di Mario Braconi

Tempi duri per le compagnie aeree di tutto il mondo, disastrate dagli irragionevoli costi del petrolio (cresciuti quasi del 50% in un anno) e i prodromi di una recessione globale, che sta influendo negativamente sulle aspettative dei consumatori. Quando British Airways si presenta dai suoi azionisti con un bilancio trimestrale in calo del 90% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, è chiaro quanto grave sia il problema: non si tratta più di impedire l’erosione dei margini di profitto; i vettori globali, oggi, devono lottare per la loro stessa sopravvivenza. In molti paesi, Italia a parte, si tende ad affrontare i problemi con una miscela di pragmatismo e spregiudicatezza. Per allontanare lo spettro di fallimenti disastrosi, i governi stanno dando la loro sentita benedizione alle varie fusioni che si presentano, anche se esse sono indubbiamente discutibili dal punto di vista antitrust: ad aprile Delta e Northwest, rispettivamente il terzo e il quinto vettore USA, dopo un periodo di commissariamento dovuto ai conti in rosso, hanno deciso di unirsi in matrimonio. Il Governo austriaco sta pensando seriamente di disfarsi del suo 43% di Austrian Airlines per cederlo a Lufthansa; si parla della possibile privatizzazione della JAT, compagnia di bandiera serba.

di mazzetta

Mai come nell'anno appena trascorso si è sentito dire che c'è poco petrolio e che è destinato ad esaurirsi; quest'ultima affermazione in particolare va presa e maneggiata con attenzione e circospezione estrema. Il petrolio non finirà tanto presto. L'affermazione corretta è che siamo giunti al punto in cui la produzione del petrolio non può soddisfare una domanda esuberante e in crescita esponenziale, ma questo significa che ai tassi di produzione attuale le estrazioni potrebbero continuare per oltre un secolo. Trattandosi di un fenomeno globale, ha poco senso salutare il calo dei consumi di idrocarburi nei paesi avanzati, principalmente dovuto ai feroci aumenti di prezzo. A prima vista si potrebbe gioirne, posto che significherebbe una drastica riduzione delle emissioni di Co2 ed altri inquinanti nella biosfera, se non fosse che tutto il petrolio prodotto viene comunque bruciato, poco importa se in Europa o in Cina.

di Mario Braconi

Secondo il professor Nouriel Roubini, la devastante crisi finanziaria che, associata a quella economica, minaccia di mettere in ginocchio interi continenti e di modificare per sempre il nostro modo di vivere, ha cause precise che possono essere sinteticamente elencate: un modello di business basato sul cosiddetto “originate and distribute” (“creare [prodotti finanziari complessi] per poi rivenderli immediatamente a qualcun altro - ossia la versione di lusso del gioco del cerino acceso); il fatto che la gran parte dell’intermediazione finanziaria dei prodotti potenzialmente “tossici” transiti ormai attraverso un sistema finanziario parallelo - ad esempio broker, hedge fund, “veicoli” speciali e via dicendo - non soggetto (come le banche) a regolamentazione pubblica; un tipo di regolamentazione incline a far leva su autodisciplina e standard di mercato più che su obblighi di legge; la scarsa capacità delle attuali pratiche contabili a valutare e gestire crisi di liquidità; i conflitti di interesse in cui sono incorse le agenzie di rating facendo gran parte dei loro profitti valutando prodotti finanziari infarciti di derivati complessi ed “esotici”.

di Ilvio Pannullo

Finalmente la crisi dei mutui subprime negli Stati Uniti sta per arrivare nelle aule dei tribunali. Il 19 giugno scorso, assumendo le proporzioni di una vera e propria retata su Wall Street, centinaia di persone sono state arrestate nel corso di un'operazione della polizia federale americana. Le prime due vittime sono due ex manager di Bear Stearns, la banca d’investimenti che appena tre mesi fa fu salvata dal fallimento dalla Federal Reserve e dalla potentissima JP Morgan, nonostante i problemi dell’istituto esplosero, ben prima, alla metà del 2007 scatenati dalla crisi del credito e dei mutui. I due colletti bianchi, Ralph Ciotti e Matthew Tannin, manager di hedge fund falliti che facevano capo a Bear Stearns, sono stati prelevati dalle rispettive abitazioni a Manhattan e nel New Jersey e ora si trovano a dover rispondere davanti alle autorità del fallimento dei fondi speculativi che hanno acceso la miccia della crisi subprime.

di Alessandro Iacuelli

All'assemblea annuale dell'Unione Petrolifera non si poteva certo evitare di parlare e sparlare della cosiddetta "Robin Hood Tax". Quel che è certo è che i petrolieri hanno ricevuto il sostegno non solo formale, ma anche politico, da parte del presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia: "Siamo contrari a ogni forma di aumento della tassazione in un Paese che ha le tasse più alte d'Europa", ha detto Marcegaglia nel suo intervento in assemblea, "a maggior ragione lo siamo per un settore assolutamente strategico. Il modo migliore per trovare una soluzione è sedersi attorno a un tavolo". L'Italia spenderà 13 miliardi in più per importare greggio, dichiarato il presidente dell'Unione Pasquale De Vita nel corso dello stesso incontro: "Se le tendenze di prezzo e di cambio dovessero confermarsi", nel 2008 la bolletta petrolifera "potrebbe oscillare tra i 34 e i 44 miliardi di euro, oltre 13 miliardi in più rispetto al 2007. La fattura energetica potrebbe di conseguenza attestarsi intorno ai 65 miliardi, 18 miliardi in più rispetto al 2007)".


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