di Marco Montemurro

Non sarà facile decidere la nomina di un suo successore per Rupert Murdoch, l’anziano magnate dei media. Il settantasettenne imprenditore australiano vorrebbe consegnare il suo impero ai figli Lachlan e James ma, se ciò avverrà, si rafforzerebbe il potere di Peter Chernin, attualmente la figura più influente nella compagnia dopo Murdoch. Una clausola del contratto con Chernin infatti concederebbe al suo vice, in caso di licenziamento o dimissioni, libertà di produrre film e show per sei anni dal budget della News Corporation, la grande holding multimediale. Il solo modo per Murdoch di evitare tale vincolo sarebbe quindi nominarlo numero uno dell’azienda. Molte sono quindi le incognite sulla successione, soprattutto perché nel corso degli anni la figura di Chernin ha acquisito sempre più potere in quanto è il responsabile di un ramo decisivo.

di Ilvio Pannullo

La corsa del petrolio sembra inarrestabile e le sue conseguenze sono immediatamente percepite dai consumatori tanto alla pompa di benzina quanto al supermercato. Ogni giorno dalla borsa ci comunicano che il petrolio ha toccato l’ennesimo record storico e nessuno pare sia in grado di fermare questo pericolosissimo trend. "Siamo di fronte a un caso scolastico di fallimento del mercato" afferma Davide Tabarelli presidente di Nomisma energia e analista del Sole 24 Ore per le materie prime. Se, infatti, nel tempio del liberismo, qual è il congresso USA, i senatori democratici propongono una legge per valutare se c'è stata speculazione sul mercato del petrolio, vuol dire che la tentazione di regolare i mercati è forte, troppo forte per resistere. Il mercato, come si sa, ha le sue regole ed è grazie a queste che - ci dicono i grandi economisti - trova sempre il prezzo ottimale, incrociando domanda e offerta.

di Alessandro Iacuelli

Settimana clou per Confindustria. E' il momento in cui il sindacato più forte d'Italia, l'unico in grado di ottenere quel che vuole da tutti i governi, cambia i propri vertici. Luca Cordero di Montezemolo ha deciso di uscire di scena in un modo abbastanza duro, lanciando accuse a ripetizione verso i sindacati e verso quei settori della società che ancora non accettano di essere subalterni ad imprenditori e industriali, e che magari "osano" ancora rivendicare e negoziare circa i propri diritti. "E' ormai chiaro che la trincea dei negoziati infiniti, del rifiuto di guardare con occhi obiettivi la realtà e soprattutto in che direzione va il mondo, serve solo e soltanto a difendere una casta di professionisti del veto", ha detto il presidente uscente di Confindustria ad un convegno del suo centro studi.

di Ilvio Pannullo

Più vigilanza e più trasparenza. Ruota attorno a queste due indicazioni il rapporto presentato, in questi giorni, ai ministri dell'Economia e delle Finanze dei sette Paesi più industrializzati del mondo dal Financial Stability Forum, presieduto dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi. Draghi ha illustrato le linee guida del rapporto del Financial Stability Forum, presentato venerdì al G7: “Si tratta di un primo passo per evitare il ripetersi degli stessi rischi in futuro”. Il governatore, infatti, ha precisato che è “difficile” dire quando questa crisi terminerà. “La lezione imparata è che siamo convinti che grazie a incentivi perversi, il sistema aveva accumulato leverage eccessivo”, ha proseguito Draghi, evidenziando come la crisi si è manifestata in ogni Paese in modo diverso e come, quindi, ci debbano essere risposte diverse per ogni Paese.

di Nino Galloni

La Bafin (l'istituto di controllo delle banche in Germania) e la Goldman Sachs concordano su una stima delle perdite derivanti dall'attuale crisi finanziaria per cifre comprese fa i 500 ed i 600 miliardi di dollari, in gran parte dovute alle insolvenze sui prestiti "sub-prime" ed alle relative conseguenze sui cosiddetti derivati. Per quanto ci si riferisca a cifre pari a circa un terzo del PIL italiano, tuttavia si tratta solo di ipotesi riguardanti l'immediato presente, di cifre che non tengono in nessuna considerazione l'effetto valanga dei derivati stessi entro qualche mese o qualche settimana; quando cioé, negli Stati Uniti, comunque ben prima delle prossime presidenziali, gli “edge funds” strangoleranno le banche.


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