Secondo informazioni provenienti dalla La Fiscalía General dell’Ecuador, sei persone sono state arrestate come sospette di partecipazione all’omicidio del candidato a la Presidenza dell’Ecuador, Fernando Villavicencio, assassinato subito dopo un suo comizio a Quito. Ritrovato anche un veicolo con armi e granate. Il killer rimasto gravemente ferito, dopo essere stato disarmato e immobilizzato, dopo la sparatoria con la scorta del candidato che aveva fatto seguito all’attentato, ed è morto durante il trasporto all’ospedale.

Villavicencio era uno degli otto candidati alla presidenza dell’Ecuador e non figurava nelle prime posizioni nei sondaggi che attribuiscono invece un notevole vantaggio alla candidata di Revolución ciudadana, Luisa González.

L’omicidio ha suscitato varie reazioni nel Paese. L’ex presidente Rafael Correa, leader storico di Revolución ciudadana, ha parlato dell’Ecuador come “Stato fallito” e la parlamentare dello stesso partito per Asia, Europa ed Oceania, Esther Cuesta, da me interpellata, ha dichiarato che l’episodio dimostra lo stato di degrado della democrazia in Ecuador, aggiungendo, su mia precisa domanda, che non si stupirebbe se dietro l’assassinio di Villavicencio vi fosse un intento destabilizzatore.

Il Sahel agita l’Occidente. In particolare la Francia che, cacciata dal Mali, perde ora anche il Niger, pedina fondamentale nella sua scacchiera africana. L’uranio del Niger che viene a mancare è oggi a maggior ragione strategico dopo la fine dell’import di idrocarburi dalla Russia, conseguenza della rottura dell’Europa con Mosca. Il Niger infatti, fornisce il 40% dell’uranio necessario alla Francia per il funzionamento delle sue centrali nucleari.

Anche la cacciata dal Mali non è stata indolore per l’Eliseo. La Francia non ha nemmeno una miniera d’oro, ma grazie al prelievo di 50 tonnellate di oro all’anno dalle 860 miniere del Mali, si trova al quarto posto del mondo per riserve del prezioso metallo, ben 2436 tonnellate. E l’aumento delle riserve aurifere è oggi strategico proprio di fronte alla crisi monetaria di Dollaro ed Euro e al venir meno del controllo totale sulla produzione di idrocarburi. Dunque uranio e oro garantiti fino a pochi mesi orsono, con l’insediamento di governi a forte identità nazionalista ed anti coloniale, diventano un ricordo e aprono un buco non indifferente nei conti francesi.

Come annunciato qualche giorno fa dallo stesso Donald Trump, martedì è arrivata la conferma ufficiale dell’incriminazione dell’ex presidente americano per i fatti legati all’assalto del Congresso di Washington il 6 gennaio 2021. Sono quattro i capi d’accusa che un “grand jury” federale ha contestato all’ex inquilino della Casa Bianca in un procedimento tardivo che lascia aperte più questioni di quante intenda risolverne. Il caso si aggiunge a una lunga serie di cause legali che stanno interessando Trump alla vigilia dell’inizio della campagna elettorale per le presidenziali del 2024, due delle quali già sfociate in altrettante incriminazioni formali.

Le imputazioni sono il risultato dell’indagine condotta dal procuratore speciale Jack Smith, nominato dal dipartimento di Giustizia dell’amministrazione Biden, basatasi a sua volta sul lavoro della commissione della Camera dei Rappresentanti che aveva cercato di fare luce sulla rivolta fomentata da Trump per fermare il processo di ratifica della vittoria elettorale di Joe Biden nelle elezioni del novembre 2020. I quattro capi d’accusa sono: cospirazione per frodare gli Stati Uniti; cospirazione per ostacolare un procedimento ufficiale; ostacolo e tentativo di ostacolare un procedimento ufficiale; cospirazione contro il diritto di voto.

Il golpe militare di qualche giorno fa in Niger ha dato l’impressione a molti osservatori di essere l’ultima tessera del domino a cadere in una regione, come quella del Sahel, flagellata da oltre un decennio di fallimentari politiche “anti-terroristiche” promosse dall’Occidente. Come e ancor più dei vicini Mali e Burkina Faso, il Niger rappresenta un caso interessante per il futuro degli equilibri strategici in Africa e il successo o meno della giunta appena installatasi al potere nella capitale, Niamey, dipenderà in larga misura dalla risposta degli attori internazionali coinvolti, dalla Francia agli Stati Uniti, fino alla Russia.

Le vicende giudiziarie del figlio del presidente degli Stati Uniti, Hunter Biden, continuano a essere al centro dello scontro politico americano a pochi mesi dall’inizio della stagione elettorale 2024 che minaccia di essere dominata dai guai legali dei due candidati che quasi certamente si sfideranno per la Casa Bianca. Il secondogenito di Joe Biden si è visto annullare questa settimana da un giudice federale il patteggiamento che aveva concordato con la procura dello stato del Delaware per evitare un’accusa relativamente grave legata al possesso illegale di un’arma da fuoco.

Questi ultimi sviluppi hanno colto di sorpresa gli ambienti politici di Washington, dove il caso ha infiammato ancora di più le polemiche nell’ala del Partito Repubblicano più vicina a Donald Trump e che chiede un procedimento di impeachment contro l’attuale inquilino della Casa Bianca. L’eventuale incriminazione del presidente sarebbe collegata a questioni diverse che riguardano la famiglia Biden, ma durante il dibattito di mercoledì nel tribunale del Delaware sono emersi elementi che ad esse si ricollegano direttamente. Inoltre, la mancata ratifica del patteggiamento ha gettato benzina sul fuoco del conflitto politico in atto.


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