Quando la raffigurazione della tragedia è inessenziale alla comprensione del fatto di cronaca raccontato e diventa un mero strumento di accrescimento del pathos, siamo sintonizzati sulla televisione del dolore. Quando questo è protagonista incessante delle storie narrate, incorniciate da musiche malinconiche o ipnotiche, stiamo guardando la sua spettacolarizzazione strumentale.

Sebbene con qualche acciacco, il sistema sanitario italiano gode, tutto sommato, di discreta salute. E la diagnosi, riportata nel I° Rapporto sul sistema sanitario italiano, effettuata dall’Enpam e dall’Eurispes, è relativa al suo funzionamento: a parte i disagi conseguenti al mancato turn over, sostanzialmente fermo da sette anni, alla sempre più invasiva precarietà del lavoro a chiamata per periodi anche brevissimi o secondo la logica interinale, e malgrado l’Italia si attesti fra i primi sette paesi europei a ritenersi “insoddisfatti” delle cure mediche ricevute, il sistema sanitario italiano, pur con qualche carenza, non si può certamente dire inadempiente.

Duemilaseicento testimonianze dirette di migranti transitati dalla Libia in Italia non lasciano adito a dubbi: a farla da padrone, violenze sistematiche intenzionali, trattamenti inumani e degradanti.

 

“Siamo stati portati in una prigione a Tripoli, chiamata Zanzoo (Janzur, n.d.r.). Io e mio marito siamo stati portati in parti differenti della prigione. Ci hanno chiesto mille dinari per essere rilasciati (621 euro, n.d.r.), ma noi non ne avevamo. Io ero in una stanza con altre settantadue donne, non c’era spazio per stendersi e io ero sempre seduta sulle mie braccia sotto le gambe. Il cibo era pieno di vermi, ho passato quasi un mese senza mangiare praticamente nulla. C’era solo un bagno per settantacinque persone. Sono stata ripetutamente picchiata, ho anche visto due uomini picchiare una persona fino a ucciderla. Dopo otto mesi, un poliziotto ha liberato mio marito ma lo ha costretto a lavorare per lui in un autolavaggio. Dopo due mesi anche io sono stata rilasciata e ho raggiunto mio marito nell’autolavaggio, fino a quando il poliziotto ha deciso di andarsene a Tunisi a causa degli scontri in Libia e ha organizzato il viaggio in Italia”.

Seppure tutelati da normative e convenzioni internazionali e nazionali, i diritti dei minori stranieri non accompagnati – più di quindicimila in Italia e in aumento nell’ultimo triennio – si scontrano con una gestione emergenziale e che ha come priorità quella di trovare posti nei centri di accoglienza più che far fronte a situazioni individuali, fatte di casi critici e delicate vulnerabilità.

La difficoltà nella gestione dei flussi migratori, la questione della cittadinanza, casi criminali di spiccata efferatezza, sgomberi e disordini nei centri di accoglienza e l’accusa alle ONG, sono stati, stando a quanto si legge nel V Rapporto di Carta di Roma, Notizie da paura, i temi al centro dell’agenda mediatica migratoria del 2017.


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