di Ilvio Pannullo

Ci avevano fatto credere che questa sarebbe stata l'età dell'oro. Ci avevano promesso ricchezza e felicità per tutti: un futuro dove il costo del denaro si sarebbe mantenuto basso e dove i prezzi dei beni al consumo, grazie alla globalizzazione e all'allargamento dei mercati, sarebbero crollati. Ci stiamo, tuttavia, accorgendo che la situazione non è come ce l'avevano descritta e che qualcuno ci ha mentito. Recentemente hanno iniziato a diffondersi notizie alternative circa il futuro che aspetta l'uomo su questo nostro pianeta, l'unico – è bene ricordarlo - che abbiamo. Alternative semplicemente perché difformi da quella omogenea moltitudine di informazioni da cui quotidianamente veniamo bombardati. Grazie anche all'enorme successo del film-documentario “Una scomoda verità”, firmato dal discutibilissimo Al Gore e dal regista Davis Guggenheim, una moltitudine di persone, prima impensabile, ha preso coscienza del pessimo stato e della pessima prospettiva in cui, ad oggi, si trova l'intera umanità. Quello che, tuttavia, sfugge al grande pubblico è che la situazione è di gran lunga peggiore rispetto a come viene descritta.

di Laura Bruzzaniti

La finanziaria 2008 in una parola? Deludente. Questo il giudizio sintetico di Sbilanciamoci!, la campagna che raccoglie quarantasette organizzazioni della società civile impegnate a promuovere un’economia giusta. Il giudizio è affidato ad un documento di sessantacinque pagine presentato a Roma e che, dopo l’esame punto per punto dei provvedimenti della finanziaria, descrive la “Controfinanziaria” 2008, cioé la finanziaria che poteva essere e non è stata. La manovra del governo è deludente, dice Sbilanciamoci!, perché legata ad un vecchio modello di sviluppo e perché incapace di progettare futuro. Ancora più deludente perché questa volta, a differenza degli anni scorsi, le condizioni per una finanziaria diversa c’erano – risanamento, crescita dell’economia, maggiori entrate fiscali - e invece non si è colta l’occasione per affrontare in modo incisivo i problemi sociali e ambientali del Paese. Certo, qualcosa di buono in finanziaria c’è. Tanto per cominciare non si tagliano risorse agli enti locali, alla sanità e alle politiche sociali e questo già è un segnale importante. Poi ci sono alcuni provvedimenti che vanno nella giusta direzione: le misure per la casa per esempio (programma straordinario di edilizia residenziale, agevolazioni fiscali fino a 300 euro per gli affitti per redditi fino a 15.000 euro) e poi le risorse per i redditi bassi, le agevolazioni per le energie rinnovabili, i fondi per la cooperazione allo sviluppo.

di mazzetta

Non poteva essere più esplicito e più completo il fallimento dell’operazione che mirava al trasferimento del TFR dei lavoratori dipendenti ai fondi d’investimento. Su dodici milioni e mezzo di lavoratori interessati, nei primi sei mesi dell’anno solo il 5% ha deciso di mettere il proprio TFR nei fondi chiusi e solo il 2.5% nelle altre forme pensionistiche previste dalla nuova normativa. A fornire il dato è stata qualche giorno fa la Covip (commissione di vigilanza sui fondi pensione), dati che sono stati accolti da un fragoroso silenzio. Dopo anni di lavoro per dirottare verso la finanza il trattamento di fine rapporto dei lavoratori dipendenti, dopo mesi e mesi di pubblicità tambureggiante ai nuovi “strumenti” pensionistici, meno di un lavoratore su tredici è stato convinto ad abbracciare la splendida opportunità che tanti soggetti si sono dannati per offrirgli. Diffidenza verso una finanza troppo creativa per essere ritenuta degna di fede, anche quando l’investimento sia più sicuro per effetto delle tutele offerte dalla legge, scarsa fiducia nell’affidare il proprio denaro a soggetti creati ad hoc, scarsa dimestichezza con strumenti finanziari poco trasparenti, ma anche una sana diffidenza verso sindacati in crisi di credibilità, hanno determinato una vera e propria Caporetto per i sostenitori della pensione fai-da-te.

di Daniele John Angrisani

Sebbene siano passate ormai tre settimane dall'inizio della cosiddetta "crisi dei mutui", la situazione è lungi dall'essersi schiarita. Neanche pochi giorni fa in Gran Bretagna si è assistito a scene che ricordavano molto da vicino quelle della bancarotta in Argentina, o peggio ancora alle scene della Grande Depressione americana del 1929: code di persone agli sportelli di una delle principali banche inglesi che si occupa di mutui, la Northern Rock, e conseguente crollo in Borsa del valore delle azioni della banca in questione. Solo l'intervento pesante delle Banche Centrali internazionali, in primis la Federal Reserve americana e la Banca Centrale Europea, ha evitato sinora il peggio, con costanti e cospicue immissioni di liquidità nel sistema. Ciò nonostante, e bene lo sa chi è nel settore, anche le banche italiane - che da questa crisi, per fortuna, sono toccate solo marginalmente - hanno avuto alcuni problemi di liquidità nelle settimane passate ed è dovuto intervenire lo stesso Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, per rassicurare il mercato sulla solidità delle nostre istituzioni finanziarie, così come hanno fatto, a loro volta, i governatori delle Banche Centrali dei Paesi più toccati dalla crisi.

di Alessandro Iacuelli

Dal primo ottobre, causa la corsa al rialzo del prezzo del petrolio, le famiglie italiane saranno probabilmente costrette a pagare 30 euro in più all'anno per le bollette di luce e gas. A dichiararlo è Nomisma Energia che, più precisamente, stima per l’elettricità un rincaro dell’1,6% e per il gas del 2,3%. In sostanza, se tali previsioni saranno confermate, un cliente medio dovrà sborsare rispettivamente 7 e 22 euro in più. Una nuova stangata, quindi, a meno di un anno di distanza dai rincari fatti segnare nell’ultimo trimestre 2006. "A pesare", dichiara Davide Tabarelli, esperto tariffario di Nomisma Energia, "è l’andamento del greggio degli ultimi mesi: il barile si è mantenuto sempre sopra quota 70 dollari registrando fiammate che nell’ultima settimana hanno visto il barile spingersi fino a quasi 82 dollari." A questo si aggiunga che si è provvidenzialmente riaccesa anche la polemica tra Minsk e Mosca per quanto riguarda le forniture di gas da parte di Gazprom alla Bielorussia, ma probabilmente alla base dei rincari c’è anche la debolezza strutturale del nostro Paese, che dipende dall’estero per l’85% del suo approvvigionamento e che produce oltre la metà della propria elettricità con il gas, e non bisogna mai dimenticare che le quotazioni del metano sono fatalmente agganciate a quelle del petrolio.


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