di Alessandro Iacuelli

In piena estate, la Russia effettua un altro passaggio fondamentale per la politica energetica del proprio futuro. Dopo pochi giorni dall’annuncio dell’avvenuto accordo con la Sonatrach, azienda statale algerina e principale fornitrice di metano di tutti i Paesi del sud Europa, il Cremlino fa sapere che Gazprom provvederà alla fornitura di 24,5 miliardi di metri cubi di gas naturale all’Ucraina, al ritmo di 130 milioni di metri cubi al giorno. Si tratta in pratica di una “tregua” nella guerra del gas iniziata tra Mosca e Kiev lo scorso inverno. Vista l’alta dipendenza di numerosi Paesi europei dalla fonti di metano russe, tale accordo era necessario sia per diversificare le vie di approvvigionamento dell’Europa, usando anche i gasdotti in transito per l’Ucraina, che per rilanciare una politica energetica più responsabile verso i propri clienti, ma anche più aggressiva. Alcuni analisti si sono affrettati a definire l’accordo Gazprom-Sonatrach come una nuova “Opec” del gas. C’è da dire che un’idea del genere non è affatto nuova, ma risale a oltre 10 anni fa, quando da Mosca furono invitate Algeria e Norvegia a costituire un cartello. L’idea viene riproposta oggi, dopo un inverno in cui Gazprom si è affermata tra le quattro maggiori aziende del mondo intero e Sonatrach ha partecipazioni rilevanti nella fornitura a tutta l’Europa ed al bacino de Mediterraneo.

Secondo fonti del ministero dell’Energia russo, Sonatrach potrebbe cedere a Gazprom una quota della sua partecipazione in Galsi, il nuovo gasdotto sottomarino in costruzione tra l’Algeria e l’Italia, passando per una importante stazione in Sardegna. Cosa comporta questa cessione di quota? Comporta che se oggi il metano di Gazprom arriva in Italia dal nord-est, domani entrerebbe nella distribuzione italiana anche dalla parte meridionale. Per tale motivo si leggono in questi giorni su molti giornali che l’Italia rischia di dover trattare con un nuovo monopolio. Non è solo l’Italia a dover fronteggiare questo rischio, ma l’intera Unione Europea, con l’eccezione di Olanda e Norvegia che hanno sufficienti giacimenti propri. D’altronde, in una realtà come quella europea, dove il mercato dell’energia è stato frammentato dalle privatizzazioni selvagge degli scorsi decenni, c’era da aspettarsi che i pochi colossi a maggioranza statale, monolitici e non spezzettati da privatizzazioni e cessioni, avrebbero preso il sopravvento.

In effetti, di colossi si tratta. Gazprom ha una capitalizzazione pari a 250 miliardi di dollari, la quarta azienda al mondo dopo Exxon-Mobil, General Electric e Microsoft. Ha 390.000 dipendenti, ed il primo agosto scorso ha comunicato i dati del primo semestre: l’utile netto consolidato è stato di 6,6 miliardi di dollari, più del doppio rispetto al 2005. L’anno scorso Gazprom è stata l’azienda che ha estratto più gas al mondo, 549,9 miliardi di metri cubi. Attualmente dispone di una rete di 153.000 chilometri di gasdotti ma continua ad ampliarla.

Il fatturato di Sonatrach rappresenta da solo un terzo del prodotto interno lordo dell’intera Algeria, nel 2005 è stato di 66 miliardi di dollari circa. Ha 120.000 dipendenti, in una nazione che ha appena 31 milioni di abitanti e il 58% della forza lavoro è impiegata in attività industriali. Nel primo semestre del 2006 l’export petrolifero dell’Algeria ha raggiunto 25 miliardi di dollari, pari a oltre 4,2 miliardi al mese dall’inizio dell’anno.

I progetti di Gazprom-Sonatrach, legati alla penetrazione nelle reti di distribuzione del gas ai consumatori finali, sono affiancati dalla maggiore azienda petrolifera russa, la Lukoil, che produce 42,5 milioni di metri cubi di gas naturale al giorno. Gazprom assicura le forniture di oltre il 25% del gas consumato dai Paesi europei, che per ovvi motivi vorrebbero ridurre questa dipendenza, considerata da molti esperti come “esagerata e preoccupante”: le due aziende russe stanno facendo avvicinare il Cremlino alla sua meta strategica, quella di essere la superpotenza globale del petrolio e del gas.

Come potrebbe l’Italia, già soggetta a monopoli esteri per quanto riguarda il petrolio, svincolarsi dalla dipendenza nel settore del gas? Diversificando le fonti di approvvigionamento. Diversificazione che passa però per l’acquisto del gas da altri soggetti extraeuropei, che non sono però dotati di gasdotti verso l’Italia. Per sopperire alla mancanza di gasdotti, il gas giungerebbe via navi, in forma liquida, e dovrebbe poi essere rigassificato una volta scaricato. Al momento in Italia è attivo solo un impianto di rigassificazione, quello di Panigalica di proprietà dell’Eni, e ci sono molte resistenze da parte del mondo ambientalista circa la costruzione di nuovi gassificatori, trattandosi spesso di progetti di impianti concettualmente non proprio all’avanguardia, con emissioni nell’atmosfera e generazione di scorie altamente inquinanti. E’ il risultato di oltre 15 anni di mancanza di una seria politica energetica, pianificata rigorosamente. Come risultato di questo deficit nella pianificazione energetica, l’Italia risulta essere la seconda importatrice europea di gas proveniente dalla Russia con 66,9 miliardi di metri cubi, secondo stime della Oil and Gas review per il 2004, dopo la Germania, con 91,5 miliardi di metri cubi, e prima della stessa Ucraina, che importa 55,9 miliardi di metri cubi. Se si pensa al fatto che Gazprom ha influito pesantemente sul fallimento della Rivoluzione arancione in Ucraina, si può intuire come il nostro Paese debba fronteggiare anche i risvolti politici di una politica energetica deficitaria. Si è impiegato il tempo per privatizzare e frammentare importanti aziende nazionali come Enel ed Eni-Agip, senza pianificare gli approvvigionamenti per il futuro, approvvigionamenti che devono assolutamente escludere un fornitore di larga maggioranza, che diventerebbe facilmente un ricattatore, che ci ha dato appena “un assaggio” della sua potenzialità lo scorso inverno. Intanto si avvicina l’autunno, e non si vede ancora la convocazione della Conferenza Nazionale sull’Energia, non si vede ancora la progettazione di un nuovo Piano Energetico Nazionale.

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