La decisione del dipartimento di Stato americano di aggiungere i Guardiani della Rivoluzione iraniani all’elenco delle organizzazioni terroristiche è un’iniziativa senza precedenti che ha suscitato interrogativi e perplessità anche tra molti degli accusatori di professione del governo di Teheran. Con questa mossa, Washington potrebbe infatti mettere in difficoltà e in pericolo sia i propri militari sia alcuni alleati in Medio Oriente, anche se, a ben vedere, essa si inserisce coerentemente nella rinnovata offensiva contro la Repubblica Islamica seguita all’insediamento del presidente Trump alla Casa Bianca.

 

 

Anche per i parametri statunitensi, il marchio del terrorismo assegnato a un corpo integrante di uno stato sovrano rappresenta un’azione particolarmente ignobile e di un’ipocrisia difficile da quantificare. La ragione ufficiale della designazione resa nota lunedì sarebbe il ruolo svolto dai “pasdaran” all’interno di uno stato che per il governo USA è il principale sponsor del terrorismo internazionale.

 

Anche senza dilungarsi sul merito di quest’ultima definizione, infinitamente più adatta agli Stati Uniti che all’Iran, le vere ragioni del provvedimento potrebbero essere molteplici, non da ultima quella di fare un nuovo regalo al primo ministro israeliano Netanyahu, impegnato in una delicata elezione nella giornata di martedì. Ciò che è necessario premettere è però il totale disinteresse mostrato ancora una volta dall’amministrazione Trump, da un lato, per la legittimità delle proprie azioni e, dall’altro, per le possibili conseguenze che esse rischiano di provocare.

 

Il corpo della Guardia rivoluzionaria era stato creato subito dopo il rovesciamento dello shah nel 1979. A farne parte erano alcune formazioni paramilitari fedeli al nuovo governo e, come suggerisce il nome, avevano il compito di difendere le conquiste della rivoluzione, dal momento che l’esercito regolare poteva conservare simpatie per il vecchio regime. In tempo di pace, i Guardiani contano 125 mila uomini e hanno una struttura simile alle forze armate, con una divisone di terra, una navale e una aerospaziale, mentre una brigata di forze speciali altamente addestrate (“Quds”) opera esclusivamente all’estero.

 

I Guardiani sono diventati oggi una potenza non solo militare, ma anche economica, visto che controllano numerose imprese in vari settori. Soprattutto per questo motivo, la decisione americana di questa settimana sembrerebbe volere interrompere o prevenire qualsiasi rapporto di carattere economico o finanziario tra le attività gestite dai Guardiani della Rivoluzione e possibili partner stranieri.

 

Il pensiero in questo caso va subito all’Europa, rifiutatasi di seguire l’esempio degli Stati Uniti, usciti unilateralmente dall’accordo sul nucleare iraniano (JCPOA) nel 2018. Sui Guardiani pesano tuttavia da anni sanzioni americane, così che, fermo restando l’innegabile valore simbolico della nuova designazione, l’interesse occidentale a fare affari con questi ultimi era praticamente già pari allo zero.

 

L’inserimento dei Guardiani della Rivoluzione iraniani nella lista nera del terrorismo è con ogni probabilità un’iniziativa del segretario di Stato americano, Mike Pompeo, e del consigliere per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, John Bolton. Entrambi fautori di una linea durissima in politica estera, Pompeo e Bolton si sono nuovamente imposti nonostante le obiezioni, riportare dalla stampa USA, della CIA e del Pentagono.

 

I vertici militari americani si erano probabilmente opposti all’iniziativa perché essa rischia seriamente di innescare un conflitto armato tra Stati Uniti e Iran in Medio Oriente. Teheran ha infatti subito risposto dichiarando il governo di Washington come sponsor del terrorismo e il Comando Centrale americano, responsabile delle operazioni militari nella regione, come organizzazione terrorista.

 

La designazione reciproca aumenta perciò inevitabilmente il pericolo di uno scontro o di un qualche episodio che possa portare a una conflagrazione più ampia. In particolare, l’identificazione di una qualsiasi entità come terroristica da parte americana comporta un allentamento delle restrizioni imposte a eventuali iniziative militari.

 

Proprio l’aspetto bellico è forse alla base della decisione dell’amministrazione Trump. Essa serve cioè a facilitare un possibile attacco militare USA ad esempio contro le postazioni dei Guardiani della Rivoluzione in Siria o, per lo meno, a esercitare pressioni sul governo di Teheran e i suoi alleati affinché il contingente iraniano abbandoni questo paese.

 

Un altro fattore va poi tenuto presente e inserito in un contesto più ampio. A spiegarlo è, tra gli altri, il politologo iraniano residente negli Stati Uniti, Trita Parsi, per il quale il provvedimento “chiude un’altra porta che avrebbe potuto potenzialmente portare alla risoluzione pacifica delle tensioni con l’Iran. Una volta chiuse tutte le porte, la diplomazia diventa impossibile e la guerra di fatto inevitabile”.

 

In questa fase, l’inclusione dei Guardiani tra le organizzazioni terroriste è utile quindi per avvelenare ancora di più le relazioni bilaterali tra USA e Iran, spingendo fino agli estremi la politica della “massima pressione” promossa dai falchi di Washington, già impegnati a cercare di azzerare le esportazioni di petrolio estratto dalla Repubblica Islamica.

 

Un’altra motivazione sembra essere poi quella di fare pressioni su paesi come Libano o, soprattutto, Iraq che continuano a intrattenere stretti rapporti con Teheran pur essendo alleati o partner strategici degli Stati Uniti. Per quanto riguarda l’Iraq, la questione risulta particolarmente delicata, poiché le influenti milizie sciite di questo paese, impegnate ad esempio nella battaglia contro lo Stato Islamico (ISIS), sono collegate direttamente ai Guardiani della Rivoluzione iraniani. Lo stesso discorso vale per Hezbollah in Libano, mentre, sempre per l’Iraq, saranno da valutare le possibili conseguenze in ambito economico, visti gli interessi degli stessi Guardiani in settori come quello energetico, a cui l’Iraq guarda per soddisfare il proprio fabbisogno interno di elettricità.

 

Se l’intenzione di Washington è quella di convincere Baghdad o Beirut a fare una scelta di campo, non è detto che essa sia a favore degli Stati Uniti. Anzi, iniziative simili minacciano di alimentare il sentimento anti-americano, con conseguenze inaspettate che potrebbero andare dagli attacchi contro i militari USA nella regione alle richieste di evacuare i soldati presenti sui territori di questi paesi.

 

Da non trascurare è anche il coinvolgimento dei Guardiani della Rivoluzione nel programma missilistico iraniano in rapida espansione. Gli Stati Uniti e altri paesi occidentali insistono da tempo sulla presunta illegalità dei piani di Teheran in questo ambito, non tanto perché essi costituiscano una minaccia nei loro confronti quanto piuttosto per la capacità della Repubblica Islamica di difendersi in modo efficace da possibili aggressioni militari. La trasformazione dei Guardiani in un’organizzazione terroristica potrebbe così facilitare, almeno a livello teorico, eventuali futuri bombardamenti contro le installazioni missilistiche iraniane.

 

La delibera del dipartimento di Stato americano è infine anche un messaggio diretto contro Russia e Cina, vale a dire le due potenze internazionali maggiormente legate all’Iran, sia sul piano strategico-militare che economico-energetico. Anche in questo caso, tuttavia, i risultati per Washington potrebbero essere contrari a quelli sperati, lasciando in definitiva come unica strada percorribile quella del confronto e, di conseguenza, il rafforzamento di una pericolosa quanto imprevedibile opzione militare per cercare di contrastare l’avanzata dei propri rivali su scala regionale e internazionale.

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