Da dove vieni? Where do you come from? Una volta era questa la prima domanda che si faceva a una persona straniera, con il rispetto e la curiosità di sapere, di conoscere la sua storia, da dove veniva, per immaginare e anche sognare orizzonti lontani. Da tempo non è più così.  L’ospitalità - preziosa attitudine e consuetudine  di  tutte le popolazioni rivierasche, celebrata fin dall’antichità - è stata soffocata dentro la diffidenza, la paura, l’ostilità. La parola  “straniero” evoca solo distanza, irriducibile alterità.  L’ospite (hospes) diventa il nemico (hostis). Noi e loro, appunto.

 

Al di là del confine, sanno di trovare parenti che li aspettano, reti di connazionali che possono sostenerli o condizioni socio-economiche tali da garantire maggiori opportunità di lavoro e di effettiva integrazione. Ma non ci possono arrivare.

 

Perché, chiusa la frontiera italo-francese di Ventimiglia e aperto un campo di transito voluto dalla Prefettura (e, contestualmente, creatosi un insediamento informale sul greto del fiume Roja), a tre anni di distanza, la situazione resta molto delicata per le, ormai palesi, violazioni della normativa sull’asilo da parte delle autorità locali italiane.

 

Accampati sotto un cavalcavia per poter restare nei pressi della stazione ferroviaria e poter più facilmente entrare in contatto con chi può aiutarli ad attraversare il confine, i migranti di Ventimiglia sono stati sgomberati dall’area sotto il viadotto.

Sono dieci le criticità nel sistema di protezione dell’infanzia che l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza ha denunciato in occasione della presentazione della Relazione annuale a Palazzo Madama, qualche giorno fa. Dall’emergenza educativa alla salute mentale degli adolescenti. Dai diritti dei ragazzi fuori famiglia a quelli figli di genitori separati. Dai minori stranieri non accompagnati all’ordinamento penitenziario minorile. Dalle violenze sui bambini alle povertà minorili, che coinvolgono un milione e duecentonovantaduemila under diciotto.

 

“Quindici anni fa, il 4 febbraio 2002, in Afghanistan, un drone americano lanciava un missile Hellfire contro tre uomini, uccidendoli. Quello era il primo attacco effettuato da un velivolo a pilotaggio remoto con armi a bordo. Il drone era sulle tracce di Osama bin Laden ma, con ogni probabilità, le vittime non erano terroristi, bensì uomini intenti a recuperare rottami di metallo”, si legge nel dossier sugli APR militari italiani, Droni, redatto dall’Osservatorio sulle spese militari italiane – Milex.

Lì, al confine, nello spazio tra due paesi, dove le istituzioni latitano e i migranti restano bloccati sine die, si strutturano questioni sanitarie specifiche che minano la loro salute (e la dignità umana). Per fattori di differente natura - da quella amministrativa a quella politica fino a quella personale - che si rafforzano vicendevolmente: alla base, le condizioni materiali alla frontiera, le quali conducono a uno stile di vita che ha conseguenze sul piano fisico e psicologico; l’insalubrità dei luoghi - dalla promiscuità al freddo - è all’origine di certe patologie “tipiche” di quei contesti, vedi lo sviluppo e la diffusione di infezioni dermatologiche e da parassiti.

 


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