Non ci vogliono stare. La propaganda atlantista rilancia, imperterrita e sbruffona, traendo alimento dalla triste e oscura fine di Alexei Navalny. Eppure la situazione sul campo è molto chiara ed indica che, come prevedibile, la Russia sta prevalendo. Putin del resto ha più volte espresso la sua disponibilità a negoziare una pace onorevole per entrambe le parti. Base concreta del negoziato è l’accordo raggiunto a Istanbul poco tempo dopo l’invasione, che lo stesso Putin cita più volte nella nota intervista al giornalista statunitense Tucker Carlsson. Gli ingredienti sono quelli noti da tempo: autonomia del Donbass, Crimea alla Russia (eventualmente verificando in entrambi i casi la volontà popolare) , divieto di propaganda nazista e neutralità per l’Ucraina. Un accordo mutuamente soddisfacente che si sarebbe potuto raggiungere agevolmente due anni e circa duecentomila morti fa.

Con l’intervento dei legali del governo di Washington, si sono concluse mercoledì le udienze del processo per l’estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti, dove potrebbe andare incontro a una condanna fino a 175 anni di carcere per avere rivelato al mondo i crimini dei governi e dei servizi di intelligence americani. Il collegio dei giudici dell’Alta Corte di Londra dovrà ora stabilire se il 52enne giornalista australiano avrà diritto a presentare ricorso contro una sentenza precedente che aveva accolto la richiesta americana. La decisione verrà comunicata però tra alcuni giorni o settimane e potrebbe essere l’ultima occasione per Assange di evitare l’estradizione. In caso di verdetto sfavorevole, resterebbe sulla carta una possibile istanza alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, ma sono in molti a temere che, in questo caso, il governo di Londra potrebbe mettere in fretta e furia Assange su un volo per gli USA senza lasciare il tempo ai suoi avvocati di ricorrere al tribunale con sede a Strasburgo.

L’agenzia di stampa Reuters ha scritto questa settimana che l’amministrazione Biden starebbe preparando, per la prima volta dal 7 ottobre scorso, una risoluzione da sottoporre al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in cui si chiede un cessate il fuoco a Gaza. Questa iniziativa, che arriva in contemporanea con l’ennesimo intervento americano per bloccare una tregua umanitaria nella striscia, è stata subito giudicata come una netta inversione di rotta da parte di Washington e il segnale della crescente impazienza nei confronti del regime di Netanyahu. Le motivazioni della Casa Bianca non sono probabilmente così nobili come possono apparire a prima vista e, comunque, gli unici provvedimenti che sarebbero realmente in grado di fermare il genocidio palestinese continuano a essere esclusi in maniera categorica.

Tra i governi occidentali e all’interno del regime di Zelensky, la notizia della liberazione ormai definitiva di Avdeevka è arrivata come un uragano, nonostante la sorte della cittadina nelle immediate vicinanze di Donetsk appariva ormai segnata da svariate settimane. Gli sponsor dell’Ucraina, riuniti nell’annuale Conferenza sulla Sicurezza di Monaco di Baviera, hanno cercato di limitare i danni quanto meno in termini di immagine, grazie anche al contemporaneo decesso ancora senza una causa ufficiale del “dissidente”, nonché “asset” della CIA, Alexei Navalny. L’importanza della perdita di Avdeevka per Kiev minaccia però di segnare un passaggio decisivo nella guerra per procura della NATO, con le forze russe che sembrano intenzionate a intensificare le pressioni lungo tutto il fronte di guerra.

Il dottor Volker Turk risulterà all’intera umanità un perfetto sconosciuto. Ma, in virtù del suo incarico presso le Nazioni Unite, dove esercita in maniera molto discutibile e discussa il ruolo di Alto Commissario dell’Ufficio per la difesa dei diritti umani, ha deciso di rendersi meno anonimo. Come? Attaccando frontalmente il Venezuela, in esecuzione alle indicazioni provenienti da Washinton. Un percorso non nuovo sul quale già la signora Bachelet si era dedicata con ardore, impugnando il Sacro Graal dei Diritti Umani in Venezuela mentre taceva che, nel suo stesso Paese, Pinera dava ordine ai Carabineros di sparare proiettili di gomma negli occhi degli studenti che manifestavano contro il suo governo.


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