di Giovanna Pavani

Le ferrovie uniscono, più di qualsiasi altro tipo di trasporto, un Paese. E anche dove la povertà ha la meglio su tutto, c’è sempre un treno, una vecchia locomotiva, a consentire ad un popolo di sentirsi meno isolato nel proprio male di vivere e a permettergli di partire, di migliorare, di ritrovarsi, spesso anche di fuggire. Le ferrovie, insomma, sono la spina dorsale della mobilità di una nazione e della sua voglia di crescita e di riscatto anche quando manca tutto il resto. Se falliscono le ferrovie è un segnale inquietante per l’economia di qualsiasi nazione e per le sue potenzialità di crescita e di espansione. Ieri, l’amministratore delegato di Trenitalia, Mauro Moretti, ha informato la commissione Lavori Pubblici di Palazzo Madama che le nostre ferrovie sono sull’orlo del fallimento. E' l'immagine più netta di un'Italia ferma su un binario morto. E i treni sono solo l'ultimo capitolo. E’ una situazione drammatica, quella di Trenitalia, non di certo la prima ma senz'altro la peggiore. Servono soldi freschi subito nonché un immediata ricapitalizzazione dell’azienda. Un grido d’allarme che è stato subito timidamente recepito dal governo impegnato ad uscire vivo dal pantano della finanziaria e con un’altra emergenza trasporti già da tempo sul tavolo come il “profondo rosso” di Alitalia che, ogni giorno, si avvicina sempre più al fallimento. “Troveremo i soldi – ha annunciato Prodi – perché non si vive solo di finanziaria”. Una frase laconica che, tuttavia, la dice lunga sulle difficoltà oggettive che si trova davanti questo esecutivo nel reperire risorse per un paese che pare diventato, improvvisamente, un colabrodo.

E’ stato il presidente di Trenitalia, Innocenzo Cipolletta, a spiegare nel dettaglio al Senato la drammatica situazione dei conti Fs. Per rimettere sul binario i treni italiani servono, dicono, 4 miliardi di euro in 4 anni. ''Le Ferrovie si sono svenate, non hanno più risorse e lo sbilancio é tale che non permette più di andare avanti in una situazione di indebitamento finanziario''. ''Per Trenitalia sull'orlo del fallimento – gli ha fatto eco l’Ad Moretti - la ricapitalizzazione é assolutamente necessaria; non abbiamo le spalle grosse'' ha chiosato parafrasando una frase spesso citata dal predecessore Elio Catania, il quale assicurava invece che le Fs ''avevano le spalle larghe''. ''Gli immobili li abbiamo già venduti tutti, ci sono altre aree ma dobbiamo farle maturare e lavorare con gli enti locali''. Per un'operazione ''solida e non congiunturale'' sulla controllata, che nel corso dell'anno per due volte ha rischiato di portare i libri in tribunale per perdite oltre un terzo del capitale, serve un miliardo l'anno per 4 anni: ''Anche per far fronte alla necessita' di rinnovare i treni si devono solo fare i conti della serva: ogni carrozza costa piu' di un milione, ne servono migliaia per il solo trasporto locale''.

La grave crisi finanziaria di Trenitalia - che chiuderà l'anno con un buco, anzi una voragine di 1.707 milioni di euro - e di tutto il gruppo con previsioni di fine bilancio ancora piu' gravi, muove da una serie di concause, non escluse naturalmente la serie di inefficienze nella gestione interna. A dare il colpo finale, i pesanti tagli della finanziaria 2006 (sotto l’egida del governo Berlusconi) e i mancati trasferimenti dai contratti di programma. ''Ci siamo trovati di fronte a un azzeramento dei trasferimenti di cassa per il 2006 e con un definanziamento degli investimenti di competenza. Ciò ha determinato uno squilibrio enorme - ha detto Moretti ai commissari - non era mai successo prima''. Il taglio e' stato pari a 500 milioni di euro per Rfi e 100 milioni per Trenitalia. ''Per Rfi é il terzo anno consecutivo di minori trasferimenti. Questo é un elemento di insostenibilità nel rapporto tra Stato e azienda. Se lo Stato vuole ridurre i trasferimenti può farlo, ma deve dirci chiaramente a quali servizi dobbiamo rinunciare''. Cipolletta, che ha detto che il piano industriale del gruppo verrà presentato dopo il varo della finanziaria ''quando avremo chiaro il quadro delle risorse disponibili'', ha presentato le voci del fabbisogno complessivo dell' azienda: in totale 6,1 miliardi, suddivisi in 3,5 miliardi per il completamento dell'Alta velocità, 1,4 miliardi vanno agli investimenti e alla rete tradizionale, 500 milioni alle convenzioni, altri 700 milioni per la ricapitalizzazione di Trenitalia. Altro che conti della serva: ci vorrebbe un’intera finanziaria solo per far ripartire la locomotiva Italia.

Per non parlare, poi, del fattore Alta velocità: i tagli e il contenzioso che ne seguirebbe, ''potrebbero comportare il rischio di uno slittamento in avanti del completamento della linea Torino-Napoli, previsto per il 2009''. Moretti ha già dato il via a una profonda operazione di "taglio agli sprechi" perché ''ogni soldo recuperato va a favore del conto economico o degli investimenti; abbiamo eccedenze di manodopera, ci sono centinaia di persone che si occupano di relazione esterne o non so cosa''. Come a dire, senza giri di parole, che in caso di crisi profonda a farne le spese saranno ancora una volta i lavoratori. Le crisi si susseguono, dunque, ma il copione resta il medesimo: la cassa integrazione é sempre l’unica carta che si riesce a giocare. Ma tant’è.

I vertici di Trenitalia hanno spiegato ai senatori della commissione come stanno tentando di arginare la falla in attesa che il governo intervenga pesantemente sul fronte della ricapitalizzazione. In primo luogo si stanno riorganizzando tutti i processi produttivi. Dove ''c'era una situazione inusuale con 25 deleghe all'amministratore delegato, abbiamo ricostruito un ciclo industriale tagliando tutto ciò che é inutile''. Ma, ovviamente, é una goccia nel mare. Intanto, è stato chiesto lo sblocco della questione Ispa, che ha congelato anche la partita dei pedaggi “che per noi rappresenta una leva per poter fare a nostro rischio operazioni finanziarie''. E per il rilancio della logistica, in forte perdita, é in ponte la creazione di una societa' unica che nascerà dalla fusione delle attuali decine esistenti in Fs. Poi si cercherà un possibile socio esterno, proprio come sul modello di Alitalia. Ma, intanto, la locomotiva Italia non corre più. E i libri di Trenitalia sono sempre più vicini al tribunale, quasi a voler mincciare quelli dell'intero Paese.

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