di mazzetta

La notizia che l'amministrazione Bush ha ottenuto illecitamente i dati relativi a tutte le transazioni internazionali mondiali degli ultimi cinque anni e che continuerà a farlo, ha dato scandalo solo all'interno degli Stati Uniti, nonostante sia una notizia in grado di gettare nel panico una vasta platea di potenti in tutti i paesi del mondo.
La stampa mondiale tace, mentre negli Stati Uniti il presidente attacca rabbiosamente la stampa che ha svelato l'operazione invocando la lesione della sicurezza nazionale, con una veemenza immeritata per una questione sulla privacy degli americani, negli ultimi anni svanita senza troppe resistenze. Accuse di tradimento e una valanga di mail di insulti e minacce hanno raggiunto il New York Times, il primo a dare la notizia, e gli altri maggiori quotidiani che hanno deciso di dedicare attenzione allo scandalo. Il fatto è che le agenzie americane hanno ottenuto copia e accesso integrale al sistema SWIFT, che è un consorzio internazionale con sede in Belgio, punto attraverso il quale passano tutte le transazioni bancarie tra i paesi del mondo; qualunque transazione internazionale passa dalle memorie e dalla macchine di SWIFT. La stranezza è che di questa operazione sono stati informati solo alcuni politici europei e ancora non si sa in che misura.

di mazzetta

La settimana scorsa si è venuto a sapere che gli Stati Uniti, ormai da cinque anni acquisiscono, e si suppone analizzino e conservino, i dati di tutti gli scambi bancari mondiali. La cosa è avvenuta con la complicità di alcune banche centrali europee e in particolare di quelle dei dieci paesi più industrializzati che, informate della cosa, hanno pensato bene di non dirlo in giro, nemmeno ai loro referenti politici. L'unico politico europeo che finora risulta a conoscenza di quello che può essere considerato un clamoroso scandalo, è il ministro delle finanze del Belgio Didier Reynders, che avrebbe appreso la cosa in maniera informale. A scoperchiare lo scandalo è stato il New York Times, che così facendo si è attirato le ire del vicepresidente americano Dich Cheney, lesto ad accusare la testata di "tradimento".

di Alessandro Iacuelli

Si può parlare quanto si vuole, in questi giorni, di tagli sulle spese, di recupero del PIL, di azioni che il governo deve intraprendere. Per certi versi però sorprende che a livello istituzionale ci sia un'attenzione per certi versi scarsa, o quanto meno al di sotto di quanto dovrebbe essere, nei confronti del bene più prezioso, quello in grado di muovere merci, economie, titoli in borsa, fabbriche, ed anche eserciti: l'energia.
Quello del piano energetico nazionale era ed è uno dei banchi di prova fondamentali al quale si attende il governo in carica, soprattutto dopo la crisi artificiale di questo inverno che ha riguardato il gas, crisi che ha permesso alla russa Gazprom di diventare il terzo gruppo industriale del mondo, scavalcando addirittura Microsoft e che ha reso l'Italia terra di conquista per le speculazioni energetiche mondiali, proprio perché il nostro Paese gioca la partita a scacchi dell'energia senza un piano strategico.

di Domenico Melidoro

Tommaso Padoa Schioppa Sarà che quando si parla di politica si ha la memoria corta, che in queste ultime settimane l'attenzione dell'opinione pubblica è stata dominata prima dalle vicende legate agli scandali spregiudicati del dorato mondo del pallone e ora dalle avventure sportive dei Mondiali di Germania, ma le dichiarazioni e le diagnosi del Ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa sulla condizione economico-finanziaria del nostro Paese avrebbero dovuto far riflettere di più e meglio, soprattutto tra gli elettori dell'Unione. Innanzitutto dovrebbe far pensare che le dichiarazioni di Padoa Schioppa sulle rovinose condizioni delle casse dello Stato non sono poi così diverse, nei toni e nella sostanza, da quelle fatte cinque anni or sono da Berlusconi e dai suoi fedeli Ministri, che rinfacciavano ai colleghi della precedente legislatura di aver lasciato in eredità una quantità enorme di debito pubblico, al di là della retorica sul risanamento e sul virtuoso ingresso dell'Italia nella moneta unica.

di mazzetta

Il nuovo governo si è appena insediato ed già è abbastanza chiaro che, a sistemare i conti lasciati in dissesto da Tremonti, dovranno pensare i soliti noti, ovvero i percettori di reddito fisso, i pensionati e quelli che non hanno mai potuto evadere le tasse e mai ci riusciranno. Forse l'attuale governo potrà realizzare una maggiore giustizia fiscale nei prossimi anni, ma per ora le misure che sono all'orizzonte sono destinate a pescare dove hanno sempre pescato, in modo che chi ha avuto si terrà il maltolto e chi ha dato sarà chiamato a dare di nuovo e di più. Un procedimento che viene accettato come ineluttabile; un governo sperpera e, quello successivo, più di sinistra, chiede lacrime e sangue ai poveretti. In verità non è esattamente inevitabile che finisca ancora una volta così: è solo che la classe politica italiana, composta da gente che per decenni ha vissuto blindata entro questi orizzonti, vuole procedere secondo questo schema. Nella realtà ci sono altri pozzi ai quali pescare, altre ricchezze da chiamare a contribuire alla salvezza dei conti e degli impegni verso l'Europa, ma quei pozzi non si vuole toccarli.


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