Chi pensa che l’uscita di Biden dalla Casa Bianca sia il segnale di scampato pericolo, finirà presto per ricredersi. Se è vero che il delirio da crociati 3.0 dei democratici statunitensi portava il mondo verso una crisi militare da cui sarebbe stato difficile tornare indietro, è altrettanto vero che la compagine che s’insedierà tra poco più di venti giorni al 1600 di Pennsylvania Avenue a Washington DC, contiene in sé ogni possibile allarme verso i governi che scelgono politiche sovrane di difesa degli interessi nazionali e che provano a creare un ordine internazionale più giusto, almeno più equilibrato.

Un recente articolo del New York Times ha rivelato l’esistenza di documenti ufficiali delle forze armate israeliane che autorizzano l’uccisione di venti civili non combattenti per ogni presunto sostenitore di Hamas. In alcuni casi, il rapporto raggiunge addirittura 100 a uno. Questi documenti gettano una luce inquietante sulla strategia di Israele, confermando anche in maniera formale che l’obiettivo della guerra a Gaza non è solo quello di colpire i combattenti di Hamas, ma anche e soprattutto di infliggere il massimo danno possibile alla popolazione civile palestinese.

L’attacco intenso di queste ultime ore sulla rete energetica ucraina è la risposta di Mosca alla recente ondata di bombardamenti ucraini sulla città russa di Kazan con l’uso di missili balistici statunitensi a medio raggio ATACMS, così come all’assassinio a Mosca del Generale Kirillov. Tutto indica che l’Ucraina, vista l’assoluta incapacità militare di riconquistare un terzo del paese ormai in mani russe, tenta di dimostrare una presunta vitalità militare, nonostante sia costretta con forza e brutalità ad arruolare giovani per mandarli a morire in una guerra già persa.

Con una inchiesta pubblicata venerdì scorso, il Wall Street Journal ha reso noto di aver scoperto come negli ultimi 4 anni alla Casa Bianca non governasse più Biden, assolutamente incapace di intendere e di volere. Il presidente statunitense, che per altri 30 giorni governerà gli Stati Uniti e, per consunzione, l’intero Occidente Collettivo, è vittima da anni di uno stato di demenza senile che lo rende assolutamente incompatibile con un ottimale stato psico-fisico  necessario per l’esercizio del mandato. Anzi, ne sarebbe una fondamentale pre-condizione per svolgerlo.

La guerra in Siria, lungi dall'essere conclusa, continua a rappresentare un terreno di scontro tra le grandi potenze e i loro interessi strategici. Protagonista di questa fase è Abu Mohammad al-Jolani, il leader di Hay'at Tahrir al-Sham (HTS), un tempo affiliato ad al-Qaeda e ora apparentemente riciclato in un ruolo più accettabile per le cancellerie occidentali. La metamorfosi di al-Jolani non è solo personale, ma anche simbolica di come l'Occidente manipola e ridefinisce le sue alleanze in Medio Oriente. In un contesto in cui il controllo delle risorse e delle rotte strategiche resta prioritario, al-Jolani si è trasformato da terrorista in interlocutore, incarnando una strategia imperiale che strumentalizza gruppi armati per esercitare pressione geopolitica.


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