di Rosa Ana De Santis

Dopo l’annuncio del pacchetto sicurezza consacrato in legge, il timore che le ronde diventassero appendici fuori controllo di certe frange violente era stato messo a tacere. La neutralità di rivendicazioni quali la difesa dei cittadini e l’incolumità delle donne doveva, nelle intenzioni del governo, normalizzare un tema bollente. Doveva trattarsi di cittadini ben equilibrati e solo devoti al bene comune. Dotati di divise e disarmati. Assolutamente inutili, ma scenografici. Una pillola di sedativo per l’allerta e la paura sociale di certe classi e di certe aree periferiche delle città. Le ronde di oggi sono invece quello che sono. Squadroni di esaltati trasformati in gendarmi. Sigilli e divise in odore di destra estrema. Ex poliziotti reclutati e giovani in ozio cresciuti a propaganda. Maroni più volte ha rassicurato, come se lui potesse rassicurare qualcuno. A conferma, invece, c’era stato il caso delle ronde d’ispirazione fascista. Aquile imperiali e nomi da milizia del ventennio come “la Guardia nazionale”. Poi il titolo ufficiale della non politicizzazione di questi aspiranti sceriffi. Una versione troppo ridotta all’osso e poco credibile. E’ la scelta del governo, che ha messo in campo la misura delle ronde, ad aver dato alle stesse una valenza politica e un ben precisa collocazione culturale.

Al tema della sicurezza nazionale, ammesso che vi fosse l’emergenza paventata, il governo ha risposto identificando negli stranieri il capro espiatorio e delegando ai privati, non alle istituzioni, la libertà di difendere e intervenire. E’ già questa una risposta politica ben precisa. Ed è una politichetta nazional-popolare, un misto volgare di populismo e regime che non si cura neppure di appartenere ad una precisa identità politica. Le sigle e gli acronimi contano davvero troppo poco.

Poi arriva la notizia degli scontri di Massa. L’editoriale di La Repubblica con le parole di Gad Lerner lancia un allarme di preoccupazione. Gli scontri tra presunte ronde rosse e ronde nere sembrano farci tornare alle piazze degli anni Settanta. Ma è davvero cosi’? Il mare tornerà agitato? Propaganda faziosa, risponde Cicchitto. Siamo all’alba di un'altra stagione di rivolte e scontri intestini, temono alcuni. Il furore dell’ebbrezza ideologica che ha trasportato allora, in un vento di protesta e di scontro, tanti giovanissimi, che ha disegnato nuove piazze e nuove fabbriche, scuole migliori e famiglie diverse è davvero tornato?

Nel frattempo la cronaca dell’accaduto si frammenta tra tanti titoli strani, mordicchiati da strategici non detti. Certo è che il caso di Massa diventa piuttosto emblematico e le prove generali sono sufficienti a smascherare le rassicurazioni del Ministro degli Interni, fondate sul rigoroso regolamento attuativo delle ronde, a vanificare ogni ipotesi di utilità dei parapoliziotti e a dimostrare che la forze dell’ordine avranno semmai lavoro supplementare e nessuna facilitazione.

Quanto al rischio forse anche un po’ poetico di ritornare alla stagione della rivolta, nessuna illusione: il seme di quella rivolta sociale e politica non torna. Il vento non è lo stesso. Oggi non funziona più la protesta condivisa, il gruppo e l’appartenenza. Oggi vince su tutto l’individuo utente, non quello che agisce. Ben collegato agli altri, ma mai insieme a loro.

Chi avvicina questi episodi alle piazze degli anni settanta avvicina il tema della paura e la china della violenza. Ma siamo lontani, lontanissimi e forse non per fortuna. Oggi mancano non le sponde ideologiche, ma le idee. La politica vivacchia in un recinto mediatico e la partecipazione è estinta, se non nelle forme scenografiche di ronde e simili. Le idee stanno appese sulle bandiere, sulle gambe non camminano più.

I “rossi” sono ridotti a frammenti nostalgici, incapaci della portata rivoluzionaria di allora. I neri sono solo più liberi di pubblicizzare la loro immondizia, coperti non più dai settori deviati dello Stato, ma dai livelli pubblici della politica e dei media che dello Stato hanno fatto strame. Il nemico interno è diventato ridicolo. Tutto sembra un po’ teatro, performance; niente sembra davvero reale. Anche solo per questo non siamo in quel bivio di trasformazione e passaggio che era allora. La destra è riciclata nelle ronde, la sinistra non morde più. La rabbia viene utilizzata e non è più repressa. La vittima è straniera. Fuori dal recinto di casa. E’ “la roba” il dio della cittadinanza passiva, consumatrice e guardiana dei propri beni.

A chi si domanda se le ronde debbano fare paura, la risposta è si. Perlomeno quelle di destra. Per il caos e il disorientamento che proietteranno sulle istituzioni, per la violenza vuota che genereranno. Il Fascismo resiste come categoria di violenza e discriminazione e, molto più semplicemente, come banale gioco del male. Il male autentico è la normalità silenziosa che accompagnerà questa banda di annoiati texani e i loro malcapitati. Il rumore di qualche scazzottata notturna non è il sale della rivoluzione.


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