Non chiamatele “pensioni anticipate”. Con un ritardo notevole sulla tabella di marcia (dovevano partire lo scorso maggio), da quest’anno sono a disposizione dei contribuenti italiani due novità: l’anticipo pensionistico volontario (Ape) e la rendita integrativa temporanea anticipata (Rita). Si tratta di due strumenti concepiti per ammorbidire le rigidità della legge Fornero aumentando la flessibilità in uscita, ma la loro convenienza è quantomeno dubbia.

Nonostante il tentativo italiano di razionalizzare il sistema di accoglienza dei migranti, ancora lontano da una gestione con standard uniformi sull’intero territorio, la rete SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti asilo e Rifugiati), nel 2017, è riuscita a coprire solo il 15 per cento dei circa duecento posti disponibili. E il passaggio dalla prima accoglienza (quella dei Centri di Accoglienza Straordinaria-CAS) alla seconda - dello SPAR, appunto - è avvenuta con forte ritardo e per un numero ancora troppo esiguo di persone.

Ogni anno l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) promuove in tutto il  mondo la “Giornata mondiale della Salute”. La data è il 7 aprile, per ricordare che il 7 aprile del 1948  è stata fondata l’OMS. Ogni anno viene scelto  un tema, su cui promuovere l’attenzione e l’azione dei governi. Quest’anno il tema è la “Copertura sanitaria universale: per tutti e dovunque”.

 

Un obiettivo “alto”: garantire cioè a ciascuno e in ogni luogo servizi sanitari di buona qualità e senza barriere economiche, che costringono le persone alla scelta forzata tra assistenza sanitaria e altri bisogni primari, e che dovrebbe essere raggiunto entro il 2030, in linea con i Sustainable Development Goals (2015).

Esiste una diretta connessione tra le politiche pubbliche discriminatorie e segregative e le frasi di odio rivolte alle comunità rom e sinte. E viceversa. Cioè: laddove esistono insediamenti formali e informali, dove le politiche inclusive sono inesistenti e gli sgomberi forzati sempre più agiti, il livello di tolleranza si abbassa e si innalza la pressione sugli amministratori locali che, a loro volta, si sentono legittimati nel perseverare in approcci sicuritari, secondo i quali l’isolamento spaziale risulta la soluzione.

“Le discriminazioni, in ogni loro forma, sono ancora oggi all’ordine del giorno e sappiamo che c’è ancora tanto da fare” dichiara il portavoce di Amnesty International, Riccardo Noury. Ma almeno, comincia a diffondersi “una maggiore consapevolezza dei nostri connazionali che vedono un cambiamento o, quanto meno, si iniziano a rendere conto del problema”.

 

O meglio, delle violenze e delle violazioni dei diritti umani. Per esempio, contro le persone LGBT, fra le quali il 40, 3 per cento, secondo l’indagine Gli italiani e le discriminazioni, condotta da Doxa per Amnesty International, afferma di essere stato discriminato nel corso della vita, il 24 per cento a scuola o nell’università e il 22 per cento sul luogo di lavoro. Una realtà confermata dalla percezione di un italiano su cinque che ammette che le coppie omossessuali sono ancora vittime di omofobia.


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