Contronatura, esibizionisti e portatori (malati) di esibizionismo. Per il 15 per cento degli italiani, queste le definizioni più ricorrenti per descrivere le persone gay o lesbiche (ancora) nel 2018. E, così, sull’onda del disgusto, l’omotransfobia ‘miete’ cinquanta vittime al giorno. “Il dato che emerge maggiormente, nell’ultimo anno, è il crescente livello di omofobia, con un incremento del 2 per cento (ora al 72 per cento) e un aumento del 4 per cento (ora al 17 per cento) dei ricatti a scapito delle persone lesbiche e gay non dichiarate”, dichiara il responsabile del Numero Verde Gay Help Line (800 713 713) e portavoce di Gay Center, Fabrizio Marrazzo.

“Una famiglia che si restringe riduce l’ampiezza delle reti famigliari. Quando i centri minori perdono popolazione e chi resta invecchia, si assottigliano le reti di vicinato. Nelle città che si riorganizzano nelle loro funzioni, separando un centro terziarizzato e destinato allo shopping e al divertimento dalla aree destinate alle funzioni residenziali, le possibilità di relazione si fanno più selettive e si spostano dai luoghi dell’abitazione e del lavoro a quelli della cultura e del tempo libero nelle sue diverse declinazioni.

Disoccupazione, denatalità ai minimi storici, segregazione orizzontale e verticale fortemente radicate nel mondo del lavoro, asimmetria tra madri e padri e mancanza di conciliazione tra vita privata e quella lavorativa. E’ l’Italia delle mamme nel 2018. Poco diversa dagli anni precedenti per l’inattuazione di un radicale mutamento culturale necessario per cambiare la complessa realtà in cui vivono.

Da novembre ad aprile, a Gioia Tauro, si raccolgono gli agrumi. E da novembre ad aprile, ogni anno nella Piana, si riversano, in condizioni di estremo disagio, i braccianti stranieri. Dei quali, in questa stagione agrumicola, sette su dieci hanno lavorato senza un contratto di lavoro o con uno fittizio che non ne garantisce i diritti (nemmeno fittiziamente), in condizioni abitative e di inclusione sociale indegne, precarie e degradanti. Ciononostante è sulle loro spalle che si regge gran parte del comparto agricolo della Piana.

 

“La presenza dei migranti - dichiara il sindaco di San Ferdinando, Andrea Tripodi, in una nota stampa riportata nel dossier I dannati della terra, redatto da Medu - non scende fatalisticamente dal cielo ma è funzionale alla sopravvivenza di un’agricoltura perennemente in crisi, aggredita dalla predazione mafiosa e caratterizzata dalla polverizzazione della proprietà”.

 

Pur rappresentando il carburante per l’economia locale, dunque, le condizioni lavorative sono di grave sfruttamento, divenuto una normalità. Le pratiche illecite sono rimaste invariate negli anni: mancata applicazione del contratto, lavoro a cottimo, salario inferiore a quanto previsto dal contratto nazionale del lavoro, paghe non corrisposte, contributi non versati, lunghi orari di lavoro e mancata corresponsione degli straordinari.

 

Diritti sospesi, difficilmente esigibili dai braccianti stranieri - che diventano facilmente ricattabili - per il loro precario status giuridico, che aumenta l’accettazione pressoché incondizionata di condizioni di lavoro inique e fondate sulla necessità e il bisogno. Incertezza e vulnerabilità che obnubilano la netta distinzione tra pretese e diritti. Come quello – inalienabile - alla salute, spesso non goduto per la scarsa comprensione del sistema sanitario italiano: solo una minoranza dei pazienti vistati da Medu conosceva l’utilità della tessera sanitaria, l’esistenza di un medico di base e la possibilità di ottenere un’esenzione per reddito o per patologia.

 

Sono tutti giovani i raccoglitori di agrumi; per lo più africani e in Italia da poco meno di tre anni, con una conoscenza della lingua italiana insufficiente per non aver intrapreso alcun corso di italiano, nonostante, in alcuni casi, abbiano completato il percorso nei centri di accoglienza.

 

Sintomo evidente di un’inadeguata (se non inesistente) integrazione, causa carenza di politiche in tal senso. E anche nel senso di una “pianificazione di medio-lungo termine dell’accoglienza per i lavoratori migranti stagionali, anche per quelli che - in numero sempre maggiore - passano qui gran parte dell’anno”, si legge nel Rapporto sulle condizioni di vita e di lavoro dei braccianti stranieri nella Piana di Gioia Tauro. L’unico sforzo in questa direzione è stato l’allestimento dell’ennesima tendopoli ufficiale, salutata dalle istituzioni come “un argine al degrado che ha concretamente avviato un processo nuovo di accoglienza e inclusione”.

 

Una soluzione che non solo non è risolutiva - perché non risponde né numericamente né per i servizi predisposti, alle necessità delle migliaia di lavoratori stagionali - ma persino molto costosa: per un anno di gestione, il costo supererebbe di molto il milione di euro. Per quelle tende bianche e blu nelle quali i braccianti stranieri continueranno a sognare un tetto che si possa definire tale.

A ventisei anni dalla messa al bando dell’amianto, con la legge 257/1992, il quadro italiano è ancora allarmante. Dei 3,7 milioni di tonnellate di amianto grezzo prodotte nel Belpaese tra il 1945 e il 1992 e le quasi due milioni di tonnellate importate nello stesso periodo, ancora grosse quantità non sono state smaltite.

 

Per disomogeneità di conoscenze e informazioni a livello regionale, mancanza di bonifiche e ritardi nell’adempimento degli obblighi di legge. Di puntuale ci sono i ventunomila e quattrocentossessantatre casi di mesotelioma maligno, diagnosticati tra il 1993 e il 2012, e oltre seimila morti l’anno.


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