di Giuseppe Zaccagni

L’Eni ha vinto la gara per agganciarsi alla russa Yukos. E così, con l’acquisizione di quella società in fallimento, il colosso italiano Enineftegaz – dalla sua sede romana dell’Eur - si aggiudica, con l’Enel, una fetta importante del petrolio e del gas russo. Nell’operazione c’è soprattutto lo zampino di Putin, ma ci sono anche la benedizione di Prodi (celebrata nella recente visita italiana del presidente russo) e il compiacimento del ministro Bersani in questa nuova operazione finanziaria che segna una svolta in Italia e in Europa. Tutto è avvenuto con una serie di mosse-lampo (con gli esperti di Eni ed Enel guidati da Marco Alvera, un manager laureato in “Philosophy and Economics” alla “The London School of Economics and Political Science”) che hanno sbaragliato il colosso russo Rosneft che si era presentato a sorpresa alla gara. Si dice che il prezzo dell’intera operazione è stato di 151.536 miliardi di rubli, circa 4.4 miliardi di euro. Tutto questo perché il lotto in asta comprendeva il 20% delle azioni di Gazpromneft, il braccio petrolifero il cui pacchetto di controllo è in mano al gigante energetico Gazprom (emanazione economica del potere attuale russo), i pacchetti di controllo delle filiali di Yukos Arktikgaz e Urengoil e azioni di altre 19 aziende del settore energetico.

di Giovanni Gnazzi

Siamo membri del G8, fondatori della Ue, celebratori del Pil a tempo indeterminato, tifosi entusiasti del “made in Italy”. Esportiamo “peace keeping” e democrazia, ma non siamo una nazione: siamo un caravanserraglio. Succede così che a danzare nel piatto del nostro scombinato paese si divertono in molti, è cosa nota. Perché solo una “Repubblica di Franceschiello” può permettersi il lusso e la vergogna di cedere a stranieri una azienda strategica come quella delle telecomunicazioni. Le telecomunicazioni, come l’energia e i trasporti, sono alcune delle imprese su cui poggia il sistema-paese, strategiche dunque. Ma stavolta, a ricordarci il nanismo politico di cui patiamo, tocca a statunitensi e messicani, che hanno presentato una offerta per rilevare i due terzi di Olimpia, la finanziaria di Tronchetti Provera che detiene il controllo di Telecom Italia. La “AT&T” statunitense e la “America Movil” sono pronti a sborsare 2,82 Euro ad azione per prendersi Olimpia, con ciò indicando una speculazione colossale alle viste, dato che l’offerta è decisamente al di sopra del valore reale sul mercato azionario.

di Giovanna Pavani

Chiamarlo “colpo d’ala” è senza dubbio eccessivo. Ma chi credeva che alla caduta del governo sarebbe corrisposta anche la fine della strategia indicata da Padoa Schioppa per raggiungere, nei tempi previsti, la cessione di Alitalia, è rimasto senza dubbio sorpreso. Ma non del tutto sollevato. Proprio nei momenti di maggiore fibrillazione della crisi di governo, sui tavoli delle cinque compagnie aspiranti acquirenti del vettore italiano è piovuto un documento di 22 pagine nelle quali sono elencate le condizioni poste dall’attuale azionista di maggioranza per l’avvio della trattativa. Un punto su tutti sembra essere imprescindibile: Alitalia dovrà restare italiana per almeno altri otto anni. Logo, marchio e sede non si toccano. Nessuna indicazione, invece, sul mantenimento dei livelli occupazionali, fatto che ha già messo in allarme il fronte sindacale.

di Alessandro Iacuelli

Enel amplia l’impianto nucleare slovacco di Mochovce. Lo dichiarano l’amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, e il primo ministro della Repubblica Slovacca, Robert Fico, in una nota congiunta. L’accordo riguarda la costruzione del terzo e quarto gruppo dell’impianto nucleare di Mochovce. In particolare, “Slovenske Elektrarne”, di cui Enel ha acquisito nell’aprile 2006 il 66% del pacchetto azionario, si è impegnata negli ultimi mesi ad accelerare la raccolta di tutti i dati necessari per una valutazione dettagliata e complessiva del progetto. Su questa base, la società slovacca controllata da Enel avvierà i lavori di costruzione dell'impianto, in modo tale da anticipare la data del completamento delle due unità. L’investimento totale previsto è di 2,23 miliardi di dollari.

di Alessandro Iacuelli


Dopo la grande bolla speculativa riguardante Internet e, più in generale, l’informatica e le telecomunicazioni, che ha attraversato l’Italia negli anni scorsi, ecco giungere pesantemente la crisi industriale e commerciale anche nel settore delle nuove tecnologie. Settore delicato, perché composto essenzialmente da lavoratori giovani, troppo giovani per pensare ad un prepensionamento, fortemente specializzati e spesso precari. Desta infatti molta preoccupazione il fatto che Esprinet, azienda con sede a Nova Milanese che opera nella distribuzione all’ingrosso di informatica ed elettronica di consumo, ha annunciato alle organizzazione sindacali che ci sono 30 lavoratori in esubero. Non è affatto un caso isolato. Salta semmai all’occhio che questo “esubero” di forza lavoro nasce subito dopo l’acquisizione, da parte di Esprinet, di Actebis, altra azienda di distribuzione. Per chi non è “addetto ai lavori” potrebbe infatti apparire un po’ strano che un azienda in grado di acquisirne altre vada in crisi occupazionale.


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