di Cinzia Frassi

Una vendita sui generis quella di Alitalia. Pochi giorni fa il consiglio di amministrazione della compagnia aerea, guidato da Maurizio Prato, ha preso la sua decisione: trattare in esclusiva la vendita della compagnia di bandiera con Air France-Klm. Nel veloce count down verso il fallimento della compagnia dai colori nostrani, arriva la proposta della compagnia franco olandese che, in base alla nota del CdA di Alitalia, “offre ad Alitalia, nell’attuale stato di forte criticità della situazione aziendale, anche riguardo al processo attuativo del piano di transizione-sopravvivenza, la soluzione appropriata per la salvaguardia del complessivo patrimonio dell’azienda”. La privatizzazione di Alitalia è un capitolo apertosi un anno fa circa, con la decisione del Consiglio dei ministri di cedere la fetta di torta del 49,9% della compagnia. Da allora nulla di fatto: la gara aperta a febbraio di quest’anno finisce con il ritiro delle offerte di MatlinPatterson e Air One. Così, mentre giovedi scorso il presidente del Consiglio Romano Prodi stringeva la mano al presidente francese Nicolas Sarkozy, il futuro di Alitalia pareva già delinearsi all’orizzonte. Sul piatto del Tesoro, dopo la decisione del consiglio Alitalia, l’offerta di Air France, una compagnia capofila in Europa e tra le piu solide nel mondo con i suoi 23 miliardi di fatturato.

di Fabio Bartolini

Circa duecento attivisti appartenenti all’associazione Greenpeace hanno bloccato la settimana scorsa gli ingressi dell’edificio che ospita il Consiglio europeo, dove si doveva svolgere un incontro dei ministri europei per la pesca e l’agricoltura per discutere delle quote massime previste per l’anno 2008 per lo sfruttamento delle risorse ittiche marittime da parte dei paesi dell’unione europea. Gli attivisti hanno improvvisato, armati di cazzuola, un muro su cui e stato appeso uno striscione recante le parole “chiuso fino a quando gli stock di pesce si ripopolano”. I manifestanti si sono poi seduti davanti al muro opponendo resistenza allo spostamento forzato messo in atto dalle forze dell’ordine accorse in numero elevato. La protesta di Greenpeace porta in risalto il problema mai risolto dell’eccessivo sfruttamento delle risorse ittiche da parte dell’uomo che sta conducendo ad un collasso dell’ecosistema marittimo in tutto il mondo con il conseguente rischio d’estinzione per molte specie marine.

di Ilvio Pannullo

Ci avevano fatto credere che questa sarebbe stata l'età dell'oro. Ci avevano promesso ricchezza e felicità per tutti: un futuro dove il costo del denaro si sarebbe mantenuto basso e dove i prezzi dei beni al consumo, grazie alla globalizzazione e all'allargamento dei mercati, sarebbero crollati. Ci stiamo, tuttavia, accorgendo che la situazione non è come ce l'avevano descritta e che qualcuno ci ha mentito. Recentemente hanno iniziato a diffondersi notizie alternative circa il futuro che aspetta l'uomo su questo nostro pianeta, l'unico – è bene ricordarlo - che abbiamo. Alternative semplicemente perché difformi da quella omogenea moltitudine di informazioni da cui quotidianamente veniamo bombardati. Grazie anche all'enorme successo del film-documentario “Una scomoda verità”, firmato dal discutibilissimo Al Gore e dal regista Davis Guggenheim, una moltitudine di persone, prima impensabile, ha preso coscienza del pessimo stato e della pessima prospettiva in cui, ad oggi, si trova l'intera umanità. Quello che, tuttavia, sfugge al grande pubblico è che la situazione è di gran lunga peggiore rispetto a come viene descritta.

di Laura Bruzzaniti

La finanziaria 2008 in una parola? Deludente. Questo il giudizio sintetico di Sbilanciamoci!, la campagna che raccoglie quarantasette organizzazioni della società civile impegnate a promuovere un’economia giusta. Il giudizio è affidato ad un documento di sessantacinque pagine presentato a Roma e che, dopo l’esame punto per punto dei provvedimenti della finanziaria, descrive la “Controfinanziaria” 2008, cioé la finanziaria che poteva essere e non è stata. La manovra del governo è deludente, dice Sbilanciamoci!, perché legata ad un vecchio modello di sviluppo e perché incapace di progettare futuro. Ancora più deludente perché questa volta, a differenza degli anni scorsi, le condizioni per una finanziaria diversa c’erano – risanamento, crescita dell’economia, maggiori entrate fiscali - e invece non si è colta l’occasione per affrontare in modo incisivo i problemi sociali e ambientali del Paese. Certo, qualcosa di buono in finanziaria c’è. Tanto per cominciare non si tagliano risorse agli enti locali, alla sanità e alle politiche sociali e questo già è un segnale importante. Poi ci sono alcuni provvedimenti che vanno nella giusta direzione: le misure per la casa per esempio (programma straordinario di edilizia residenziale, agevolazioni fiscali fino a 300 euro per gli affitti per redditi fino a 15.000 euro) e poi le risorse per i redditi bassi, le agevolazioni per le energie rinnovabili, i fondi per la cooperazione allo sviluppo.

di mazzetta

Non poteva essere più esplicito e più completo il fallimento dell’operazione che mirava al trasferimento del TFR dei lavoratori dipendenti ai fondi d’investimento. Su dodici milioni e mezzo di lavoratori interessati, nei primi sei mesi dell’anno solo il 5% ha deciso di mettere il proprio TFR nei fondi chiusi e solo il 2.5% nelle altre forme pensionistiche previste dalla nuova normativa. A fornire il dato è stata qualche giorno fa la Covip (commissione di vigilanza sui fondi pensione), dati che sono stati accolti da un fragoroso silenzio. Dopo anni di lavoro per dirottare verso la finanza il trattamento di fine rapporto dei lavoratori dipendenti, dopo mesi e mesi di pubblicità tambureggiante ai nuovi “strumenti” pensionistici, meno di un lavoratore su tredici è stato convinto ad abbracciare la splendida opportunità che tanti soggetti si sono dannati per offrirgli. Diffidenza verso una finanza troppo creativa per essere ritenuta degna di fede, anche quando l’investimento sia più sicuro per effetto delle tutele offerte dalla legge, scarsa fiducia nell’affidare il proprio denaro a soggetti creati ad hoc, scarsa dimestichezza con strumenti finanziari poco trasparenti, ma anche una sana diffidenza verso sindacati in crisi di credibilità, hanno determinato una vera e propria Caporetto per i sostenitori della pensione fai-da-te.


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