Ogni anno l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) promuove in tutto il  mondo la “Giornata mondiale della Salute”. La data è il 7 aprile, per ricordare che il 7 aprile del 1948  è stata fondata l’OMS. Ogni anno viene scelto  un tema, su cui promuovere l’attenzione e l’azione dei governi. Quest’anno il tema è la “Copertura sanitaria universale: per tutti e dovunque”.

 

Un obiettivo “alto”: garantire cioè a ciascuno e in ogni luogo servizi sanitari di buona qualità e senza barriere economiche, che costringono le persone alla scelta forzata tra assistenza sanitaria e altri bisogni primari, e che dovrebbe essere raggiunto entro il 2030, in linea con i Sustainable Development Goals (2015).

Esiste una diretta connessione tra le politiche pubbliche discriminatorie e segregative e le frasi di odio rivolte alle comunità rom e sinte. E viceversa. Cioè: laddove esistono insediamenti formali e informali, dove le politiche inclusive sono inesistenti e gli sgomberi forzati sempre più agiti, il livello di tolleranza si abbassa e si innalza la pressione sugli amministratori locali che, a loro volta, si sentono legittimati nel perseverare in approcci sicuritari, secondo i quali l’isolamento spaziale risulta la soluzione.

“Le discriminazioni, in ogni loro forma, sono ancora oggi all’ordine del giorno e sappiamo che c’è ancora tanto da fare” dichiara il portavoce di Amnesty International, Riccardo Noury. Ma almeno, comincia a diffondersi “una maggiore consapevolezza dei nostri connazionali che vedono un cambiamento o, quanto meno, si iniziano a rendere conto del problema”.

 

O meglio, delle violenze e delle violazioni dei diritti umani. Per esempio, contro le persone LGBT, fra le quali il 40, 3 per cento, secondo l’indagine Gli italiani e le discriminazioni, condotta da Doxa per Amnesty International, afferma di essere stato discriminato nel corso della vita, il 24 per cento a scuola o nell’università e il 22 per cento sul luogo di lavoro. Una realtà confermata dalla percezione di un italiano su cinque che ammette che le coppie omossessuali sono ancora vittime di omofobia.

Da quella di Rimini Viserba, trasformata in uno spazio accogliente per le persone (e le loro famiglie) affette da sindrome di Down a quella di Berchidda, diventata base strategica per il soccorso del 118: sono, finora, quattrocentocinquanta le stazioni italiane, impresenziate o dismesse, (ri)utilizzate per progetti sociali che, oltre ad arricchire il territorio di servizi per la collettività, consentono il mantenimento di edifici altrimenti senza vita e del decoro urbano.

 

E’ un’immagine ben lontana da quella stereotipata del ‘profugo di guerra disperato’ su cui insiste gran parte dell’informazione, quella che restituiscono centotrentasette interviste a immigrati, beneficiari di accoglienza presso strutture della rete del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), condotte da Cittalia e SPRAR e raccolte nel documento "Sguardi e memorie di umanità in fuga".

 

Ne emerge un profilo socio-demografico parecchio eterogeneo relativamente sia alla provenienza geografica sia alle condizioni socio-economiche al momento dell’espatrio, distanti anni luce dalle etichette utilizzate nei paesi d’approdo per semplificarne la categorizzazione e la complicata conoscenza.


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