di Mariavittoria Orsolato

Causa latenza imperitura dell’opinione pubblica, l’estate è considerata la miglior stagione per produrre porcellum legislativi e il nostro sempre caro e sempreverde Giulio Tremonti non tiene a smentire né sé stesso, né il suo governo: dato che non c’è due senza tre, arriva lo scudo fiscale riveduto e corretto. Sette commi, sei pagine all’interno del più ampio decreto anti-crisi e da quest’anno sarà possibile rimpatriare i capitali accumulati all’estero fino al 31 dicembre 2008, pagando una cifra ovviamente irrisoria. Sembra una delle famose televendite di Mediashopping, ma il condono fiscale - perché è di questo che in fondo si tratta - è stato approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso mercoledì, dopo il repulisti delle schifezze troppo palesi, da parte dei relatori Chiara Moroni e Maurizio Fugatti, rispettivamente Pdl e Lega Nord. Se infatti nella prima versione circolata in mattinata avrebbero beneficiato dello scudo anche i bancarottieri, i riciclatori, i ricettatori e gli impenitenti falsificatori di bilanci, ora quel minimo 5% di aliquota sui capitali illegalmente transitati all’estero non interesserà le situazioni di reato ad eccezione della dichiarazione infedele e dell’omessa dichiarazione. Ad una più attenta disamina si scoprirà però che proprio dietro questa limitazione si nasconde il proverbiale cavillo à la Ghedini: la dichiarazione infedele e l’omessa dichiarazione sono infatti operazioni che stanno alla base dei reati finanziari. Se ad esempio io voglio falsificare il mio bilancio aziendale in modo da sottrarne una bella fetta al fisco, depositandola altrove, scriverò ovviamente una cifra diversa rispetto a quella realmente computata, commettendo automaticamente reato di dichiarazione infedele, che in soldoni significa autocertificare il falso. Per l’omessa dichiarazione, idem con patate: se io voglio portare parte del mio capitale da riciclare in un conto offshore, è ovvio che dovrò omettere la provenienza di quei liquidi. Insomma, se le buone intenzioni dello scudo fiscale stavano proprio nella lotta allo strapotere occultante di centri finanziari come Montecarlo, il Lussemburgo e la Svizzera, queste devono essersi per forza annichilite davanti al colossale colpo di spugna approvato dal Cdm e dallo stesso Tremonti che, il 26 febbraio 2002, all’Ansa, dichiarò: “Nessun condono fiscale. Mai!”.

L’atto terzo dello scudo fiscale tremontiano arriva dopo quelli del 2001 e del 2003, nei quali il nostro Giulio era riuscito a riportare in patria solo 78 miliardi di Euro, con un guadagno per l’erario di 1,95 miliardi; praticamente un nonnulla. Questi due condoni avrebbero infatti ricondotto in Italia solo una minima parte del tesoro che si stima latitare oltre frontiera: secondo fonti attendibili, il sommerso italiano celato dietro al segreto bancario e ai conti cifrati, ammonterebbe all’esorbitante cifra di 550 miliardi di Euro, poco più di un terzo del debito pubblico nazionale.

Secondo le previsioni del Ministero dell’Economia, la manovra dovrebbe fruttare all’erario dai 3 ai 3,5 miliardi di euro ma, forse perché intimamente consapevoli del malcostume italiano, il gettito sulla carta è fissato a un Euro, sulla base di “assoluta imprevedibilità”. Se il trend si dimostrasse in linea con i precedenti condoni tributari, lo Stato ne ricaverà ben poco, ma regalerà ugualmente agli evasori quell’impunità da padroncini che tanto piace al popolo di berluscones e non, in quanto è ovvio che sfangare un accusa è appagante in modo bipartisan.

Se i risparmiatori nostrani avessero avuto un passaporto differente le cose avrebbero preso una piega diversa. E’ ormai noto che dopo le vicende americane, la comunità internazionale ha deciso di fronteggiare apertamente l’istituzione dei paradisi fiscali, gli Stati Uniti e la Ue si sono accodati all’Ocse in una battaglia per chiedere loro più collaborazione nel perseguire i reati fiscali e far cadere il segreto bancario, minacciando (forse per la prima volta) sanzioni reali a chi non avesse collaborato a garantire una maggiore trasparenza. Data la riluttanza di banche come la svizzera Ubs, alcuni paesi Ue sono ricorsi allo scudo fiscale ponendolo però su basi radicalmente diverse da quello nostrano: in Belgio la tassa è del 9%, mentre nella Germania della cancelliere Merkel gli evasori sono tenuti a versare il 25% del loro sommerso. Un altro mondo.

Se però credete che lo scudo fiscale sia l’unica pecca del ddl anti-crisi, dovreste leggere la parte che riguarda le pensioni. Prevedendo nel Dpef di quest’anno un collasso della previdenza sociale nel momento in cui arriveranno al pensionamento i figli del baby boom, il ministro ha inserito un emendamento per l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne del pubblico impiego: “E’ un atto dovuto, altrimenti le norme comunitarie prevedono una sanzione giornaliera per la Repubblica italiana”. Le norme comunitarie prevedono anche una sanzione giornaliera di 350.000 euro per aver deciso di tenerci in chiaro il faccione di Fede e i suoi deliri, che già da tempo dovrebbero stare sul satellite (almeno a quanto sentenziano dal 1999 le Corti italiane e dal 2006 anche la corte di Giustizia europea). Ma non ditelo a Tremonti, se non volete sentirvi dire che siete delle teste di cazzo.

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