A volte, raggiunta la maggiore età, non hanno la possibilità di poter contare su una famiglia, su un appoggio economico, su una casa, su qualcuno che possa accompagnarli ancora un po’ nel cammino della vita. Fuori dalla famiglia di origine sin da piccoli, dopo molti anni trascorsi nelle case famiglia, i neomaggiorenni - spesso diciassettenni – si trovano in quel territorio di preoccupazione e di vuoto di tutela e protezione.

 

 

Verso l’autonomia. Con una velocità che fa correre il rischio di “non considerare un tempo necessario, capace di coniugare il senso di una storia, le fasi evolutive della crescita e i limiti della realtà”, si legge nel documento Accompagnamento verso l’autonomia: i servizi residenziali per giovani in uscita dalla tutela, a cura del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza.

 

Secondo i dati più recenti, sono circa quattromila e settecento i neomaggiorenni in uscita dal sistema di tutela, di cui di duemila e settecento non si conosce la destinazione, apparendo, così, indefinita una progettazione del loro stesso percorso esistenziale. Alcuni ce la fanno. Altri arrancano col conseguente rischio di esclusione sociale, povertà e devianza.

 

Se per i giovani con una famiglia alle spalle la disoccupazione desta enorme preoccupazione, per loro è causa di gravi ripercussioni. Con vissuti drammatici e turbolenti, l’incertezza di una formazione opportuna e finalizzata e l’assenza di soluzioni abitative sostitutive della casa famiglia che li ha accolti, li astrae da una cittadinanza responsabile e attiva.

 

L’esperienza in casa famiglia produce, certo, dei risultati che, però, non sono acquisiti una volta per tutte ma, anzi, necessitano di azioni di consolidamento con movimenti di accompagnamento tesi a proteggere i risultati raggiunti. Che devono diventare certezze in grado di non far sentire l’angoscia della solitudine.

 

Gli appartamenti per l’autonomia, posti in essere da alcune amministrazioni locali, rappresentano “quello spazio e quel tempo, reali e simbolici, di transito e avvicinamento a un futuro indipendente, resiliente e positivo” per migliaia di ragazzi nel nostro Paese. Ne definiscono una sorta di essere al mondo, di essere nell’abitare che ha forti influenze sull’identità personale.

 

Modello ancora residuale, però, gestito dalle Regioni, e caratterizzato da un’incredibile sfaccettatura e differenziazione delle normative vigenti – quando presenti – senza una strutturazione e di entità non adeguata, dal 23 dicembre scorso, forse, qualcosa cambia.

 

Il passaggio dal bisogno di dipendere all’esigenza di essere autonomi contemplerà un continuum: all’articolo 30 (Fondo per la crescita e l’assistenza di giovani fuori famiglia) della Legge di bilancio 2018, infatti, si legge che viene riservato, in via sperimentale, dal 2018 al 2020, un ammontare di cinque milioni di euro l’anno per garantire interventi “volti a permettere di completare il percorso di crescita verso l’autonomia garantendo la continuità dell’assistenza, sino al compimento del ventunesimo anno d’età”.

 

Per poter, forse, raggiungere non solo l’età giusta ma, soprattutto, la sicurezza che la casa può essere bruciata, danneggiata, distrutta ma mai persa.

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