di Marco Dugini

La prima Finanziaria del secondo governo Prodi è stata infine varata. D’Alema l’ha definita un parto “miracoloso”, e forse è davvero così, anche se non necessariamente la cosa va intesa con un’accezione positiva. Piuttosto si è trattato di una soluzione condivisa e mediata in extremis, esito per nulla scontato, vista la nota eterogeneità della coalizione unionista, che mette assieme un arco di posizioni che vanno dalla scuola liberista doc a quella neo-keynesiana. Compito difficile venire incontro alle pretese di Confindustria e, insieme, alle richieste e alle pressioni dei sindacati, entrambi in posizione assai guardinga. E così il bambino, anzi la bambina, fragile sul momento, eppure in carne e ossa, aspetta di essere riconosciuta legittima dai suoi tanti padri. Il battesimo non potrà che essere in Parlamento, dove la maggioranza - par di capire- sarà salda anche senza fiducia, tanto che le destre hanno preferito la chiamata alle armi in piazza, anziché in sede parlamentare. Luci e ombre su questa manovra da 33,4 miliardi, di cui solo 4 finanziati con entrate tributarie e il resto con massicci tagli ad enti locali (4 miliardi in meno), sanità (3), apparato statale (12).

di Marco Dugini

Nella giornata di martedì scorso è uscita, inattesa e a mezzo stampa, la bozza più recente della finanziaria in divenire, a tre giorni precisi dal Venerdì (nero?) in cui verrà infine varata: il che ha scatenato ire a destra e a manca. Tagli, rigore, ancora tagli per Istruzione, enti locali, previdenza sociale. Quasi tutte le segreterie dell’Unione si sono dette allarmate e, per motivi opposti, la stessa reazione è venuta dalla Casa delle libertà. Su tutti poi ha svettato lo scudo unico e trino della ritrovata unità dei sindacati confederali, che hanno subito minacciato lo sciopero generale, mentre il sindacato di base con Bernocchi (Cobas) ha persino dato il via allo sciopero della fame.

di Sara Nicoli

L'Alitalia volta pagina. Dopo le indiscrezioni di questi giorni secondo cui l'azienda si avvierebbe verso una perdita effettiva a fine anno di almeno 300 milioni e quasi 200 milioni di ricavi al di sotto del budget 2006, il governo si è deciso a scendere direttamente in campo per tentare un rilancio del vettore italiano evitando misure di ristrutturazione (con vendita di rami d'azienda) che ne avrebbero definitivamente compromesso la sopravvivenza con conseguenze molto gravi sul fronte dell'occupazione. Il piano messo a punto da Cimoli, giocato tutto sulla sua personale sopravvivenza al vertice fino alla scadenza del mandato, prevista per il maggio 2007, e condito di drastiche misure di ristrutturazione ( abbattimento di costi, con tagli che dovevano riguardare anche i piloti, nonchè un parziale riposizionamento a fiumicino di alcune rotte da malpensa), hanno convinto Prodi a scendere in campo in prima persona.

di Fabrizio Casari

Il motivetto è sempre lo stesso. Pensioni, sanità, istruzione, insomma il welfare. Quando s'avvicina la discussione sulla legge finanziaria nelle aule parlamentari, alcune parole, alcune facce e alcune scelte sembrano riproporsi ciclicamente, anno dopo anno, come fosse un tormentone teatrale. Vale soprattutto per chi propone le cifre, alte o basse che siano. Quest'anno va particolarmente di moda l'entità. Sì, l'entità della manovra che, ovvio, costituisce già di per sé un indicatore chiaro della sua natura, in assenza di smarcamenti netti dalle politiche sin qui seguite.

di Daniele John Angrisani

Come ogni settembre, prima della presentazione della finanziaria da parte del governo, si parla tanto e spesso a sproposito di finanza pubblica e della necessità, definita come sempre obbligata, di tenere sotto controllo i conti pubblici. Anche questa volta il problema politico riguarda principalmente l'entità della manovra finanziaria che dovrà essere messa in atto per risanare i conti pubblici e la possibilità o meno che la riforma delle pensioni sia inserita all'interno della manovra di bilancio. L'ala sinistra della coalizione di governo ritiene infatti che si possa fare una "manovra leggera", minore dunque dei 30 miliardi di euro originariamente previsti, e soprattutto che si possa stralciare la riforma delle pensioni dalla finanziaria medesima, per poi discuterne eventualmente a parte.


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