di Alessandro Iacuelli


Dopo la grande bolla speculativa riguardante Internet e, più in generale, l’informatica e le telecomunicazioni, che ha attraversato l’Italia negli anni scorsi, ecco giungere pesantemente la crisi industriale e commerciale anche nel settore delle nuove tecnologie. Settore delicato, perché composto essenzialmente da lavoratori giovani, troppo giovani per pensare ad un prepensionamento, fortemente specializzati e spesso precari. Desta infatti molta preoccupazione il fatto che Esprinet, azienda con sede a Nova Milanese che opera nella distribuzione all’ingrosso di informatica ed elettronica di consumo, ha annunciato alle organizzazione sindacali che ci sono 30 lavoratori in esubero. Non è affatto un caso isolato. Salta semmai all’occhio che questo “esubero” di forza lavoro nasce subito dopo l’acquisizione, da parte di Esprinet, di Actebis, altra azienda di distribuzione. Per chi non è “addetto ai lavori” potrebbe infatti apparire un po’ strano che un azienda in grado di acquisirne altre vada in crisi occupazionale.

Se la distribuzione mostra segnali di crisi, non va affatto meglio nel settore dell’Information Technology. Peppe Mariani, presidente della Commissione lavoro della Regione Lazio, ha espresso “indignazione e sconcerto” per l’annuncio di Galileo Italia del licenziamento di 109 dipendenti sui 220 attualmente impiegati. Secondo Mariani, ciò si deve all’acquisizione dell'azienda da parte di una società finanziaria americana, le cui speculazioni ora rischierebbero di mandare all’aria una realtà industriale importante che opera fin dal 1993. I lavoratori intanto presidiano la sede romana di Galileo Italia e, con l’appoggio dello stesso Mariani, si appellano a istituzioni e governo perché incontrino le rappresentanze sindacali.

Le cose non migliorano affatto nel settore dell’editoria online ed il caso di VNU, tra le maggiori testate italiane, non fa che aumentare le preoccupazioni. Di recente, l’assemblea dei giornalisti di VNU BPI si è riunita per discutere della gravissima situazione venutasi a creare in seguito all’improvviso licenziamento di tre colleghi, un caporedattore e due direttori, notificato dalla direzione aziendale. Il management aziendale, secondo il durissimo comunicato dell’assemblea, “scarica senza remore il frutto dei propri errori su chi lavora nelle redazioni; la chiusura delle testate CRN e Data Business, presa a motivazione dei provvedimenti, si aggiunge a una lunga catena di prodotti chiusi, dismessi e venduti, che stanno a dimostrare un andamento non certo brillante della casa editrice.”
I licenziamenti sono stati notificati a freddo, mentre erano in corso trattative fra cdr e azienda per tentare di ricollocare i lavoratori colpiti. I giornalisti di VNU BPI si chiedono con preoccupazione quali siano gli intenti della nuova proprietà, la società 3I, se il biglietto da visita con cui si presenta è quello del calpestare il contratto giornalistico, licenziare a freddo, rimandare furbescamente ogni seria indicazione sul futuro delle redazioni.

Quindi, se si sommano i licenziamenti sia nel settore dell’editoria web, sia nella distribuzione dell’informatica, sia nell’IT, che negli anni scorsi è stata la vera punta tecnologica del settore, allora siamo al completo: l’informatica italiana è in crisi, attraversata da tagli occupazionali in tutti i settori.
Probabilmente, nel settore dell’editoria online, la crescita degli anni scorsi si era basata troppo su politiche che tagliassero i costi e sul precariato di chi lavora. Infatti, secondo alcuni dati di Assostampa relativi alla sola regione Toscana, sono 3000 i pubblicisti iscritti all’albo regionale, oltre a mille collaboratori che lavorano ogni giorno dentro e fuori le redazioni; tutte queste persone lavorano con un tetto massimo di 50 articoli mensili, pagati tra i 5 e i 7 euro. Oltre 50 articoli, i successivi vengono pagati 2 euro ciascuno. Per non parlare delle “notizie brevi” che compaiono su molte testate online, dove un lancio viene pagato 21 centesimi di euro.

Problemi analoghi sorgono nel settore della distribuzione, dove i posti di lavoro si riducono a causa di progressive fusioni per incorporazione, dove i distributori più grandi riescono a fagocitare senza problemi i più piccoli, riducendo nel contempo i posti di lavoro. Il settore industriale, invece, soffre del problema opposto, infatti spesso i settori IT vengono esternalizzati a costi ridottissimi.

Il risultato è un quadro difficoltoso: per oltre dieci anni si è spinto sull’informatica come nuovo sbocco occupazionale per i giovani, sono stati aperti centinaia di istituti tecnici che hanno iniziato a sfornare periti anche molto preparati, sono stati istituiti nuovi corsi di laurea che hanno prodotto migliaia di informatici. Ma ora il mondo del lavoro mostra di non essere in grado di accogliere questa mole di lavoratori, creando nuovo precariato anche nel settore delle nuove tecnologie, creando disoccupazione e spettri fatti di mobilità e cassa integrazione. Spettri che si fanno più neri per le decine di migliaia di giovani che lavorano con contratti atipici e molto precari nel settore.

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