni di storia dicono che nei tribunali non esiste simmetria, né diretta proporzione tra il potere e la responsabilità. La legge segue il percorso inverso. Chi ha potere riscuote il privilegio di essere al di sopra della legge, non il primo a pagare. Una salute della democrazia che non abbiamo mai conosciuto. Un virus che si propaga in modo trasversale in tutte le Istituzioni, nelle sale dei bottoni, nelle forze armate e in quelle di pubblica sicurezza. Una dissonanza profonda che lancia un’ombra pesantissima, dolorosamente comprovata, sulle Istituzioni. Chi rappresenta la legge, dicono i tribunali, è al di sopra della legge stessa.

E’ Giorgio Sandri a ricordare il caso recente del giovane Aldovrandi. La battaglia di una madre che a fatica è riuscita a dimostrare che suo figlio non poteva essersi pestato di botte da solo, fino al punto di rompersi le ossa e rimanere soffocato. La storia del manganelli spezzati e occultati. Per l’uccisione di Gabriele c’erano testimoni. Non sono stati sufficienti. Un poliziotto che vede forse una rissa, corre e impugna l’arma, come ha simulato il pm in aula, e spara. Altezza uomo. Da parte a parte dell’autostrada. Colpisce Gabriele che in quella macchina è seduto al centro, sul sedile posteriore. La polizia ha raccontato di un colpo in aria e di un secondo partito in modo accidentale. Deviato tragicamente dal vetro e partito da un agente sotto stress che perde il controllo psico-motorio. Uno che, dai suoi allenamenti al poligono, sembrava poco preparato. E’ morto così un ragazzo di 28 anni. Un colpo d’ombrello tra ragazzi, cui segue un colpo di pistola mortale.

La storia di Gabriele ha sofferto, fin dall’inizio, dell’accostamento al mondo dei tifosi violenti. Doveva essere semplice parlare di ultrà. Accostarlo, nell’opinione pubblica, alla piaga della violenza negli stadi. Si parlò di sassi nelle sue tasche. Di tasso alchemico elevato. Tutto ciò che in ogni caso l’agente Spaccarotella, a 30 metri di distanza, non poteva certamente vedere, oltre al fatto che una manciata di sassi, una probabile zuffa e un’ombrellata sulla macchina proprio non sembrano accostabili a un colpo di pistola che parte ad altezza uomo.

Chiamare Gabriele ultrà poteva prestarsi bene per metter su un buon alibi. Siamo abituati. Al G8 erano i temuti black block. Un epiteto felice che doveva giustificare la mattanza alla scuola Diaz. Ma il sangue sui muri, i racconti degli studenti accampati lì per la notte, le urla che si sentivano dalla stazione fecero pensare da subito a qualcosa di molto diverso. Anche quella sentenza, che ha assolto in pieno i vertici della Polizia e tanta parte degli imputati, assomiglia a tutte le altre. I testimoni sono quasi sempre inattendibili, se sul banco degli imputati c’è lo Stato. E per Gabriele suonava la stessa musica; il rito processuale è relativo, la sentenza è politica. Non importa se la vittima era colpevole o innocente, se correva o addirittura dormiva. Conta solo chi è il colpevole: se ha una divisa, non lo è per definizione. In nome del popolo italiano.

Il legale della famiglia Sandri, Michele Monaco, assicura che verrà fatto ricorso. Sei anni, che non verranno scontati mai, significano assolvere in toto l’agente Spaccarotella, ignorare l’uccisione di un innocente e nascondere il tragico dato, poco rassicurante per i comuni cittadini, che vede circolare in divisa ragazzi armati, facilmente stressabili dal loro lavoro che, comprensibilmente, potrebbero decidere di sparare a sproposito, magari in una direzione tale che non escluda che il colpo finisca per prendere qualcuno. Una banale rissa è sufficiente per far saltare i nervi.

Dice Spaccarotella di essere un cretino, non un pericoloso. Dice anche che vorrebbe rientare in servizio, evidentemente pensando che il cretino e il poliziotto siano sommabili. Forse pensa che questo sia il modo di ricevere un’assoluzione anche fuori dal tribunale. Nonostante gli inviti di Giorgio Sandri a non prestare il fianco al torto, a rimanere calmi, si respirà già l’aria di un autunno caldissimo. Quando la ricerca della giustizia si muoverà fuori dalla legge e dai tribunali e assisteremo, purtroppo, a partite di calcio trasformate in corride e a scene di poliziotti rambo che avremmo voluto rimanessero repertorio da cinema americano e null’altro. E invece no, oggi sappiamo che non c’è tormento, scandalo, reazione indignata dello Stato e della sua legge se un ragazzo muore così. Come è morto Gabriele.

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