di Mariavittoria Orsolato

Ci risiamo. Non pago di aver architettato una truffa ai danni dei terremotati con un G8 tanto costoso quanto inutile, probabilmente non del tutto soddisfatto dal maxicondono sdoganato dallo scudo fiscale, il Governo delle Libertà vigilate scampate fa un altro passo verso quella che sembra sempre più essere una democradura, varando un nuovo lodo nell’ormai zeppo Dl anti-crisi. Il nome in codice è Bernardo, dall’omonimo anonimo soldatino parlamentare scelto dal gregario avvocato Ghedini, che immaginiamo duramente provato e colpito nell’orgoglio da questo continuo e ingrato lavoro di ghost-writing. Il bersaglio del provvedimento è di nuovo la magistratura, in particolare la Corte dei Conti, quell’organismo che dal 1882 (su ispirazione dei più antichi tribunali romani delle quaestio perpetuae de peculatu) vigila sul corretto impiego del flusso di denaro pubblico e che, con la sue recenti inchieste, potrebbe mettere in imbarazzo - perché è questo il massimo che ci possiamo aspettare - più di una carica istituzionale. In breve, se il provvedimento passerà indenne all’esame delle due Camere il prossimo 3 agosto, la Corte dei Conti potrà aprire fascicoli d’indagine solo ed esclusivamente nei casi in cui ci sia “una specifica e precisa notizia di danno, qualora sia cagionato per dolo o colpa grave” e non il semplice sospetto che qualcosa - dal momento che si parla di conti - non torni. A segnalare l’inghippo è stato proprio il procuratore generale della Corte dei Conti, Furio Pasqualucci, che nei giorni scorsi ha scritto un’accorata lettera al presidente della Repubblica Napolitano nella quale smascherava le enormi limitazioni alle indagini contabili espresse nell’emendamento al decreto anti-crisi. Soprattutto puntualizzava come questo potesse inficiare indagini in pieno corso di svolgimento, come quella sul crack dell’azienda di trasporti pubblici genovese o quella sulle consulenze strapagate dal sindaco milanese Letizia Moratti.

Il problema come al solito sta tutto nella semantica: specificando che l’azione penale deve essere originata da una precisa e specifica notizia di danno si cerca di ripercorrere la strada già usata nel discusso disegno di legge sulle intercettazioni, ovvero prima accertare che il reato sia stato effettivamente consumato e poi procedere. E’ un po’ come la storia del famoso marito tradito che pur di fare un dispetto alla moglie si evirò: mettere una norma che, di fatto, facilita il peculato all’interno di un complesso procedurale volto a fronteggiare la crisi economica, è quantomeno paradossale, per non dire limpidamente autolesionista. Ma al tafazzismo siamo geneticamente abituati.

Certo è che il lodo Bernardo rappresenta l’ennesimo tassello nel piano di smantellamento della giurisdizione della magistratura, dopo la normalizzazione di quella ordinaria (che prevede di fatto uno svuotamento della funzione del pubblico ministero, trasferendo al Governo il potere di direttiva sulle indagini) e dopo la stretta sul disegno di legge a proposito di intercettazioni - previste ora solo in casi “forti indizi di colpevolezza” - il lodo (ormai sinonimo di scudo giudiziario) chiude il cerchio della supposta inviolabilità dei colletti bianchi. Insomma secondo il nostro Governo, la magistratura deve intervenire solo nei casi in cui palesemente non ne possa fare a meno, ossia quando il latte è già stato versato e le lacrime altrettanto.

Ma c’è di più. Nelle quindici righe dell’emendamento sono specificate anche le aree di competenza per le indagini della Corte dei Conti, che vengono ridotte a “uno degli organi previsti dall'articolo 114 della Costituzione o altro organismo di diritto pubblico". Il che significa strozzare la lista dei soggetti potenzialmente perseguibili, levando in un sol colpo le temibili municipalizzate che privatizzano i beni di prima necessità come l’acqua, gli enti mutualistici che drenano risorse a ai lavoratori, le tanto discusse quanto inutili comunità montane che sorgono come funghi anche a 25 metri sul livello del mare e la stessa Bankitalia, madre generosa e arrendevole di tutti gli scandali finanziari della penisola.

Com’è ovvio la disposizione prevede che “qualunque atto istruttorio processuale posto in essere in violazione di queste disposizioni alla data di entrata in vigore della legge, è nullo e la relativa nullità può essere fatta valere in ogni momento”, che tradotto in italiano corrisponde alla soppressione di tutti i processi in corso e all’avocabilità di quelli che si concluderanno, in nome della retroattività del provvedimento. Il diavolo, com’è noto, fa le pentole; in Italia però, anche i coperchi e lo scolapasta.

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