di Fabrizio Casari

Il motivetto è sempre lo stesso. Pensioni, sanità, istruzione, insomma il welfare. Quando s'avvicina la discussione sulla legge finanziaria nelle aule parlamentari, alcune parole, alcune facce e alcune scelte sembrano riproporsi ciclicamente, anno dopo anno, come fosse un tormentone teatrale. Vale soprattutto per chi propone le cifre, alte o basse che siano. Quest'anno va particolarmente di moda l'entità. Sì, l'entità della manovra che, ovvio, costituisce già di per sé un indicatore chiaro della sua natura, in assenza di smarcamenti netti dalle politiche sin qui seguite.

di Daniele John Angrisani

Come ogni settembre, prima della presentazione della finanziaria da parte del governo, si parla tanto e spesso a sproposito di finanza pubblica e della necessità, definita come sempre obbligata, di tenere sotto controllo i conti pubblici. Anche questa volta il problema politico riguarda principalmente l'entità della manovra finanziaria che dovrà essere messa in atto per risanare i conti pubblici e la possibilità o meno che la riforma delle pensioni sia inserita all'interno della manovra di bilancio. L'ala sinistra della coalizione di governo ritiene infatti che si possa fare una "manovra leggera", minore dunque dei 30 miliardi di euro originariamente previsti, e soprattutto che si possa stralciare la riforma delle pensioni dalla finanziaria medesima, per poi discuterne eventualmente a parte.

di Marco Dugini

C'è una terza via nell'acceso dibattito sulla Finanziaria 2006, tra "rigoristi" e "spalmisti", secondo la discutibile moda lessicale di questi tempi: é "l'appello degli economisti: non abbattere il debito, ma stabilizzarlo e rilanciare il Paese".
Il sito dell'appello, ben curato, ci dice molto delle tante adesioni, felice corollario di un percorso passato per il convegno "Rive Gauche" del 2005, quando ancora la Cdl era al potere e ci si metteva per l'avanti nel delineare una valida e chiara alternativa in politica economica, giunta infine all'odierno appello.
Nel corso del tempo si sono aggiunti per strada svariati altri economisti (in tutto una settantina), in gran parte provenienti dalle file degli economisti radical, la cui piattaforma ha rilanciato qualche giorno fa il sottosegretario allo sviluppo economico Alfonso Gianni, in un'intervista al Giornale.

di Carlo Benedetti

MOSCA. Dalla Russia sono "usciti", nel corso del 2005, oltre 74 miliardi di dollari. La "fuga" è costante e si accompagna alla crisi economica interna. I dati sono impressionanti. Risulta (lo riferisce la stampa più qualificata) che a partire dai primi anni del crollo dell'Urss il capitale esportato all'estero raggiungeva circa 300 miliardi di dollari. E se si aggiungono le cifre degli anni successivi si arriva a ad altri 143 miliardi di dollari. Il totale è a livelli astronomici. Perchè nel peridodo post sovietico - quello caratterizzato dalle "riforme sociali" - il paese ha perso (ufficialmente) circa 500 miliardi di dollari. Ma gli esperti del mondo finanziario presentano già nuovi conteggi. Dicono che si è passati da 800 miliardi ad un trilione di dollari.

di Alessandro Iacuelli

In piena estate, la Russia effettua un altro passaggio fondamentale per la politica energetica del proprio futuro. Dopo pochi giorni dall’annuncio dell’avvenuto accordo con la Sonatrach, azienda statale algerina e principale fornitrice di metano di tutti i Paesi del sud Europa, il Cremlino fa sapere che Gazprom provvederà alla fornitura di 24,5 miliardi di metri cubi di gas naturale all’Ucraina, al ritmo di 130 milioni di metri cubi al giorno. Si tratta in pratica di una “tregua” nella guerra del gas iniziata tra Mosca e Kiev lo scorso inverno. Vista l’alta dipendenza di numerosi Paesi europei dalla fonti di metano russe, tale accordo era necessario sia per diversificare le vie di approvvigionamento dell’Europa, usando anche i gasdotti in transito per l’Ucraina, che per rilanciare una politica energetica più responsabile verso i propri clienti, ma anche più aggressiva. Alcuni analisti si sono affrettati a definire l’accordo Gazprom-Sonatrach come una nuova “Opec” del gas.


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