I governi di Stati Uniti e Francia sostengono di essere impegnati in queste ore in una frenetica attività diplomatica per cercare di fermare l’escalation sul fronte libanese tra Hezbollah e Israele. Netanyahu ha però smentito giovedì le voci di una tregua imminente, per poi tornare a incendiare gli animi della popolazione dello stato ebraico, fino ad ora in larga misura favorevole alle operazioni in corso oltre il confine settentrionale. In maniera perfettamente coerente con il copione della propaganda sionista, gli eventi di questi giorni vengono presentati come una dimostrazione di forza da parte di Israele, in grado di dettare i termini della resa o di un accordo di pace al nemico di turno. La realtà dei fatti è tuttavia diversa e gli obiettivi di Tel Aviv, anche se possono apparire a portata di mano, restano molto difficilmente raggiungibili, a Gaza come in Libano.

Il tour della disperazione di Zelensky negli Stati Uniti avrà il suo clou giovedì con il vertice alla Casa Bianca col presidente uscente Biden e la candidata Kamala Harris. La trasferta coincide com’è noto con l’annuale Assemblea Generale delle Nazioni Unite. In questa sede e in varie interviste alle reti americane, l’ex comico televisivo ha ripetuto le solite fantasiose analisi e previsioni sulla guerra in corso nel suo paese, anticipando inoltre il “piano per la vittoria” contro la Russia che dovrebbe essere presentato nel dettaglio all’amministrazione democratica. Come il piano di Zelensky possa avere una qualche possibilità di riuscita in una situazione militare catastrofica e senza includere una trattativa diplomatica con Mosca resta tuttavia un mistero.

Nel cuore del Caucaso, una regione caratterizzata da secoli di rivalità etniche, contese territoriali e scontri geopolitici, sta emergendo una nuova questione capace di ridefinire i fragili equilibri dell'area: il Corridoio Zangezur. Situato nella parte meridionale dell'Armenia, questo stretto tratto di terra è diventato il fulcro di tensioni tra Armenia, Azerbaigian e Turchia, con implicazioni che superano ampiamente i confini locali, giungendo a coinvolgere grandi potenze come la Russia e l'Iran, oltre che l'Unione Europea e gli Stati Uniti.

Le elezioni amministrative di domenica nello stato orientale tedesco del Brandeburgo hanno apparentemente dato una boccata di ossigeno al cancelliere, Olaf Scholz, a un anno dal voto per il rinnovo del parlamento federale. Dopo i risultati pesantissimi per il suo partito a inizio settembre in Sassonia e Turingia, c’erano parecchi timori per una possibile nuova batosta nel “Land” che circonda Berlino, a tutto favore dell’estrema destra di Alternativa per la Germania (AfD). I Socialdemocratici (SPD) si sono invece confermati la prima forza, ma le circostanze del successo non offrono spiragli di ottimismo per Scholz e il partito. Vari fattori hanno infatti influito sull’esito della consultazione, nessuno dei quali da collegare alla popolarità del governo guidato dal cancelliere.

È stato innanzitutto il clima politico e mediatico venutosi a creare dopo lo “shock” di Sassonia e Turingia ad avere influito sulle scelte degli elettori nel fine settimana. Il sito Politico ha citato un’indagine statistica che rivela come tre su quattro votanti per la SPD nel Brandeburgo abbiano preso questa decisione non per affinità con il partito di Scholz ma piuttosto per impedire che la AfD arrivasse al potere nello stato. Quella registrata domenica è quindi una relativa mobilitazione contro i neo-nazisti che è confermata anche dall’affluenza record in questo “Land”, passata dal 61,3% del 2019 al 74% di domenica.

In questa fase storica così convulsa, dove il vecchio mondo unipolare, dando vita a frammenti di terza guerra mondiale cerca di impedire con la forza l’affermarsi del nuovo mondo multipolare, ci sono attori che danno spettacolo, quasi mai rimarchevole per contenuto ma sempre all’altezza per le tecniche attoriali. Un caso esemplare lo si può rintracciare nel Parlamento Europeo, apparente espressione politica dell’Unione Europea che però, storicamente, è il primo dei governi mondiali ad ignorarne ruolo e decisioni.


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