Speculazione elettorale a danno della salute pubblica. Anzi, a danno della salute dei bambini. Si può immaginare una scelleratezza più grave per chi fa politica? Eppure è passata al Senato e, dopo la pausa estiva, passerà alla Camera. Il governo gialloverde ha infilato nel decreto Milleproroghe il rinvio di un anno dell'obbligo di vaccinazione per i bambini che vanno a scuola.

 

E visto che questa follia da sola non bastava, hanno aggiunto anche una contraddizione: il prossimo anno scolastico i genitori dovranno comunque presentare l’autocertificazione delle avvenute vaccinazioni obbligatorie, la più suprema delle buffonate.

 

Quella di Foggia è una strage frutto di un incidente, a sua volta prodotto inevitabile di un condizione di lavoro che non può non essere definita bestiale. Un colpo di sonno dell’autista pare sia stata la causa dello sbandamento del mezzo che portava gli immigrati al lavoro nei campi. E’ il secondo che avviene nel giro di pochi giorni. Certo, a volte un incidente ha l’imponderabile tra le sue cause, ma non in questo caso.

 

In questo caso è lo scotto da pagare per tenere i costi più bassi del minimo, con mezzi strapieni e, per questo, privi di ogni aderenza e controllo sul terreno. Qui ci sono solo i tempi, i ritmi del lavoro nei campi imposti dalla filiera. La sicurezza è una superstizione, il profitto come che sia è l’unica religione.

 

Sono modi, ritmi e orari infami per il cumulo di fatica e per i salari miserabili con cui vengono pagati; sono indegni di un mercato del lavoro decente perché in quella dose enorme di sfruttamento e maltrattamenti, di impotenza, di ricatti, di minacce e di violenza, le braccia che raccolgono e trasportano costituiscono la base fondamentale di una filiera che arricchisce solo le società di distribuzione, mentre a stento offre al contadino un riscontro decente per un lavoro di mesi.

La domanda crescente continua ad alimentare l’offerta. Di quelle migliaia di minorenni stranieri finiti, in Italia, nel circuito dello sfruttamento. Di un profitto a vari livelli. Giovani nigeriane e rumene a scopo sfruttamento sessuale e minori egiziani per quello lavorativo.

 

L’ingresso nel circuito della tratta ha tappe fisse e procedure criminali standardizzate: la prima, che, spesso, i trafficanti utilizzano i CAS come centri di reclutamento, operazione facilitata dalla mancata pronta identificazione - tramite l’accertamento dell’età - delle minori al momento dello sbarco.

 

Ma se, comunque, l’intercettazione della realtà delle giovani nigeriane è più facile, quella delle giovani vittime rumene è scarsa ed episodica. Nonostante il fenomeno rimanga sommerso per la soggiogazione fisica e psicologica a cui sono sottoposte le ragazze e le costanti minacce di morte che subiscono, i dati riportati nel dossier Piccoli schiavi invisibili 2018, redatto da Save the children e uscito qualche giorno fa, dicono che la presenza di giovani rumene sfruttate su strada abbia dimensioni enormi.

Nonostante l’hotspot rappresenti il sistema ordinario con il quale le autorità italiane gestiscono l’accoglienza dei migranti, a tre anni dalla loro istituzione, manca una disciplina organica. E a regolarlo sono le Procedure operative standard (SOP) che, però, hanno permesso, troppo spesso, numerose e rilevanti violazioni.

 

In un documento, indirizzato al ministero dell’Interno, Indiewatch, Cild, ASGI, Cledu Palermo, Arci e Actionaid rilevano delle incongruenze con la normativa vigente. Per esempio, per quanto attiene ai profili della limitazione della libertà personale: è illegittima la previsione contenuta nelle SOP secondo la quale è necessario il fotosegnalamento dei migranti prima di uscire dall’hotspot o il trasferimento in un’area dedicata dell’hotspot in caso di avvenuta impossibilità di rilevare le impronte digitali.

Sei italiani su dieci sono “preoccupati”; il 58 per cento è “abbastanza preoccupato”. A una manciata di giorni dalla Giornata internazionale della tratta di esseri umani, il 30 luglio, questo è l’atteggiamento generale degli abitanti del Belpaese nei confronti del fenomeno dell’immigrazione.

 

Secondo il sondaggio effettuato da Doxa, a incidere sul livello di preoccupazione degli italiani sono i temi dell’ordine pubblico e della sicurezza: lo sostiene il 48 per cento degli intervistati, raggiungendo picchi del 54 per cento tra gli over cinquantaquattro e del 55 per cento tra gli abitanti del Nord Est, i quali chiedono che si distingua tra profughi, immigrati regolari e clandestini. Lo chiede l’83 per cento degli abitanti del Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Veneto contro il 77 per cento della media nazionale, e l’82 per cento di chi pretende la (assurda) differenziazione appartiene alla classe di età dei 35-cinquantaquattrenni.

 

A parte questa classificazione per fascia d’età, la preoccupazione rispetto all’immigrazione è trasversale sia in relazione alla situazione anagrafica sia rispetto all’area geografica. Unica eccezione: nelle città con oltre centomila abitanti, la preoccupazione interessa il 63 per cento, registrando cinque punti in più della media nazionale.

 

A fronte di un titolo di studio più alto decresce il grado di pericolo percepito cosicché solo un laureato su due si dice preoccupato mentre tra i possessori di licenza media, la soglia tocca il 60 per cento; il livello di istruzione gioca, anche, un ruolo chiave rispetto all’idea che gli immigrati rappresentino una minaccia per l’occupazione: a pensarlo, infatti, solo l’11 per cento dei laureati contro il 39 per cento di coloro che non sono andati oltre la terza media.

 

Nonostante qualche peculiarità, dunque, i dati del sondaggio mostrano che lo spirito d’accoglienza degli italiani risulta elevato; per loro, chi scappa da guerre e terrorismo “va accolto”: è così per il 75 per cento degli italiani, l’85 per cento dei millennials, l’83 per cento del Centro Italia, l’81 per cento dei laureati, il 69 per cento dei residenti nelle grandi città.

 

Percentuali più alte rispetto a dicembre 2017; era al 70 per cento il livello di accoglienza, al 45 per cento il livello di preoccupazione (oggi sceso al 33 per cento) di fronte a una eventuale richiesta da parte delle istituzioni di ospitare i migranti nel proprio quartiere; e la soglia generale di preoccupazione era superiore di venti punti così come è superiore di otto punti – 44 per cento a dicembre 2017 versus il 52 per cento a luglio 2018 – il numero di italiani , uno su due, che pensano che “gli immigrati rappresentano una risorsa per il Paese”.  A dicembre dello scorso anno, gli italiani preoccupati erano otto su dieci. Due in più.


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