di Alessandro Iacuelli


Dopo la grande bolla speculativa riguardante Internet e, più in generale, l’informatica e le telecomunicazioni, che ha attraversato l’Italia negli anni scorsi, ecco giungere pesantemente la crisi industriale e commerciale anche nel settore delle nuove tecnologie. Settore delicato, perché composto essenzialmente da lavoratori giovani, troppo giovani per pensare ad un prepensionamento, fortemente specializzati e spesso precari. Desta infatti molta preoccupazione il fatto che Esprinet, azienda con sede a Nova Milanese che opera nella distribuzione all’ingrosso di informatica ed elettronica di consumo, ha annunciato alle organizzazione sindacali che ci sono 30 lavoratori in esubero. Non è affatto un caso isolato. Salta semmai all’occhio che questo “esubero” di forza lavoro nasce subito dopo l’acquisizione, da parte di Esprinet, di Actebis, altra azienda di distribuzione. Per chi non è “addetto ai lavori” potrebbe infatti apparire un po’ strano che un azienda in grado di acquisirne altre vada in crisi occupazionale.

di Liliana Adamo

Diciamocelo francamente: se il ministro Pecoraro Scanio pone al centro della dibattuta manovra economica i 600 milioni d’euro come primo rimedio per diminuire le emissioni di gas serra,oltre che una rinnovata prassi legislativa per recuperare la situazione drammatica del nostro paese in materia di politiche ambientali, allora arriviamo a credergli quando dichiara (su Il Riformista) “che bisogna pensare al Protocollo di Kyoto come alla nostra nuova Maastricht”. Sul serio, se questo governo dimostrasse un’assunzione di responsabilità al rispetto dei limiti sulle emissioni d’anidride carbonica, con uguale ostinazione mostrata al rapporto tra deficit e Pil, sotto la soglia del 3%, si tasterebbe il polso ad una causa altrettanto vitale, varrebbe a dire: abbiamo fatto la finanziaria per “Maastricht”, adesso facciamo la finanziaria per “Kyoto”, o meglio, per citare tout court il ministro all’Ambiente, “la finanziaria del clima”.

di Alessandro Iacuelli

In un'intervista al settimanale L'Espresso, Aleksandr Medvedev, vicepresidente di Gazprom, annuncia l'arrivo del colosso russo sul mercato italiano al dettaglio a partire dal 1 aprile 2007. Arrivare sul mercato al dettaglio significa che non si tratta di forniture da Gazprom verso gli operatori di mercato italiani, ma di forniture destinate direttamente all'utente finale, alle nostre case. Con tanto di bollette. Si tratterà all'inizio solo di 100 milioni di metri cubi su 3,5 miliardi previsti. Una quantità minima quindi, poiché l'Italia consuma 76 miliardi di metri cubi di metano all'anno, ma è certamente il primo passo verso la conquista del mercato finale. Arrivare a vendere all'utente finale è l'idea fissa della Gazprom già da molti anni: il gigante del gas, il cui pacchetto azionario è in larga maggioranza detenuto direttamente dal Cremlino, è divenuto nel tempo uno strumento politico internazionale del presidente Putin.

di Giovanna Pavani

Ottantaquattro provvedimenti diversi, un lenzuolo di disegno di legge di settantaquatro pagine e un decreto altrettanto corposo che certo non cambieranno l'Italia ma, almeno, ci aiuteranno a vivere un po' meglio. Potrebbe essere riassunta in questo modo la fase 2 delle liberalizzazioni a firma di Pierluigi Bersani, che segna anche l'inizio del nuovo corso del governo Prodi, nonostante una cospicua parte della stessa maggioranza, a partire da Rutelli, avrebbe preferito meno timidezze e un più robusto afflato riformista. Però si cominciano a incidere piaghe importanti, soprattutto dal punto di vista dei consumatori, risolvendo qualche inutile complicazione e facendo risparmiare - che non fa mai male - perfino qualche centesimo in più. Si dovesse esprimere un primo giudizio sul pacchetto di liberalizzazioni (che, comunque, dovrà essere esaminato nel tempo con maggior cura e nei dettagli) si potrebbe affermare che questa maggioranza ha svolto un ampio giro di orizzonte ed ha focalizzato la propria impronta riformatrice a partire dal basso, dalle piccole cose, quelle che sembrano contare poco per i grandi analisti finanziari ma che, nel concreto, sono quelle che contano per i cittadini, specie i meno abbienti. Qualcosa di sinistra, insomma. Timida, per carità, ma con i tempi che corrono senz'altro benvenuta.

di Cinzia Frassi

Poco tempo è passato dall’empasse della finanziaria. In un primo momento il governo Prodi sembrava in bilico davanti all’evidente difficoltà di riuscire a far digerire agli italiani l’ennesima tornata di “sacrifici” in nome del bene del Paese; d'altra parte una legge di bilancio che si impone di rastrellare circa 35 miliardi di euro è una bella batosta. Eppure il governo del Professore ha tenuto e il Prodi si è mostrato sorridente e soddisfatto dei risultati, quasi come se la voragine in cui fino a poco tempo prima sembravano sprofondare i conti pubblici si fosse colmata improvvisamente. Non a caso lo stesso Presidente del Consiglio, poco prima di festeggiare capodanno, aveva dichiarato che si trattava di “una manovra forte che tocca molti aspetti della vita di tutti, che non poteva non portare a incomprensioni”, ma che, tuttavia, avrebbe portato “l'Italia al centro della scena europea”.


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