Il vertice NATO, inaugurato mercoledì a Bruxelles, rischia di chiudersi con un nuovo aggravamento delle divisioni tra le principali potenze occidentali sulla scia dell’esito del recente disastroso summit del G7, ospitato nel giugno scorso dal governo canadese. L’esempio più clamoroso delle tensioni esistenti tra alleati nominali è stato lo scontro verbale tra il governo americano e quello tedesco, iniziato dal presidente Trump ancora prima della sua partenza per l’Europa e intensificato all’arrivo nella capitale belga, dove è stato protagonista di un atteso faccia a faccia con la cancelliera Merkel.

Con le dimissioni improvvise di due importanti membri del suo gabinetto, il primo ministro britannico, Theresa May, ha visto indebolirsi ulteriormente la sua posizione proprio nel momento in cui il governo conservatore sembrava essere riuscito a formulare una politica coerente in merito alla gestione della “Brexit”.

 

La riunione dell’esecutivo nella giornata di martedì è stata probabilmente tra le più tese e delicate del mandato della May. Dopo l’uscita di scena del ministro per la “Brexit”, David Davis, e in seguito di quello degli Esteri, Boris Johnson, le voci di una possibile prossima sfida interna alla leadership del partito si sono infatti moltiplicate.

 

L’ennesimo fronte di crisi affrontato dal governo di Londra era stato aperto appunto con la lettera di dimissioni presentata da Davis al primo ministro nella serata di domenica. Quest’ultimo aveva manifestato la propria opposizione al piano della May, approvato venerdì dal gabinetto nella residenza di campagna del premier (Chequers), perché ritenuto troppo moderato e che, quindi, si sarebbe risolto in un’uscita solo “nominale”  e non di fatto della Gran Bretagna dall’Unione Europea.

La terza visita a Pyongyang del segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha fatto emergere nel fine settimana alcuni dei nodi chiaramente irrisolti del nascente processo di pace tra Corea del Nord e Stati Uniti, inaugurato con lo storico incontro tra Kim Jong-un e Donald Trump il 12 giugno scorso a Singapore.

 

Ciò che ha colpito è stata l’opposta lettura dell’esito della trasferta dell’ex numero uno della CIA da parte di quest’ultimo e delle autorità nordcoreane. “Produttivo e in buona fede” è stata la definizione data da Pompeo al vertice. “Deplorevole”, “preoccupante” e degno di un “gangster” è stato invece il giudizio nordcoreano sul comportamento del rappresentante dell’amministrazione Trump.

Secondo una recente rivelazione dell’agenzia di stampa Associated Press, sono - o, per lo meno, erano - in corso discussioni all’interno dell’amministrazione Trump attorno a un possibile intervento militare diretto da parte delle forze armate americane per risolvere a proprio favore lo scontro che li oppone da anni al Venezuela.

 

La notizia è stata presentata ufficialmente come un’idea improbabile che sarebbe passata per la mente del presidente USA, sia pure in più di un’occasione, prima di essere bocciata dai cosiddetti “adulti nella stanza”, cioè i principali rappresentati della fazione “moderata” del governo di Washington.

 

In realtà, l’ipotesi avanzata dietro le quinte da Trump sembra essere stata quanto meno oggetto di serio dibattito con i vertici militari e dell’intelligence degli Stati Uniti. I fatti raccontati dalla Associated Press risalgono a quasi un anno fa, ma la diffusione della notizia in concomitanza con la retorica nuovamente minacciosa nei confronti di Caracas, dopo le recenti elezioni presidenziali, conferma ancora una volta il rischio di possibili colpi di mano promossi da Washington nel paese sudamericano.

Lo scontro tra gli alleati della CDU e della CSU in Germania sulla questione degli immigrati, che rischiava di far crollare il governo di coalizione della Cancelliera Merkel, è almeno momentaneamente rientrato grazie a un accordo di compromesso raggiunto nella serata di lunedì tra i leader dei due partiti. L’accordo dovrebbe in teoria servire alle strategie elettorali dei cristiano-sociali bavaresi, ma, se questa ipotesi è fortemente in dubbio, quel che è certo è che esso darà nuovi argomenti alla destra xenofoba, aggravando nel contempo la situazione di migranti e rifugiati.

 


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