Ultima tra le tredici città europee analizzate dal Wuppertal Institute per conto di Greenpeace, nella ricerca Living. Moving. Breathing. Ranking of european cities in sustainable transport, Roma è la capitale più insostenibile dal punto di vista della mobilità urbana.I dati e le conseguenti valutazioni non lascino spazio a dubbi.

 

“Ingorghi e rallentamenti condizionano negativamente i tempi di spostamento e rappresentano una chiara perdita in termini economici; l’inquinamento atmosferico e acustico coincidono con seri problemi ambientali e sanitari, le patologie legate allo smog e al rumore sono diffuse e in aumento e il sistema di mobilità urbana fondata sull’auto privata, alimentato da fonti fossili, consuma enormi quantità di energia e tende a esaurire risorse ambientali preziose”, si legge nel dossier, che ha utilizzato dati provenienti da fonti pubbliche ufficiali o direttamente dalle amministrazioni cittadine.

 

 

Roma ha il più alto tasso di impiego dell’auto privata e il più basso impiego della bicicletta: nonostante disponga di molte aree verdi che potrebbero incentivare la pedonalità, gli spostamenti a piedi coprono solo il 6 per cento del totale poiché le zone potenzialmente utili non risultano “integrate” con altre opzioni o non sono attrezzate per diventare corridoi pedonali e nonostante la presenza di circa duecento piste ciclabili e mille e duecento biciclette condivise, manca una rete di vie ciclabili sicura ed estesa.

 

Le infrastrutture viarie largamente dedicate alle auto (e politiche troppo deboli di disincentivo all’uso del mezzo privato) riducono al 29 per cento degli spostamenti in città l’utilizzo di autobus, tram e metro: e mentre il trasporto pubblico risulta piuttosto conveniente rispetto alle altre città europee, la sua qualità in termini di servizio è fortemente carente e scadente. In termini strutturali, infatti, sconta una mancanza di investimenti, per il rinnovo e l’ammodernamento del parco mezzi, che dura da troppo tempo.

 

Il risultato di questo enorme volume di spostamenti motorizzati è il posizionamento di Roma all’ottavo posto (su tredici) per la qualità della sua aria: i valori di PM10 e PM25 sono in linea con i limiti imposti dalla normativa ma stando alle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’aria romana va classificata come insalubre per la concentrazione di polveri sottili e biossido di azoto che non solo espongono gli abitanti a severi impatti sulla salute ma deteriorano anche il patrimonio architettonico storico e artistico.

 

E Roma si classifica tredicesima anche in termini di sicurezza stradale: solo nel 2016 si sono registrate le morti di venticinque ciclisti e di quarantasette pedoni; centodieci incidenti ogni milione di spostamenti in bicicletta e centotrentatre tra quelli pedonali. Dati che, certamente, fanno da deterrente alla mobilità attiva: con questo livello di insicurezza sarà sempre più difficile incentivare la popolazione alla mobilità dolce.

 

Perché esiste un rapporto inversamente proporzionale tra mobilità attiva e sicurezza stradale: nelle città in cui ci si sposta di più in bicicletta, il numero degli incidenti che coinvolgono i ciclisti diminuisce enormemente mentre pochi ciclisti e pochi pedoni rafforzano la percezione delle strade come spazi realizzati per soli mezzi a motore, favorendo un clima ostile alla mobilità attiva.

 

Inoltre, se il costo del parcheggio dell’auto a Roma per un’ora di sosta è inferiore a quello del biglietto dell’autobus, siamo di fronte ad un chiaro segnale di disincentivazione all’utilizzo del mezzo pubblico, coadiuvata anche da una ZTL che prevede fasce orarie di libero ingresso e non permanente.

 

Insomma, al momento, Roma manca di un Piano d’azione per l’Energia Sostenibile - in fase di elaborazione dall’attuale giunta - mentre i piani di mobilità sostenibile, elaborati in passato, sono stati largamente disattesi. Tanto che anche in termini di mobility management, ossia di politiche e prassi puntuali volte alla mobilità sostenibile, Roma si piazza all’ultima posizione.

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