A circa due settimane dal voto che ha confermato il Presidente Nicolas Maduro alla guida del Venezuela, l’offensiva golpista guidata dagli Stati Uniti non cessa e il clamore mediatico e politico che si alza sul dettato diffuso da Washington produce un clima di scontro con cui si tenta di intorbidire la vittoria politica del chavismo.

Sul riconoscimento della legittima vittoria di Maduro non hanno avuto dubbi da subito né il Nicaragua, né Cuba, quindi Bolivia e Honduras ed ora Messico. A rafforzare la legittimità delle elezioni venezuelane è stata soprattutto l’ALBA, che a seguito di una riunione straordinaria convocata per esaminare la situazione ha espresso la totale ed incondizionata solidarietà con il Venezuela ed il suo governo sotto attacco imperiale.

La risoluzione dell’ALBA ha una importanza che va oltre la sua stessa dimensione, perché dà voce ad un blocco di paesi che, insieme al Venezuela, rappresentano l’alternativa di modello nel continente latinoamericano. Che rivendica, in premessa, sostanza e prospettiva, lo sganciamento dei paesi latinoamericani dal Washington Consensus e si sottrae ad ogni tentativo di ingerenza negli affari interni da parte di paesi terzi, siano essi rappresentanti del centro dell’impero (USA e UE) o della sua periferia (Cono Sud o Centroamerica).

L’operazione suicida ucraina nella regione russa di Kursk continua a registrare violenti combattimenti e perdite pesanti, con le forze di Mosca che stanno lentamente riprendendo il controllo del territorio invaso a sorpresa all’inizio di agosto. Sullo scopo reale dell’iniziativa il dibattito resta aperto, ma almeno due conseguenze che essa ha determinato sul campo sembrano già essere acquisite. La prima è la nuova impennata nel numero di perdite di uomini e mezzi ucraini; la seconda l’accelerazione dell’avanzata russa sul fronte del Donbass, da cui sono state sottratte forze dai vertici militari di Kiev per essere dirottate appunto verso la probabilmente inutile operazione a Kursk.

L’arresto in Francia del fondatore della piattaforma di messaggistica Telegram, Pavel Durov, è un’operazione politica calcolata e messa in atto dal governo di Parigi con la probabile collaborazione degli Stati Uniti. Le accuse che potrebbero essere formalizzate nei confronti del 39enne miliardario di origine russa sono palesemente un pretesto per mettere sotto controllo o distruggere del tutto la popolare app di sua proprietà. L’iniziativa della giustizia francese va ricondotta alla battaglia in corso praticamente in tutto l’Occidente contro la libertà di informazione e la privacy digitale, ma ha anche l’obiettivo di favorire la propaganda NATO nel conflitto in corso contro la Russia sul territorio ucraino.

Le conseguenze dell’attacco di Hezbollah in territorio israeliano nel fine settimana continuano a rimanere occultate dalla censura del regime di Netanyahu. Secondo il premier israeliano, inoltre, le forze armate sioniste avevano colpito con un’operazione “preventiva” buona parte dei sistemi di lancio del partito-milizia sciita in Libano, limitando considerevolmente i danni in seguito provocati. Le dichiarazioni di Netanyahu non sembrano tuttavia trovare riscontri concreti. L’iniziativa di Hezbollah potrebbe avere comunque un seguito nel breve periodo, ma già da ora, se portata a compimento nei termini descritti dal suo leader Hassan Nasrallah, potrebbe nuovamente ridefinire i meccanismi di deterrenza lungo il fronte meridionale, con ripercussioni sul genocidio in corso a Gaza e gli equilibri strategico-militari dell’intera regione.

Hezbollah ha utilizzato missili e droni per rispondere all’assassinio del comandante di alto livello, Fuad Shukr, avvenuto a Beirut il 30 luglio scorso. Due sarebbero stati gli obiettivi principali dell’attacco. Il primo è l’unità 8200 dell’intelligence militare israeliana situata nella base di Glilot a un centinaio di chilometri dal confine libanese e praticamente alla periferia di Tel Aviv. L’altro è la base aerea di Ein Shemer, a 75 chilometri dal primo e a 40 dalla seconda.

Si chiama “Alleanza di associazione” la nuova legge che disciplinerà l’attività delle Organizzazioni non governative in Nicaragua disegnandone i contorni dell’agire. La nuova legge ridefinisce e precisa la loro natura giuridica, e indica nell’associazione con lo Stato nicaraguense l’unica forma contrattuale possibile per il suo operare. In sostanza, la nuova legge si fonda su due aspetti, uno di carattere giuridico-amministrativo ed un altro di carattere eminentemente politico, direttamente legato alle finalità dell’intervento delle Ong che non può non prevedere una presenza di natura sussidiaria sulla base del principio di solidarietà e condivisione.


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