Ci sono miliardi di persone nel mondo che vivono in paesi nei quali la libertà di pensiero e di espressione è fortemente limitata. Se sono atee, poi, sono anche vittime di discriminazioni o persecuzioni sia da parte degli Stati sia da parte della società. Tanto da far passare, senza tanti ostacoli, che sposare il pensiero ateo è un atto di terrorismo, che promuovere valori umanisti è una sorta di attacco criminale alla cultura, che non professare una religione è un crimine morale degno di morte, che i figli possono essere portati via a causa dell’apostasia dei genitori, che mettere in discussione la cultura che le circonda può essere interpretato come blasfemia.

Un’elevata ricchezza nazionale non è sinonimo di una elevata uguaglianza. Anche nei paesi più ricchi del mondo esiste un’inequità educativa. Anche nei quarantuno paesi ad alto e medio reddito membri dell’OCSE o dell’UE. Per fattori che sono fuori dal controllo dei bambini - visto che alcune cause possono risalire a prima della loro nascita - i quali, per questo, partono svantaggiati.

 

Per esempio, per la condizione economica famigliare che genera disparità che si manifestano presto e che tendono a persistere. Anche il genere e il luogo di nascita possono essere determinanti quali fonti di disuguaglianza, comprese (o escluse) le politiche e le pratiche del sistema educativo che, volendo, possono assumere un ruolo di livellamento tra le condizioni di partenza dei bambini o accentuarne le diversità (quando, addirittura, non crearne di nuove).

Da gennaio a settembre 2018, ne hanno beneficiato trecentosettantanove mila nuclei famigliari. Cioè più di un milione di persone. A fare i conti sui percettori del beneficio economico erogato dallo Stato ai nuclei familiari indigenti - comunemente chiamato REI - è l’Osservatorio statistico sul Reddito di Inclusione dell’INPS, proprio nel momento in cui l’attuale governo è in piena battaglia sulla futura legge di bilancio che vorrebbe introdurre il reddito di cittadinanza, superando quello di inclusione, messo a punto dal governo Gentiloni.

Nonostante i timidi segnali di ripresa sul fronte economico e occupazionale, i poveri in Italia continuano a essere troppi: da quattro milioni e settecentomila del 2016 a cinque milioni e cinquantottomila nel 2017. E sono sempre più giovani: i minorenni in povertà assoluta sono un milione e duecentottomila e i giovani fra i diciotto e i trentaquattro anni, un milione e centododicimila. Cioè, un povero su due è giovane o minorenne.

 

A indicarlo, il rapporto Povertà in attesa, redatto da Caritas, che svela i volti della povertà: diminuiscono le storie di povertà ma risultano “più complesse, croniche e multidimensionali”; aumentano le storie di solitudine e diminuiscono le situazioni di chi “sperimenta una stabilità relazionale data da un’unione coniugale”, fattore scatenante nell’entrata in uno stato di bisogno, e sale il numero delle persone senza dimora. Va da sé che alle difficoltà di ordine materiale si affiancano altre forme di vulnerabilità: problemi famigliari, di salute o legate ai processi migratori e al disagio occupazionale.

Più un problema che un’opportunità. Più una minaccia che una risorsa. Questo è l’immigrazione per la maggior parte degli italiani. Per diversi motivi. Primo, perché l’opinione pubblica, abbagliata da un’invasione, è diventata miope e perciò l’immigrazione assume vaghi contorni che, complice la decennale campagna di alcune formazioni politiche, coincide con la clandestinità.

 

Un buon grado di conoscenza del fenomeno (e delle sue dimensioni) sarebbe salutare per la sua percezione reale. Affidata, invece, alla sensazione che gli immigrati rappresentino un’insidia sia economica, in grado di scatenare una (spietata) competitività per risorse di welfare già scarse, sia nei termini della sicurezza. Ma non solo quella relativa al tasso di criminalità che contraddistinguerebbe gli immigrati: a incidere, piuttosto, sul diffuso senso di insicurezza degli italiani è la scarsa fiducia nelle istituzioni.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy