Il Parlamento nicaraguense, a grande maggioranza, ha votato un decreto di scioglimento per 5 diverse ONG nicaraguensi, accusate di aver svolto un ruolo di sostegno organizzativo e direzione politica nel tentativo del colpo di stato che ha insanguinato il Nicaragua dal 18 aprile fino al Luglio scorso.

 

Liberali e conservatori hanno votato contro accusando i sandinisti di operare una stretta antidemocratica, ma in realtà le decisioni del Parlamento nicaraguense sono state prese in ottemperanza alla legge 147 sulle ONG voluta nel 1992 proprio dal governo liberale e conservatore di Violeta Chamorro per disciplinare l’attività delle società che ricevono fondi internazionali. Dunque le proteste della destra risultano bizzarre, visto che quando sono al governo votano leggi che poi, quando vanno all’opposizione, non vogliono applicare.

La rivista americana Time ha scelto come “Persona dell’anno” 2018 un gruppo di giornalisti di varie nazionalità e una testata americana in segno di riconoscimento dell’importanza e dei pericoli della loro professione in un clima internazionale sempre più pericoloso e oppressivo.

 

Nell’articolo che ha accompagnato la notizia della decisione, la direzione del Time ha anche citato altri reporter costretti a fare i conti con governi autoritari. Tuttavia, la scelta è stata tutt’altro che imparziale o disinteressata, visto che ha deliberatamente tralasciato anche solo di nominare giornalisti perseguitati proprio dal governo degli Stati Uniti, a cominciare dal fondatore di WikiLeaks, Julian Assange.

A pochi mesi da un’elezione generale che appariva scontata fino a poco tempo fa, il partito nazionalista indù BJP al potere in India ha fatto segnare un pericoloso arretramento in almeno tre recenti consultazioni locali, i cui risultati sono stati resi noti questa settimana. Il primo ministro, Narendra Modi, deve essere in particolare preoccupato per il voltafaccia incassato dall’elettorato rurale, decisivo per il suo trionfo nel 2014 e oggi ugualmente cruciale per una possibile rinascita del Partito del Congresso all’opposizione.

Il primo ministro britannico, Theresa May, ha iniziato una serie di colloqui con i leader europei nella giornata di martedì che, nelle sue più rosee aspettative, dovrebbero garantirle qualche concessione in merito all’accordo già siglato con Bruxelles sulla Brexit, così da rimediare a una situazione interna quasi disperata per il governo conservatore. Il premier olandese, Mark Rutte, e la cancelliera tedesca, Angela Merkel, hanno espresso un generico sostegno alla premier, ma hanno escluso fermamente la possibilità di riaprire i negoziati con Londra.

L’arresto in Canada del direttore finanziario del colosso cinese delle telecomunicazioni, Huawei, ha avuto tutte le caratteristiche di un vero e proprio sequestro di persona orchestrato da Washington e minaccia di far saltare in maniera prematura una già fragilissima tregua sulle questioni commerciali e della proprietà intellettuale tra le prime due potenze economiche del pianeta.

 

In seguito al fermo nella città di Vancouver durante uno scalo per il Messico della manager Meng Wanzhou, figlia del fondatore e numero uno di Huawei, Ren Zhengfei, il ministero degli Esteri cinese ha nel fine settimana convocato gli ambasciatori di USA e Canada ai quali è stata espressa la “ferma protesta” del governo di Pechino. Tramite il vice-ministro degli Esteri, Le Yucheng, la Cina ha chiesto al Canada l’immediata scarcerazione della “chief financial officer” di Huawei, così come agli Stati Uniti di revocare la loro richiesta di arresto e di estradizione.


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