“Partendo dalla constatazione dell’elevata rilevanza assegnata alle migrazioni e della loro drammatizzazione e strumentalizzazione, si registra in un anno (il 2018) in cui i movimenti migratori verso l’Europa sono molto diminuiti”, la presenza di sei milioni e centottomila migranti.

 

A dirlo è il ventiquattresimo Rapporto sulle migrazioni dell’ISMU che rileva, per il 2018, il primato degli arrivi di immigrati passare dall’Italia alla Spagna: da gennaio a ottobre di quest’anno, infatti, nel Belpaese sono sbarcati ventunomila migranti a fronte dei quarantacinquemila giunti nel paese iberico e ai ventiquattromila della Grecia.

 

 

Ciò nonostante, considerando che il vecchio continente non costituisce il principale paese d’approdo dei migranti: la maggioranza delle persone costrette alla fuga, infatti, è approdata nei paesi in via di sviluppo e quattro rifugiati su cinque si fermano nei paesi a loro limitrofi; il principale paese ospitante, poi, è la Turchia e gli stranieri legalmente presenti nell’Unione europea sono meno di trentanove milioni.

 

E sebbene a determinare i flussi migratori di questo periodo storico siano la crisi nella Repubblica Democratica del Congo, la guerra in Sud Sudan e la fuga in Bangladesh dei rohingya provenienti dal Myammar, da dati internazionali si deduce che le partenze non avvengono nella loro maggioranza dai territori più poveri del pianeta, perché le popolazioni non hanno le risorse per intraprendere gli spostamenti.

 

Per quanto riguarda le provenienze, dunque, il 71 per cento degli stranieri residenti in Italia è rappresentato da cittadini dei Paesi Terzi che, in totale, sono tre milioni e cinquecentottantamila, poco meno di un milione proviene dai paesi europei extra Ue - Albania, Ucraina, Moldova - e altrettanto dall’Africa - Marocco, Egitto, Nigeria, Senegal e Tunisia - con un aumento degli stranieri provenienti da Guinea, Mali, Nigeria, Costa d’Avorio e Somalia, sebbene il primato spetti ai rumeni; quelli originari dall’Asia sono poco oltre il milione e quelli provenienti dalle Americhe - Perù ed Ecuador - sono trecentosettantamila.

 

Calano gli sbarcati ma sale la quota degli irregolari: mentre nel triennio 2014-2016 i beneficiari del Sistema di protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR) erano raddoppiati e il numero di immigrati nelle strutture di accoglienza triplicato, nel corso del 2017 il loro incremento è stato assai più contenuto.

 

Così si stimano cinquecentotrentatremila stranieri privi di un valido permesso di soggiorno, in crescita per il moltiplicarsi dei casi di diniego delle richieste di protezione. Nel corso del 2017 sono state esaminate oltre ottantamila domande e, per sei migranti su dieci, è stato negato il riconoscimento di uno status legale. Nel complesso, non è stata riconosciuta alcuna forma di protezione a circa quarantottomila persone, comprese le irreperibili. Su trentaseimila espulsi, solo settemila hanno lasciato l’Italia, di cui quasi cinquemila in modo forzato.

 

E però, nonostante il considerevole calo degli sbarchi sulle coste europee nell’ultimo biennio e la diminuzione dei decessi in mare in numero assoluto, è aumentato il tasso di mortalità: oltre mille e settecento rifugiati hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo. Di cui quasi mille sulla rotta libica, cioè ventuno persone ogni mille, mentre il tasso di mortalità è stato di diciotto ogni mille sbarcati.

 

Certo non per le malattie visto che permane, anche per il 2018, l’”effetto migrante sano”: l’incidenza di casi di tubercolosi è dimezzata con meno di dieci casi di malattia ogni mille abitanti, in calo ance l’incidenza dell’infezione da Hiv. Senza rappresentare un problema per la salute collettiva, gli immigrati, piuttosto, sono contraddistinti da vulnerabilità legate alla salute mentale, in varie forme e complessità, sfocianti soprattutto nella dipendenza da alcol.

 

E c’è un altro aspetto con cui l’Italia (e l’Europa) deve fare i conti: quello religioso. Il Belpaese è al sesto posto in Europa per numero di immigrati musulmani cosicché, analizzando il trend, considerate la giovane età dei fedeli di religione musulmana arrivati e gli indici di natalità delle donne, nel 2050 - ipotizza l’ISMU - il cristianesimo, prima religione al mondo, sarà raggiunto dall’Islam per numero di proseliti. E nel 2070, superato.

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