Le divisioni interne all’amministrazione Trump e l’ondata di repulsione suscitata dalla detenzione di minori separati dai loro genitori, entrati “clandestinamente” negli USA, stanno provocando una confusione totale nell’implementazione delle politiche migratorie da parte della Casa Bianca.

 

Il caos è alla base di decisioni e prese di posizione contraddittorie, le quali a loro volta si intrecciano ai calcoli e alle manovre della classe politica americana in previsione delle elezioni di “metà mandato” in programma nel mese di novembre.

 

I risultati delle elezioni presidenziali e parlamentari di domenica in Turchia hanno premiato ancora una volta il presidente Erdogan e la sua scommessa politica, sia pure disegnando un quadro generale complesso e, almeno in previsione futura, non troppo incoraggiante per il partito di governo (AKP). Tra accuse di brogli e incidenti vari segnalati in alcuni seggi, Erdogan è apparso ancora il leader politico più popolare del paese euro-asiatico, sul quale sarà ora in grado di governare con mano ancora più ferma grazie all’entrata in vigore delle riforme costituzionali approvate a maggioranza risicata nel referendum dello scorso anno.

 

E’ ripreso a Managua il dialogo nazionale, ovvero il tavolo del negoziato tra governo e opposizione con la “mediazione” della Conferenza Episcopale, che sebbene sia parte in causa diretta con il sostegno pieno all’opposizione, per comune convenienza viene investita del ruolo di arbitro. Insieme alla ripresa del dialogo, è tornata a Managua la delegazione della CIDH, la Commissione Interamericana per i diritti umani, per una ulteriore missione nell’ambito della partecipazione di entità internazionali in assistenza ai colloqui.

 

Pur con tutte le cautele del caso, il presidente americano Trump ha promesso questa settimana la creazione di un nuovo comando militare indipendente per le presenti e, soprattutto, future operazioni che gli Stati Uniti condurranno nello spazio. L’iniziativa non rappresenta esattamente una novità, visto che è al cento del dibattito di governi e vertici militari USA almeno fin dal progetto “Star Wars” dell’amministrazione Reagan, ma potrebbe trovare uno slancio decisivo nel quadro della crescente competizione con potenze come Russia e Cina.

Da un punto di vista logico, la presenza degli Stati Uniti nel consiglio ONU per i diritti umani (UNHRC) è sempre stata una gigantesca contraddizione in termini se si attribuisce a questo organo la promozione e la difesa di valori democratici umanitari. L’uscita di Washington dal consiglio, annunciata questa settimana dall’amministrazione Trump, non è però la presa d’atto del ruolo distruttivo e destabilizzante della prima potenza del pianeta, bensì una nuova conferma della colossale ipocrisia degli USA sul tema dei diritti umani e, una volta venuto meno il vincolo formale delle Nazioni Unite, il segnale di nuovi futuri crimini nella proiezione degli interessi di questo paese.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy