Tra fake news e accanimento mediatico sull’invasione dei migranti (definiti, per giunta, portatori di malattie), i media hanno dimenticato di riportare notizie sulle gravi crisi umanitarie che, sebbene dall’altra parte del mondo, hanno segnato l’anno appena trascorso. Sono dieci quelle più sottovalutate e passate in sordina fra alluvioni, conflitti interni e repressioni.

Pagano un prezzo altissimo per difendere i diritti umani fondamentali. A volte, con la vita. Nel 2017 ne sono morti trecentododici. Sfidano dittature, regimi oppressivi, multinazionali distruttive e conservatori religiosi. In cambio ricevono diffamazioni, criminalizzazioni e violenza. Con una strategia ben coordinata all’insegna dell’intimidazione e dell’emarginazione. Subiscono attacchi fisici, minacce, molestie giudiziarie da parte di forze governative e non con l’intento di ostacolarne il lavoro pacifico.

A volte, raggiunta la maggiore età, non hanno la possibilità di poter contare su una famiglia, su un appoggio economico, su una casa, su qualcuno che possa accompagnarli ancora un po’ nel cammino della vita. Fuori dalla famiglia di origine sin da piccoli, dopo molti anni trascorsi nelle case famiglia, i neomaggiorenni - spesso diciassettenni – si trovano in quel territorio di preoccupazione e di vuoto di tutela e protezione.

Diciamolo chiaro e senza perifrasi: a fine legislatura e nella migliore delle ipotesi, si può tranquillamente definire Gian Luca Galletti come il peggior ministro dai tempi in cui fu istituito il Dicastero Ambiente a oggi. Una materia nella quale non hanno certo brillato i suoi predecessori, ma l’arroganza, il pressapochismo, l’asservimento alle lobbie dettati a suon di decreti dal governo Gentiloni, non ha avuto pari e purtroppo, da destra a sinistra con le elezioni alle porte non s’intuisce uno spiraglio per un cambiamento di rotta, in pratica, ciò che si teme per le questioni ambientali, è inscritto in un panorama politico desolante.

Dal 1989, anno del decreto ministeriale sulle barriere architettoniche, preceduto, nel 1968, da quello sugli standard urbanistici, lo scenario socio-demografico dell’Italia è cambiato radicalmente, a causa della crescente longevità dei cittadini. Dal 2013, il Belpaese ha visto raddoppiare la sua popolazione anziana da meno di uno su dieci a più di uno su cinque, che devono fare i conti, oltretutto, con una spiccata urbanizzazione delle cui conseguenze - impatto sulle strutture del welfare, frantumazione delle reti di relazioni sociali e culturali in ambito locale e di vicinato e perdita d’identità dei luoghi - risentiranno a lungo termine.


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