Le risorse stanziate dal Dipartimento Pari opportunità della Presidenza del Consiglio saranno pure superiori rispetto a quanto mai erogato in precedenza così come sono aumentati gli attori coinvolti e i territori beneficiari ma, in ogni caso, c’è ancora una sostanziale difficoltà a far fronte alle numerose richieste di aiuto e a coprirei costi di gestione dei servizi.

 

Questo, quanto emerge dal secondo monitoraggio, effettuato da Actionaid – con dati raccolti tra giugno e ottobre 2018 – che ha analizzato i Fondi antiviolenza nazionali ripartiti tra le Regioni nel biennio 2015-2016 e quelli previsti per il Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere (2015-2017). In particolare, dal rapporto Trasparenza e accountability: i fondi nazionali antiviolenza 2015-2017, la peggiore criticità ravvisata nell’erogazione dei fondi è la lentezza, impattando negativamente sul raggiungimento degli obiettivi del Piano e mettendo a rischio la continuità dei servizi.

 

 

Sebbene il Piano, infatti, dovesse concludersi entro il mese di luglio dello scorso anno, vi sono attività tuttora in corso e altre, addirittura, in procinto di cominciare. D’altronde, è già nell’attivazione del Piano che si leggono i primi ritardi: la graduatoria ufficiale di assegnazione delle risorse è stata pubblicata sedici mesi dopo la sua adozione, a cui si sommano altri mesi necessari per il trasferimento dei soldi e per l’avvio effettivo delle attività.

 

Sui tempi di erogazione delle risorse, poi, incide anche la varietà di strumenti utilizzati per distribuirle: più la filiera della distribuzione dei finanziamenti si allunga e più tempo occorre per programmare, assegnare e liquidare. Così, al 31 ottobre scorso, risultano essere stati erogati trenta milioni e ottocentoquarantaduemila euro, il 56 per cento degli ottantacinque milioni e settecentosettantaquattromila previsti dal Dipartimento Pari opportunità per il triennio 2015-2017.

 

All’area prevenzione sono stati destinati venticinque milioni e cinquecentoquindicimila euro, corrispondenti al 25 per cento delle risorse totali: all’area protezione sono stati assegnati cinquantanove milione, il 69 per cento del totale, di cui il 50 per cento è andato al potenziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio già esistenti e il 12 per cento per l’istituzione di nuove strutture mentre per le azioni sistemiche, ossia quelle rivolte alla creazione di banca dati e al monitoraggio delle politiche attivate, sono stati stanziati quasi quatto milioni di euro.

 

Ma l’analisi degli atti ufficiali regionali ha messo in luce una situazione piuttosto diversificata rispetto alla liquidazione dei fondi per il potenziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio: a circa due anni dalla pubblicazione del DPCM del 25 novembre 2016, le Regioni hanno liquidato solo il 26 per cento delle risorse e sono solo quindici quelle che lo hanno fatto.

 

Fermo restando che le Regioni virtuose dal punto di vista formale - dalle quali è stato facile reperire la delibera on line - poi lo siano parimenti nel fornire i dettagli sulle scelte di spesa e sulle modalità di utilizzo dei soldi, come nel caso di Abruzzo e della Calabria.

 

La ricerca ha valutato anche il livello di trasparenza rispetto alla liquidazione e, con un punteggio da zero a ventinove, individuando come la più opaca la Basilicata, con voto pari a zero perché non è stato possibile reperire alcun documento riguardante i fondi; nessuna Regione ha ottenuto il punteggio massimo ma le Marche si posizionano in testa alla classifica (con ventitre punti), seguita da Piemonte, Puglia, Veneto e Toscana.

 

“Il tempo è prezioso. Il ritardo generale in tutte le fasi di programmazione, stanziamento ed erogazione delle risorse ha un impatto sostanziale sull’attività dei centri antiviolenza e delle case rifugio, mettendo a rischio la possibilità delle donne di accedere ai servizi di supporto per fuoriuscire da situazioni di violenza. Non si tratta di mera burocrazia”, ha commentato la responsabile Programmi di Actionaid, Elisa Visconti.

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