Dal vertice BRICS a Johannesburg, passando per il G20 a Nuova Dheli e terminando con il G77+Cina a L'Avana, il termine "de-dollarizzazione" è entrato ormai nel lessico abituale della politica, soprattutto quando il Sud globale prende la parola. De-dollarizzazione, dunque. Ovvero, riduzione progressiva dell’utilizzo del Dollaro statunitense negli scambi internazionali e nei depositi di riserve strategiche degli stati. Conseguenze? Riduzione dell’influenza degli Stati Uniti nella gestione dell’economia internazionale. La sola ipotesi genera di per sé un cambio epocale negli equilibri economici internazionali. Si parla non a caso di dittatura del Dollaro, proprio per sottolineare l’influenza assoluta dell’utilizzo della Divisa statunitense sull’economia globale. La sua diffusione e le regole per il suo utilizzo, fissate unilateralmente dell’emittente, determinano una pesante ipoteca degli USA sui mercati internazionali, perché attraverso il potere decisionale sull’utilizzo del Dollaro gli USA decidono quali paesi, quando, dove e in quali prodotti possono commerciare, scambiare, investire.

L’incontro tra il presidente russo Putin e il leader nordcoreano, Kim Jong-un, è avvenuto significativamente al termine di un’annuale conferenza nell’estremo oriente russo che, mai come in questa occasione, intende promuovere le opportunità di sviluppo e le prospettive strategiche di Mosca in Asia orientale. Un altro elemento logistico di rilievo è stata la scelta di una località non lontana dal confine con la Cina, quasi a ratificare il consolidarsi di una tripla alleanza tra Russia, Corea del Nord e, appunto, Repubblica Popolare Cinese di fronte alla crescente aggressività degli Stati Uniti e dei loro alleati.

Gli Stati Uniti e l’Iran sarebbero vicini a finalizzare un accordo per lo scambio di detenuti e, soprattutto, per lo sblocco di sei miliardi di dollari di fondi della Repubblica Islamica congelati in Corea del Sud a causa delle sanzioni unilaterali americane. L’intesa, mediata dal Qatar, deve probabilmente superare ancora qualche sconosciuto ostacolo, ma ha già sollevato interrogativi tra gli osservatori sui possibili riflessi che potrebbe avere, assieme ad alcuni altri recenti sviluppi, sulle trattative – in stallo da tempo – per il ripristino dell’accordo sul nucleare iraniano (JCPOA).

Definito da tutti i partecipanti e dall’insieme degli osservatori un “compromesso accettabile” tra le resistenze dell’unipolarismo occidentale al mantenimento dell’asse politico in chiave ultra monetarista e le pressioni del Sud globale, che hanno portato all’immissione dell’Africa nell’organizzazione, si è concluso il Vertice del G20 di Nuova Delhi.

Per l’assalto alla sede del Congresso americano del 6 gennaio 2021 sono già state avviate più di 1.100 incriminazioni formali negli Stati Uniti ai danni di sostenitori di Donald Trump. Oltre 300 sono invece le sentenze di condanna emesse, ma la più pesante e significativa è stata quella di martedì contro l’ex leader della formazione paramilitare di estrema destra, Proud Boys, Henry “Enrique” Tarrio. Informatore dell’FBI e tra i registi – o presunto tale – del tentato golpe seguito alle presidenziali del 2020, Tarrio dovrà scontare 22 anni di carcere per il reato di “sedizione” nonostante non si trovasse fisicamente a Washington nel giorno dell’attacco a “Capitol Hill”.


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